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 2013  febbraio 18 Lunedì calendario

Chung Hon Dak è un imprenditore cinese che fino a pochi mesi fa si chiamava Chung Kin Kwok. Ignota l’età e i motivi per cui ha cambiato nome

Chung Hon Dak è un imprenditore cinese che fino a pochi mesi fa si chiamava Chung Kin Kwok. Ignota l’età e i motivi per cui ha cambiato nome. Si sa, invece, che vuole sbarcare a San Marino e ha chiesto 60 passaporti per i suoi uomini. È nato nella provincia di Hunan, 66 milioni di abitanti, nel cuore della Cina. Ha fatto il servizio militare e poi si è lanciato negli investimenti immobiliari e nella finanza. Gli è andata molto bene tant’è che oggi è alla guida di una conglomerata (immobili, finanza, miniere, petrolio) che si chiama The Maxdo Group Limited e ha sede ad Honk Kong, più precisamente nella suite 1213 del Prince’s Building un grande palazzo nel centro della città. Da settimane a San Marino si discute e si polemizza sulla proposta cinese. Si va dai toni catastrofici, che possono essere riassunti con questo titolo: «Il palazzinaro cinese vuole fare l’Opa sul Titano», ai toni di grande apertura per l’iniezione di capitali (si parla di un pacchetto iniziale da 100 milioni) che darebbero respiro alle finanze boccheggianti della piccola Repubblica. Alcuni descrivono il gruppo cinese come «un colosso quotato in Borsa» pronto ad aprire in mezzo alla Romagna un hub finanziario per espandersi verso i paesi del G20. Da Hong Kong giungono però notizie contraddittorie: Maxdo (30 dipendenti) ha un buon rating di credito, una rete di società controllate e un solido rapporto con la Bank of China che ha una branch anche a Milano. Però è tutt’altro che «un colosso quotato in Borsa»: il capitale è di appena un milione di dollari di Hong Kong che vuol dire circa 97 mila euro. Il 95% è in mano a mister Chung Hon Dak (ex Kin Kwok) e il resto a un certo Ko Lai Ting. Per un gruppo che come business principale ha lo sviluppo immobiliare e che ha mire di espansione internazionale il sito Internet, nel 2013, è indispensabile. Anche per la trasparenza delle attività. Invece non esiste. L’indirizzo, maxdo.co, è stato registrato nel 1998 e mai utilizzato. Dell’azienda si sa pochissimo. Per esempio che anch’essa, come il suo leader, pochi mesi fa ha cambiato nome: fino a maggio 2012 si chiamava Chinese Noble Company. A San Marino, però, il governo sostiene di avere ottime credenziali su Maxdo; «Banca Centrale - ha dichiarato il Segretario all’industria Marco Arzilli - ha già verificato la validità del gruppo». Curioso come si è sviluppata la vicenda. I primi contatti sono stati presi durante l’Expo di Shanghai. Poi l’estate scorsa il governo (nel frattempo ci sono state le elezioni ma non è cambiato granché) con la delibera numero 50 ufficializzò la «Proposta di investimenti della società The Maxdo Group Limited». La ufficializzò senza renderla pubblica tant’è che sulla vicenda fu messo un tappo informativo per mesi. Diceva, la delibera del governo, dei «progetti di internazionalizzazione dell’economia», degli incontri avvenuti con Maxdo che hanno posto le basi «per un rapporto proficuo che porti investimenti internazionali da parte della Maxdo Group». E poi sottolineava i riscontri «sulla serietà e trasparenza» dei cinesi e la loro intenzione di aprire una sede a San Marino per investire nel settore bancario e delle infrastrutture. Ma perché i cinesi sono attratti da San Marino? La domanda non ha ancora una risposta chiara. Il Titano per l’Italia è tuttora in black list sotto il profilo delle norme antiriciclaggio. Gli accordi fiscali non sono ancora stati ratificati da Roma. Dunque l’isolamento finanziario e commerciale di San Marino sarebbe un ostacolo non da poco allo sviluppo delle attività di un investitore che guarda al G20. Tra l’altro in Italia c’è un’attenzione (e un allarme) particolare sulle attività cinesi. Un filone di un’indagine sul riciclaggio di denaro contante (4,5 miliardi) verso la Cina ha toccato anche San Marino e coinvolto - si legge nella relazione annuale 2012 della Direzione nazionale Antimafia - la filiale italiana della Bank of China. Insomma «L’opa del palazzinaro cinese su San Marino» appare piuttosto problematica. Anche perché in Svizzera, a Losanna, Chung Hon Dak già da tempo ha aperto (e amministra) la Maxdo Finance. E se il gruppo cinese ha già una sede in Europa, guarda caso in Svizzera dove il fisco è leggero e le banche molto riservate, perché vuole aprire una sua banca e investire a San Marino? Forse perché in Svizzera non gli è concesso.