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 2013  febbraio 19 Martedì calendario

MILANO

Dopo Torino, Milano. Beppe Grillo torna oggi a misurare la sua popolarità con un comizio in Piazza Duomo. Venerdì sarà poi la volta di piazza San Giovanni, a Roma, tradizionale teatro delle manifestazioni sindacali e della sinistra. Un evento che si annuncia imponente e al quale sembrava potessero partecipare anche Dario Fo e Adriano Celentano, che avrebbe dovuto cantare il suo ultimo inno contro l’astensionismo. La presenza del "molleggiato" sul palco di Roma in compagnia del leader del M5S è stata smentità però oggi dalla moglie Claudia Mori.

"Il mio grido è arrendetevi, siete circondati dal popolo italiano. E’ un sogno che stiamo condividendo, questo non è un comizio, è uno scambio di affetto che non c’è mai stato in Italia. Io giro con un camper che mi hanno prestato. Se ne de devono andare, se ne vadano finché sono in tempo", ha tuonato Grillo in apertura del suo intervento davanti a una piazza gremita. "Altro che redditometro, prima che andate via vi faremo un politometro per misurare il patrimonio prima, durante e alla fine del regno politico - ha proseguito rivolto ai politici dei vecchi shcieramenti - e se i dati non coincidono la magistratura interverrà e ci prenderemo quello che si sono mangiati, abbiamo diritto a un risarcimento. Sta finendo un’epoca e non l’hanno capito. Il nano ha letto in tv il programma delle 5 Stelle". Dal leader del M5S è arrivato poi il consueto attacco contro i sindacati. "Cgil, Cisl e Uil hanno le stesse reponsabilità che hanno avuto i partiti nella disintegrazione del lavoro in questo paese", ha sostenuto, per poi aggiungere: "Questo paese lo cambiamo in due anni".

Tra i presenti oggi pomeriggio in piazza del Duomo, anche la candidata del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Regione Lombardia, Silvana Carcano, che conversando coi giornalisti prima del comizio di Grillo, spiega. "I partiti mettono esponenti civici davanti, ma hanno dietro le solite strutture che impediranno la realizzazione del programma". Il candidato del centrosinistra Ambrosoli e quello del centrodestra Roberto Maroni, a suo giudizio, "rappresentano la stessa struttura partitica e lo hanno dimostrato nelle ultime tribune politiche, rispondendo in maniera simile alle domande". Umberto Ambrosoli, accusa, "è la foglia di fico messa davanti ai partiti" e tra lui e Roberto Maroni non c’è differenza.

(19 febbraio 2013)

LA QUESTIONE TELECOM
La decisione del consiglio di amministrazione di Telecom di concedere l’esclusiva a Urbano Cairo per concludere la vendita de La7 tiene banco da Piazza Affari al dibattito politico. Se sul primo versante il mercato reagisce con freddezza alla decisione, bocciandola, sul secondo sale la temperatura e si registra un botta e risposta piccato tra Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, nel quale si inserisce anche il premier Mario Monti.

La vendita accelerata. Da più parte si è in passato sottolineato come fosse una scelta complicata in un momento difficile, proprio perché arrivava a ridosso delle elezioni e riguardava un’azienda importante come Telecom e una televisione ormai centrale nel panorama italiano. La decisione di procedere con la vendita giocando in anticipo rispetto alle elezioni - e quindi alla formazione del nuovo governo - è stata giudicata quantomeno controversa.

La posizione del leader Pd. Secondo Pier Luigi Bersani, interrogato sulla vicenda nel corso di un forum del Corriere, "siamo in una settimana cruciale e io tendo a ragionare come se fossi già al governo. Devo preoccuparmi che le decisioni vengano prese senza conflitti di interesse, senza costruire in modo diretto o indiretto posizioni dominanti, e in una prospettiva di lavoro. C’è un tavolo delle regole e c’è un tavolo industriale", ha proseguito Bersani. "Non so se Cairo è collegato a Mediaset. Ci sono delle autorità che si occupano di queste cose - ha aggiunto il segretario Pd - ma chi governa è amico di tutti e parente di nessuno".

Berlusconi all’attacco. Immediata la replica del numero uno del Pdl: "Non ho rapporto con Urbano Cairo, che per alcuni anni è stato mio assistente poi è diventato un imprenditore in proprio ed è diverso tempo che non lo sento", ha spiegato cercando di smorzare la sua vicinanza al probabile acquirente de La7. L’ex presidente del Consiglio, da navigato imprenditore dei media, ha spiegato che "in questo momento non ci sono affari in editoria perchè con la crisi c’è stato il calo della pubblicità intorno al 20%: non c’è azienda in Italia che produca utili", ha detto annunciando per il 2012 il primo bilancio in perdita di Mediaset. Il Cavaliere ha lanciato poi un affondo a Bersani, dicendo che "su La7 ha mandato un messaggio, fra virgolette, mafioso dicendo ’aspettate a vendere perché se andrò al governo La7 varrà di più". Berlusconi ha reiterato il concetto dicendo che "c’è il vecchio vizio della sinistra di essere minacciosa con gli avversari".

IL VIDEO Berlusconi: "Spero La7 diventi meno di sinistra"

Controreplica. Spostatosi a Busto Arsizio (Varese) per un incontro del partito, Bersani ha di nuovo replicato: "Non si può dire niente che subito si offende. Le regole gli fanno venire l’orticaria". I lleader Pd ha ricordato di "non avere neanche nominato Berlusconi e La7. Ho parlato di regole che riguardano eventuali conflitti di interesse e posizioni dominanti e che quindi il governo e le Authority devono avere gli strumenti per vedere che ogni operazione sia a posto su questi due criteri".

Le parole di Monti. "Il pluralismo dell’informazione è di grande importanza e penso che debba essere tutelato ancora meglio". Lo ha detto il premier Mario Monti, rispondendo a Palermo ai giornalisti sulle trattative in corso per la vendita del gruppo televisivo.

L’intervento di Bernabè. Nella partita è intervenuto anche il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, dopo un incontro con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso. Dopo aver ratificato l’esclusiva "auspica" di concludere la trattativa con Cairo "entro un paio di settimane". "Cairo - ha osservato bernabè rispondendo ad alcuni cronisti - ha fatto l’offerta migliore. Con lui e con Clessidra i negoziati erano arrivati a un punto molto avanzato. Anche gli aspetti contrattuali erano abbastanza definiti. Ora - ha proseguito - bisogna definire le ultime condizioni e chiudere rapidamente; parliamo di settimane. Non ci può essere incertezza nella gestione di un settore delicato come la televisione". Smorzate le polemiche sul ruolo di Cairo: "Credo che il pluralismo sia assicurato: ha capacità, iniziativa, ha scommesso su un progetto molto ambizioso per il quale ha uno strumento molto importante, la concessione pubblicitaria, e credo che la scommessa sia destinata ad essere vinta".

La reazione di Borsa. Mentre lo scontro passa dal campo industriale e a quello politico, in ambito finanziario le azioni di Telecom Italia Media, la società controllata dalla compagnia di Tlc cui fanno capo La7 ed Mtv, oltre che tre multiplex, dopo un lunedì in forte rialzo (concluso con un rally di oltre il 10%) soffrono a Piazza Affari e terminano gli scambi in rosso del 9%. Di tutti i titoli coinvolti, a gioire è Cairo Communication, che secondo quanto dichiarato da Cairo stesso in un colloquio con il sito del quotidiano MF punta a chiudere l’operazione "entro il primo semestre dell’anno, se non prima". In una nota ha poi precisato di avere un "progetto editoriale puro per valorizzare l’alto livello di qualità editoriale" dell’emittente. Piatta invece in Borsa Telecom.

La decisione di Telecom. Sul tavolo del board, riunito per la verità solamente un paio d’ore, è finito come d’attese il dossier della vendita della controllata. La decisione è stata di affidare un’esclusiva alla Cairo Communication dell’editore e concessionario pubblicitario Urbano Cairo - l’uomo specializzato nei periodici che ha avviato la sua carriera come assistente di Berlusconi (leggi il commento di Giovanni Pons). Sono così state scartate sia la proposta di Clessidra - che era sì più alta economicamente ma comprendeva anche il passaggio dei proprietà dei multiplex, la vera componente redditizia del pacchetto in vendita esclusa dalla proposta di Cairo - sia la mossa in extremis di Diego Della Valle, che chiedeva tempo per perfezionare un’offerta in cordata con altri imprenditori italiani. Tra l’altro proprio in seno al cda della controllata sarebbero state espresse delle perplessità sulla decisione, ma ha finito per imporsi la volontà della controllante.

Quanto a Della Valle, la sua reazione di ieri è stata improntata al fair play, termine calcistico adeguato visto che sia lui che Cairo sono impegnati attivamente in Serie A, rispettivamente a Firenze e sulla sponda granata di Torino. "Prendiamo atto della decisione, volevamo tentare di costruire un nuovo modello di società che coinvolgesse professionisti che lavorano a La7 per sviluppare un polo coerente con i principi di salvaguardia dell’indipendenza dell’informazione", ha detto l’imprenditore marchigiano, auspicando "che questo avvenga comunque, il Paese ne ha sicuramente bisogno". La consolazione arriva oggi dalla sua Tod’s, ben intonata a Piazza Affari e tra i migliori del Ftse Mib. Probabilmente al mercato piace un Della Valle concentrato sulle scarpe di alta qualità, e comunque gli analisti di Nomura - pur indipendentemente dalle vicende La7 - hanno portato il giudizio su Tod’s a "neutral" dal precedente "reduce", con prezzo obiettivo innalzato da 94 a 112 euro.

(19 febbraio 2013)

LA CRONACA DEL CDA TELECOM (REPUBBLICA.IT)
Il consiglio di amministrazione di Telecom Italia ha scelto Urbano Cairo. L’editore di riviste popolari (DiPiù e Diva, le più famose), ma anche di raffinati mensili come Gardenia, l’ha spuntata e ora avrà due settimane di tempo per presentare la sua offerta definitiva per l’acquisto di La7. Ha battuto la concorrenza del fondo di investimento Clessidra, guidato dal finanziere Claudio Sposito, il quale aveva presentato un’offerta per rilevare anche Mtv e i multiplex. La decisione non è stata presa all’unanimità, ma a maggioranza.

Voto non unanime - Niente da fare anche per la proposta arrivata nelle ultime ore da parte di Diego Della Valle, che aveva chiesto più tempo per mettere insieme una cordata italiana per rilevare il gruppo televisivo. Una proposta che non è stata nemmeno presa in considerazione, ha detto Tarak Ben Ammar al termine del cda.
"Abbiamo guardato soltanto le due offerte (Cairo e Clessidra, ndr). La proposta di Della Valle - ha spiegato l’imprenditore franco-tunisino - è arrivata tardi e soprattutto aveva la possibilità da giugno scorso perché era stato contattato, così come il sottoscritto". Inoltre, ha aggiunto, "l’interesse non basta e non sarebbe stato bello, visto che il processo va avanti da otto mesi; poi vedremo se abbiamo scelto bene. "Adesso La7 avrà un editore. Se Della Valle vuole si metterà d’accordo con Cairo".

Il consigliere ha detto inoltre: "Il messaggio che abbiamo voluto dare è che la politica non entra nel cda di Telecom perché abbiamo preso una decisione prima delle elezioni nel solo interesse dell’azienda".

La nota ufficiale - Il comunicato finale spiega che il Cda Telecom ha esaminato le offerte e "ha approvato l’avvio di una fase di negoziazione in esclusiva con Cairo Communication per la cessione dell’intera partecipazione in La7 Srl con l’esclusione della quota di MTV Italia (51%) detenuta dalla stessa La7". La decisione, precisa una nota al termine del cda, è stata comunicata al presidente di Telecom Italia Media, società che controlla l’emittente televisiva, "per le determinazioni di competenza". A quanto si è appreso, Telecom darà "una dote" - un finanziamento del venditore - a Cairo.

Malumori Ti Media - Secondo alcune indiscrezioni, inoltre, la decisione avrebbe causato malumori all’interno del consiglio di amministrazione di Telecom Italia Media, che è chiamato a esprimere un parere. Nulla di tutto ciò compare però nel comunicato ufficiale: "Il Consiglio di amministrazione di Telecom Italia Media spa - si legge - , riunitosi in data odierna sotto la presidenza di Severino Salvemini, preso atto delle determinazioni assunte da Telecom Italia, a seguito di approfondito esame ha deliberato di concedere a Cairo Communication spa una esclusiva per negoziare la cessione dell’intera quota di partecipazione detenuta dalla Società in La7 srl, a esclusione del 51% di Mtv Italia srl. Il Consiglio sarà riconvocato in esito alle negoziazioni per la definitiva approvazione dell’operazione".

Il commento di Cairo - Urbano Cairo avrà due settimane di tempo per definire l’acquisto de La7 e guarda già avanti. "Ora è importante mettersi velocemente al lavoro per dare slancio alla rete che ha dei punti di forza notevoli, ma anche costi notevoli. Bisogna trovare un equilibrio".

La delusione di Della Valle - Diego Della Valle ha commentato la decisione con una nota laconica: "Prendiamo atto della decisione del CdA di Telecom - si legge nel comunicato del patron di Tod’s - . Volevamo tentare di costruire un modello nuovo di società di media che coinvolgesse un gruppo di investitori italiani, professionisti che lavorano attualmente a La7 ed altri che sarebbero arrivati, per cercare di sviluppare ancora con più determinazione un polo televisivo coerente con i principi di salvaguardia dell’indipendenza dell’informazione. Ci auguriamo che questo avvenga comunque, il Paese ne ha sicuramente bisogno".

Titoli di corsa a Piazza Affari - La vicenda ha tenuto banco a Piazza Affari per tutta la seduta. Proprio sulla notizia dell’ingresso in campo del patron della Tod’s, il titolo Telecom Italia Media ha chiuso una giornata elettrica in Borsa. Il titolo è balzato del 10,6%, dopo aver faticato in apertura a fare prezzo e aver toccato punte vicine al +15%. Intensi gli scambi, che hanno coinvolto il 3,4% del capitale sociale con quasi 50 milioni di pezzi passati di mano contro una media giornaliera inferiore a 4 in un’intera seduta dell’ultimo mese.

L’attenzione si è poi concentrata sul consiglio di amministrazione di chiamato a decidere sulla vendita della società televisiva (sul tavolo ci sono le offerte già presentate da Clessidra e Cairo Communication) e se concedere del tempo a Della Valle per presentare una proposta migliorativa. Proprio Urbano Cairo ha precisato di aver "presentato l’offerta per Ti Media da solo, in qualità di editore puro, mentre con Diego della Valle, per quanto ci siano dei buoni rapporti, non ci sono stati contatti sul tema".

L’offerta del fondatore della Tod’s era emersa sabato, quando Della Valle aveva scritto una lettera al presidente di Telecom, Franco Bernabè, ed ai consiglieri per informarli della sua volontà di scendere in campo con una proposta concreta.

(18 febbraio 2013)

CASO GIANNINO
ROMA - "Abbiamo convocato la direzione nazionale domani, per valutare ulteriormente questa vicenda che è di ostacolo al nostro volo e che è fonte per me di grande amarezza". Lo ha detto Oscar Giannino, leader di Fare per Fermare il Declino, al centro da ieri di una pesante polemica dopo l’accusa (sostanzialmente ammessa) di aver "taroccato" il suo curriculum, millantando dei titoli di studio (due lauree e un master a Chicago) mai conseguiti. A sollevare la scandalo è stato il suo (ormai ex) braccio destro Luigi Zingales.

LE FOTO DEL FALSO - LA VIDEOINTERVISTA

"Questa grave, cattiva interpretazione delle mie parole ha provocato l’addio di Zingales - ha aggiunto Giannino - Io spero che ci ripensi, anche se le mie scuse finora non hanno sortito effetti. La direzione potrebbe chiedere anche dei passi indietro e, se questa fosse la risoluzione della direzione, io la farei mia".

"Se la mia credibilità totale offusca quella di Fare per Fermare il declino, la mia credibilità totale si separa da Fare per Fermare il declino", ha detto ancora il candidato, che poi ha definito l’errore rappresentato dalla cattiva interpretazione del suo curriculum "un autogol interno che crea un vantaggio alla destra e alla sinistra e per questo è fonte di amarezza".

Nessuna critica per Zingales. "E’ un uomo di grande statura - ha precisato Giannino - non voglio fare alcuna illazione. Ma il nostro voto non si dà turandosi il naso, se è così io me ne vado". Il caso del master statunitense è comunque "uno schiaffo che lascia il segno, un pugno allo stomaco", riconosce, aggiungendo che la vicenda rischia di incidere negativamente sugli indecisi "che rappresentano il nostro bacino di riferimento". Giannino conclude quindi con una nota di ottimismo. "Non credo che Maroni possa stappare lo champagne lunedì sera". "Nonostante l’autogol, il movimento non si ferma. Mi dispiace solo aver dato questa soddisfazione a Berlusconi".

(19 febbraio 2013)

DISCORSO DI MONTI
ROMA - "Per affrontare i problemi dell’Italia serve un consenso piuttosto largo. Mi sono dichiarato spesso a favore di grandi coalizioni, anche quando era una bestemmia dire questo sebbene accadesse già in Germania. Uno spirito di larga condivisione penso sia una cosa positiva per il Paese, e condividere le alte cariche istituzionali potrebbe aiutare in questo senso". Mario Monti torna sulla grande coalizione" parlando in mattinata a Messaggero Tv. Successivamente si reca a Catania per parlare al teatro Sangiorgi e e viene accolto con fischi e urla da un gruppetto di contestatori: "L’Italia muore e tu te ne freghi, vergogna".

Parole che trovano una parziale apertura nella replica di Silvio Berlusconi. Una grande coalizione di governo, afferma il Cavaliere ad un forum per Corriere.it, "non è possibile". Politicamente invece "è possibile lavorare sulla modifica dell’architettura istituzionale".

Nella videointevista al quotidiano romano, il premier tocca diversi temi e preannuncia anche lui, dopo Berlusconi, una "proposta shock", sulle pagine del quotidiano romano: ad una domanda su cosa farà, in caso di vittoria, nel primo Consiglio dei ministri, Monti risponde così: "un disegno di legge costituzionale per ridurre della metà il numero dei parlamentari, un decreto per ridurre il carico fiscale sui lavoratori e sulle imprese. Più una cosa che annuncerò nelle prossime ore".

Il Professore riflette anche sul successore di Napolitano. Prodi, dice, ha moltissimi titoli per aspirare a quella carica, ma "ma mi piace molto l’idea di avere una presidente donna di cui si parla da anni. Nomi? non ne faccio", dice. E continua a sottolineare la sua distanza dal centrosinistra: "Non mi sento condannato a governare con loro. Ripeto: non abbiamo nulla in comune con la coalizione di sinistra, così come non abbiamo niente in comune con la destra", dice.

Non risparmia una stoccata a Bersani, "che ha fatto esperienze di governo, magari non molte esperienze internazionali finora". Ma, se toccherà a lui, dice, "saprà assumersi le sue responsabilità".

Berlusconi: "Restituiremo Imu entro maggio". In mattinata anche Silvio Berlusconi interviene a Mattino Cinque, dove rilancia la sua proposta sull’Imu, annunciandone la restituzione entro maggio 2013: "Si tratta di 4 milioni di euro", dice. E, successivamente, in una videochat del Corriere.it, dice del Professore: "E’ una iattura. Non temo il confronto con lui ma vorrei incontra re solo chi può aspirare a vincere e non chi come Monti rischia addirittura di non entrare in Parlamento". Torna a dire che sarà Angelino Alfano a fare il premier: "Io farò il ministro dell’Economia". E rilancia l’idea di una "grande coalizione", ma solo "per le modifiche costituzionali".

Per il Cavaliere "va tutto bene, e in giro c’è un entusiasmo superiore a quello del ’94". "Stiamo vincendo. Non siamo nemmeno più in corsia di sorpasso, abbiamo sorpassato e loro sono in corsia di emergenza".

E sulla tassa sulla casa attacca Monti: "In un anno, dopo la decisione sbagliata del governo Monti sull’Imu sono 360mila i lavoratori che hanno perso il lavoro nel settore della casa, a cui se ne aggiungono altri 190mila dell’industria e dell’immobile".

In caso di vittoria del centrosinistra, attacca Berlusconi, gli italiani "avranno o Prodi o D’Alema come presidente della Repubblica". "Se voteranno Grillo troveranno in parlamento una banda di estremisti di sinistra che balcanizzeranno il Parlamento", ha aggiunto Berlusconi. "Invece se voteranno questo signore simpatico e molto giovane non avranno più l’Imu", dice di sé.

Il Cavaliere prosegue poi con le promesse: dopo la restituzione dell’Imu, dice che cambierà Equitalia, "per far fare allo Stato un passo in più verso i cittadini". E ancora: "Meno tasse sulle imprese, sulle famiglie e sul lavoro rilanciano i consumi, aumentano la produzione e i posti di lavoro".

Infine una rassicurazione sui rapporti con la Lega: "E’ impensabile", dice, "che Roberto Maroni faccia uno sgarbo nei confronti del Pdl". Non c’è possibilità di distinguo tra noi e la Lega sul governo, continua. Con un avvertimento: "se ci fosse un divorzio in sede nazionale, la stessa cosa avverrebbe al Nord nei governi regionali". Ma Roberto Maroni torna a intorbidire le acque e rifiuta l’ipotesi di coalizioni allargate al Senato: "Se il Pd vince alla Camera ma non al Senato la Lega starà all’opposizione. Non siamo disponibili a grandi coalizioni o a grandi ammucchiate. Se qualcuno si presta affari suoi. La cosa migliore è tornare al voto".

(19 febbraio 2013)

DISCORSO DI BERSANI
OMA - "A Grillo dico che non si vince sulle macerie, sulle macerie sta bene solo chi ha i soldi. Se in Parlamento ci saranno i grillini ci sarà da fare uno scouting per capire se intendono essere eterodiretti o partecipare senza vincoli di mandato. Non è campagna acquisti ma li testeremo sui fatti". Pierluigi Bersani in una videochat al Corriere.it attacca il leader del Movimento cinque stelle e non nasconde una certa preoccupazione per i suoi atteggiamenti "antidemocratici": "Grillo non risponde a nessuna domanda -continua il segretario Pd - io gli chiedo: dove vuol portare questa gente? Abbiamo deciso di uscire dalla democrazia? Dice che vuole uscire dall’euro, e dare a tutti mille euro al mese per tre anni. Ma così non andiamo in Grecia, ma di più".

Sul piano delle alleanze, Bersani giudica "lunare" l’ipotesi di una spartizione fra Pd e Pdl: "Io non ne so niente, proprio non riesco a immaginare. Ma in questi giorni girano dei pezzi di carta senza firme". E ribadisce la solidità della sua coalizione con Vendola, pur mantenendo uno spiraglio aperto a Monti: "Si discute anche con lui".

Nega poi che la comparsa di Romano Prodi domenica sul palco a Milano abbia avuto il valore di un’investitura pe il Quirinale: "Non significa questo...Prodi e’ arrivato dall’Africa e gli è venuta voglia di dire ’state uniti’. Ho capito che è un incoraggiamento, ha detto ’vado su’ a dire qualcosa, poi torno a fare il mio lavorò", chiarisce il leader democratico.

Infine Bersani e Silvio Berlusconi, stamattina ospiti in staffetta del Corriere, si sono incrociati e all’insegna del fair play si sono stretti la mano. "Ancora 4 giorni...", ha detto il Cavaliere alludendo al rush finale della campagna elettorale."Giusto il tempo per una ’smacchiatina’", ha scherzato, con la consueta metafora del giaguaro, il leader Pd.

(19 febbraio 2013)


CORRIERE.IT - CASO GIANNINO
«Non voglio speculare su questa vicenda, che è molto triste». Sono le 15 in punto - le 8 del mattino a Chicago - quando il professor Luigi Zingales risponde dal suo studio. «Ho detto tutto quello che dovevo dire e, come ho già spiegato chiaramente nella lettera, mi sono dimesso perché una bugia in tv rompe il legame di fiducia tra rappresentanti politici e cittadini. Perciò non ho voglia di dire altro», dice il professore dell’Università di Chicago a Corriere.it. Zingales non ha voglia di parlare. E il giorno dopo le sue dimissioni dal movimento guidato da Oscar Giannino, preferisce non rispondere alla domanda se si aspetti che Giannino si ritiri dalla corsa a premier. Non intende tornare sulle sue parole di ieri (lunedì, ndr), probabilmente per evitare che a Fare arrivino altri attacchi come quello di Silvio Berlusconi. «Anche Giannino doveva far parte della nostra coalizione. Ma mentre la stavamo preparando non c’era, era a Chicago a prendersi un master» aveva detto il leader del Pdl, sfruttando subito la rottura tra Zingales e Giannino.

PASSO INDIETRO? - E poi sono arrivate anche le parole di Giannino, da 24 ore al centro delle polemiche per aver dichiarato di essere in possesso di un master conseguito proprio nello stesso ateneo in cui insegna Zingales. «Mercoledì la direzione nazionale di Fare si convocherà per valutare la vicenda, e sono disponibile a qualsiasi tipo di soluzione» ha detto Giannino, aggiungendo anche: «Chiedo scusa a tutti. La linea di chiarezza che vogliamo portare avanti è netta e mi sono assunto tutte le responsabilità. Il mio è stato un errore gravissimo».

Nicola Di Turi


SCONTRO BERLUSCONI-BERSANI A CORRIERE.IT
Il futuro de La7 entra di prepotenza nelle ultime fasi della campagna elettorale. All’indomani dell’annuncio della trattativa fra Telercom e il gruppo Cairo, Pierluigi Bersani e Silvio Berlusconi ne parlano - in differita - dalla Sala Buzzati del Corriere della Sera nel corso delle videochat elettorali di Web Condicio.

BOTTA E RISPOSTA - Per il leader del Pd la questione va valutata con attenzione, considerando i «danni che il duopolio televisivo ha prodotto fino ad oggi». «Questa è una settimana cruciale - commenta Pierluigi Bersani - e io tendo a ragionare come se fossi al governo: devo preoccuparmi che le decisioni avvengano senza conflitti di interessi o posizioni dominanti e che ci sia una traiettoria industriale. La esaminerei sotto questi aspetti». E ancora: «C’è un tavolo delle regole e un tavolo industriale. Non so se Cairo è collegato a Mediaset. Ci sono delle autorità che si occupano di queste cose ma chi governa è amico di tutti e parente di nessuno». Non passa più di mezz’ora e Silvio Berlusconi parte all’attacco: «Su La7 Bersani ha fatto un avvertimento mafioso. Ha detto: aspettate a vendere perchè se saremo al governo interverremo a fare non so cosa a Mediaset per cui La7 varrà di più. È una situazione da denunciare». Giusto il tempo che le agenzie rilancino le dichiarazioni del Cavaliere e arriva la controreplica del leader del Pd: «A Berlusconi le regole danno l’ orticaria. È curioso perchè tutte le volte che uno parla di regole Berlusconi si offende ma io non ho nominato nè lui nè La7».

Bersani-Berlusconi: scontro su La7
«AL PD LA RAI NON BASTA» - Anche il leader leghista, Roberto Maroni, punta il dito contro il Pd sulla vicenda de La7: «Il Pd è molto attento agli affari, alle partecipazioni azionarie ed ai mezzi di comunicazione. Vuole che non solo la Rai ma anche le altre tv rientrino nella sua sfera di interesse - dice ad Ansa Forum - Molti giornali, apparentemente indipendenti, sono da sempre schierati. Il Pd ha sempre giocato sull’ipocrisia: non ha mai voluto risolvere il conflitto di interessi perchè avrebbe dovuto risolvere i suoi conflitti sulle cooperative, sulle banche».

«NON SARA’ TV BERLUSCONIANA» - Sulle prospettive dell’emittente lo stesso Urbano Cairo era intervenuto in un’intervista alla Stampa in cui l’editore spiegava che «la linea editoriale non è affatto in discussione» e che non sarebbero stati dati via i giornalisti migliori. Nessun rischio di partenza dunque per Santoro, Gruber o Formigli, ovvero tutti i volti che potrebbero essere considerati più scomodi in una tv di stampo berlusconiano. Cairo ha ricordato di essere stato «licenziato» da Berlusconi nel 1995 (nella videochat al Corriere il Cavaliere ha parlato invece di una scelta autonoma di Cairo desideroso di diventare imprenditore in proprio) e di averlo avuto da allora sempre come avversario.

«CHIUDIAMO IN DUE SETTIMANE» - Nel frattempo, l’ad di Telecom Italia, Franco Bernabé, ha detto di auspicare «che in un paio di settimane si possa concludere» e quanto alla scelta di Cairo come interlocutore ha precisato che la sua offerta era «la migliore» e per questo è stata scelta. «Sia con il fondo Clessidra che con Cairo i contatti erano arrivati a un punto molto avanzato anche sugli aspetti contrattuali, ora bisogna definire le ultime condizioni e chiudere rapidamente perchè si tratta di un settore in cui non ci può essere incertezza vista la delicatezza della gestione». Per quanto concerne il pluralismo de La7, Bernabè non vede problemi. «Credo che sia assicurato da Cairo, un editore puro che ha scommesso su un progetto molto ambizioso».

Al. S. 19 febbraio 2013 | 18:07

BERSANI A CORRIERE.IT
«Se avessi detto che rimborso viaggi di nozze a tutti gli italiani avrei avuto anche io grandi titoli. Le proposte serie fanno più fatica ad avere spazio». A Pierluigi Bersani piacciono le frasi allegoriche e anche questa volta usa un’iperbole per spiegare perché la sua campagna elettorale è diversa da quella di Silvio Berlusconi (che si siederà sulla stessa sedia mezzora più tardi). «Che ancora oggi torna a parlare di 4 milioni di posti di lavoro, mentre noi siamo ancora in attesa della milionata di dieci anni fa».

SCOUTING TRA I GRILLINI - Nel corso della videochat a Corriere.it, intervistato da Giovanni Floris e dal direttore Ferruccio de Bortoli, il leader del Partito Democratico si dice certo di poter vincere la corsa elettorale per palazzo Chigi («Berlusconi rianima i suoi, ma non credo al sorpasso. Lui ne parla, ma è andato contromano in autostrada») e di essere l’unico «davvero alternativo alla destra e alla Lega». Ribadisce con forza l’alleanza con Vendola e Tabacci («l’ho siglata alle primarie del centrosinistra davanti a 3 milioni e 200 mila notai») e rinfaccia agli avversari di non fare «foto di gruppo» delle loro coalizioni («e si capisce anche perché: loro sanno già che, a differenza nostra, non dureranno»). E quanto all’exploit elettorale atteso dal Movimento 5 Stelle aggiunge: «I grillini? Li vedremo alla prova dei fatti». Ma fino a che punto? Presentando loro anche ipotesi di accordo o presidenze di commissioni? «Dipende da loro, noi faremo scouting e li metteremo alla prova. Dobbiamo capire se intendono essere eterodiretti o se vogliono partecipare senza vincoli di mandato. Non è campagna acquisti, ma li testeremo sui fatti». E ancora: «Il grillismo è nato in Emilia Romagna e quindi lo conosciamo bene. Democrazia diretta, sobrietà della politica, la rete: dobbiamo confrontarci su questi temi. Capisco anche la gente che si è aggregata e che oggi va in piazza arrabbiata. Ma voglio chiedere a Grillo dove vuole portarla questa gente. Dire non c’è destra nè sinistra non esiste in nessuna democrazia del mondo. Vuol dire che usciamo dalla democrazia? Non si può vincere sulle macerie, sulle macerie sta bene solo chi ha i soldi, la gente normale invece no».

«E IO MI FACCIO UNA BIRRA»- E se Berlusconi promette di ubriacarsi nel caso Casini e Fini restino fuori dal Parlamento (ipotesi che si verificherebbe qualora le loro liste non raggiungessero il quorum), quale sarebbe la più grande soddisfazione di Bersani? «Vorrei vedere fortemente ridimensionato il leghismo e il berlusconismo. Se ciò avvenisse una birretta me la farei volentieri». Tra cinque anni quindi Berlusconi non sarà più in campo? «Non penso che Berlusconi sarà ancora in lizza, vorrà anche riposarsi no? Credo che questo sia un passaggio abbastanza decisivo sui vent’anni che abbiamo alle spalle». Sempre che si arrivi al 2018 - gli viene fatto notare -e che anche la nuova legistlatura non sia «mini» e duri solo due anni... «Se non si arriva al 2018 - pronostica il leader del centrosinistra - non sarà per questioni parlamentari ma per qualcosa di più grosso, come l’orizzonte europeo».

LE TASSE E IL LAVORO - Epperò Berlusconi, insiste Floris, sembra avere centrato meglio la campagna elettorale. Ha capito che gli italiani sono sensibili al problema delle tasse troppo alte? «Assolutamente no. Il problema degli italiani è il lavoro ed è su quello che noi insistiamo». E quanto alle tasse, «Berlusconi non può dire abbasso le tasse e prendo a fucilate ogni ipotesi di verifica fiscale. In tutto il mondo la lotta all’evasione si fa limitando la circolazione del denaro e effettuando controlli e verifiche».

Bersani a Berlusconi: «Una smacchiatina?»
di Nino Luca


LA 7 E L’ANTITRUST - Il faccia a faccia nella sala Buzzati di via Solferino avviene all’indomani delle notizie di una possibile cessione de La7 da Telecom al gruppo Cairo. Un’eventualità su cui il leader dei democratici invita a tenere gli occhi bene aperti: «Siccome siamo in una settimana cruciale tendo a ragionare come se fossi già al governo e devo preoccuparmi che le decisioni siano prese in assenza di conflitti di interessi e senza costruire posizioni dominanti e poi che ci sia una traiettoria industriale. Chi governa è amico di tutti e parente di nessuno. La esaminerei così aggiungendo che una rilettura dell’Antitrust è necessaria». Anche perché, sottolinea Bersani, «il duopolio Rai-Mediaset ha fin qui inibito lo sviluppo industriale di questo settore». Nessuno sbilanciamento, tuttavia, su possibili privatizzazioni totali o parziali di Viale Mazzini. Le frasi di Bersani sono subito state bollate da Berlusconi come «avvertimento mafioso», suscitando l’immediata controreplica del segretario Pd: «A Berlusconi le regole danno l’ orticaria. È curioso perchè tutte le volte che uno parla di regole Berlusconi si offende, ma io non ho nominato nè lui nè La7».

IL CASO MPS - Capitolo Mps, infine, una storia che imbarazza il Pd per i rapporti tra gli amministratori degli enti locali, tutti di centrosinistra, e l’istituto di credito. Ma nelle ultime ore si parla anche di un’ipotesi di spartizione dei posti di controllo della banca con il Pdl. «Assolutamente no, trovo l’ipotesi lunare - taglia corto il segretario del Pd -, proprio non riesco a immaginare. Io non ne so niente, ma di questi giorni girano dei pezzi di carta senza firme». Poi de Bortoli gli chiede la cosa più sincera e cattiva che direbbe nei confronti dei poteri forti. «Che sono deboli».

Alessandro Sala


BERLUSCONI A CORRIERE.IT
«Se gli italiani voteranno per il centrosinistra non avranno la restituzione dell’Imu, subiranno una pesante patrimoniale e si ritroveranno più tasse sulla famiglia. E rischieranno di avere un quarto presidente della Repubblica di sinistra dopo i tre consecutivi che abbiamo avuto da scegliere tra Prodi e D’Alema». Silvio Berlusconi chiama in causa anche il Colle nell’appello che rivolge agli indecisi all’inizio della videochat a Corriere.it, intervistato da Giovanni Floris e dal condirettore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. E spiega di avere in mente già un proprio nome per il Quirinale: non una donna («anche se in linea di principio sarei d’accordo»), come si sta ipotizzando anche nel centrodestra (Maroni è favorevole), ma un uomo, «il migliore di tutti» e «piacerebbe anche alla sinistra». Il nome? «Non lo faccio, lo brucerei». Quanto a se stesso, continua a definirsi come il «futuro ministro dello Sviluppo economico» e a indicare in Angelino Alfano («è bravissimo, raccoglie consensi ovunque vada») il prossimo presidente del Consiglio. E se invece di fronte ad una forte affermazione elettorale fosse proprio il capo dello Stato a chiedergli, alla luce del ruolo avuto in questa campagna elettorale, di assumere in prima persona la guida di palazzo Chigi? Berlusconi glissa: «Prima bisogna vincere, e poi bisogna entrare in questa situazione. Non posso dare una risposta adesso».

«MONTI DILETTANTE » - Il dibattito si sposta però subito su Mario Monti, sul governo tecnico sostenuto in primis dal Pdl che della «strana maggioranza» del Professore è stato il principale partito. «Con Monti ho assolutamente sbagliato, ci sono cascato anch’io. Adesso si è disvelato. E’ una iattura perché nessun indicatore economico relativo al suo governo è positivo». Peggio: «È un dilettante al governo. Ha fatto delle riforme sbagliatissime che hanno fatto peggiorare tutti gli indicatori economici del Paese». «Io non c’ero - aggiunge chiamandosi fuori -. Per tredici mesi sono stato lontano. Poi Alfano mi è venuto a prendere quasi con la forza per chiedermi di tornare».

LA GRANDE COALIZIONE - «Non temo Monti - dice poi ribadendo le ragioni del suo no ad un confronto con tutti gli altri leader o anche solo a tre con Bersani e il premier in carica -, solo che non è logico, in una democrazia, che si incontrino i due leader che possono aspirare a essere l’uno o l’altro i vincitori, con uno che rischia di non entrare nemmeno in Parlamento». Un confronto che potrebbe tuttavia rendersi necessario all’indomani del voto, qualora nessuna forza politica abbia una vera maggioranza. «Una grande coalizione per governare non è possibile - mette subito le mani avanti il Cavaliere -. Si può pensare ad un’intesa solo per cambiare l’architettura istituzionale dello Stato. Sulla modifica della Costituzione sarei felice di trovare un accordo».

«AVVERTIMENTO MAFIOSO SU LA 7» - Anche Berlusconi, come Bersani, non si sottrae ad una domanda sul futuro de La7, di cui si parla di un possibile passaggio al gruppo Cairo, precisando di non esserne personalmente coinvolto. «In questo momento non ci sono affari in giro nel settore dell’editoria - sottolinea il Cavaliere -, perchè la pubblicità, con la crisi che è stata determinata, è calata del 20 per cento. Tutte le aziende sono in perdita. Anche Mediaset per la prima volta da quando è stata fondata uscirà con un bilancio che denuncia delle perdite». «Non ho rapporti con Urbano Cairo - aggiunge -, che è stato mio assistente per alcuni anni, ma poi è diventato imprenditore per una scelta che condivido (oggi alla Stampa lo stesso Cairo dice di essere stato «licenziato» da Berlusconi nel 1995, ndr) e non lo sento al telefono da diverso tempo». Poi un giudizio durissimo sulle parole del leader del Pd: «Ha lanciato un avvertimento mafioso. Ha detto: aspettate a vendere perchè se saremo al governo interverremo a fare non so cosa a Mediaset per cui La7 varrà di più. È il vecchio vizio della sinistra di essere minacciosa nei confronti degli avversari».

Alessandro Sala


Grande fair play tra Bersani e Berlusconi, ospiti di Corriere Tv, ed intervistati dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, dal condirettore Luciano Fontana e dal giornalista Rai Giovanni Floris. Alla fine dell’intervista Bersani ha incrociato il Cavaliere, che si preparava per la seconda intervista, e i due leader si s0no scambiati una stretta di mano.

SMACCHIATINA - Spazio anche per qualche battuta. «Ancora quattro giorni...», ha detto il Cavaliere alludendo al rush finale della campagna elettorale. «Giusto il tempo per una smacchiatina», ha replicato scherzando, con la consueta metafora del giaguaro, il leader Pd. Battuta di Bersani che riprendeva una dichiarazione fatta anche nel corso dell’intervista a Corriere Tv. Il leader del Pdl ha poi fatto gli auguri al segretario del Pd.

GRILLO CON CELENTANO E DARIO FO
«Se non voti ti fai del male, se non voti non cambia niente». Non sono le parole di un politico, alle ultime battute di campagna elettorale. Ma la strofa che chiude il nuovo brano di Adriano Celentano, pubblicato sul suo blog, regala una chicca elettorale. La canzone, dal titolo «Ti fai del male» è critica nei confronti della politica ma allo stesso tempo è un invito «a riscrivere la storia del nostro Paese», grazie a «un’onda nuova».

UN COMICO E UN CANTANTE - E in molti hanno visto in questa onda nuova il Movimento Cinque Stelle. Tanti infatti i commenti degli attivisti vicini a Grillo che si sono complimentati con il Molleggiato per la scelta delle parole. E se l’endorsement non è esplicito, in passato Celentano aveva già dato il suo appoggio a Beppe Grillo. «L’idea di infiltrarti tra i perdenti è stata la tua carta vincente! Ormai non ti ferma più nessuno!», scriveva sul proprio blog nel maggio del 2012. E non solo, il comico e il cantante hanno partecipato a numerosi spettacoli insieme. Poi sempre l’anno scorso voci insistenti davano Celentano alla caccia di Grillo come spalla per Rock Economy, l’ultimo show televisivo del cantante su Canale 5.

ANCHE FO SUL PALCO? - Insomma, tra i due corre buon sangue. Un’amicizia che potrebbe portare Adriano Celentano a salire sul palco insieme a Grillo a piazza San Giovanni a Roma per il Boom Day di venerdì 22 febbraio, data in cui si chiude lo Tsunami Tour. Insieme a loro - confermano i fedelissimi di Grillo - potrebbe esserci anche Dario Fo già salito sul palco di Milano), con cui il comico genovese e il suo consulente per la comunicazione Gianroberto Casaleggio hanno appena scritto un libro con Chiarelettere. Ma si tratta di «un’ipotesi e per il momento non c’è ancora nulla di certo. Ne stanno solo parlando». Come dire, insomma, che ancora una volta Grillo potrebbe cambiare idea all’ultimo momento. Proprio come ha fatto per l’intervista con Sky Tg 24.

Marta Serafini

GRILLO PER WWW.ILSOLE24ORE.IT
«Il cambiamento è già avvenuto. In questa piazza dove si sono tenuti altri comizi si sente un po’ l’odor di naftalina. Io so che ci siete, che siete nascosti e che state osservando: arrendetevi, siete circondati. Questo Paese lo cambiamo in due anni». Con queste parole Beppe Grillo a Milano si è rivolto ai suoi sostenitori, durante un comizio in piazza Duomo. «Arrendetevi - ha proseguito, rivolgendosi alla vecchia classe politica- e io vi prometto che non useremo nessuna violenza, vi accarezzeremo ma dovete andarvene finchè siete in tempo». Quindi, rivolgendosi al popolo delle 5 Stelle: «è un sogno che stiamo condividendo con milioni di persone. Siamo diventati la terza, la seconda, anzi la prima forza politica del Paese». «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno, non avranno scampo», ha concluso.

«I politici zampettano in tv»
Riferendosi ai politici che vanno in tv, Grillo ha detto: «Sta finendo un’epoca e allora si vogliono coalizzare e zampettano in tv». «A quali domande dovrei rispondere? - si è chiesto -; dietro a Grillo c’è Grillo e dietro a Casaleggio c’è Casaleggio».
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Grillo in Piazza Duomo

Dario Fo dal palco: «ribaltate tutto»
«Ribaltate tutto, fatelo voi per favore» ha detto Dario Fo nel suo intervento dal palco. «Mi sembra di esser tornato indietro di molti anni, alla fine della guerra mondiale quando c’era tanta gente piena di gioia e con la speranza di cambiare. Tutti vogliono sapere che cosa è questa cosa straordinaria, non mollate per favore!», ha concluso Fo.