Varie, 19 febbraio 2013
Bicicletta per Sette – Torna in produzione la bicicletta Graziella. Nata nel 1964 su disegno di Rinaldo Donzelli, fabbricata dalla Carnielli di Vittorio Veneto: bianca nella versione originale, poi blu oltremare
Bicicletta per Sette – Torna in produzione la bicicletta Graziella. Nata nel 1964 su disegno di Rinaldo Donzelli, fabbricata dalla Carnielli di Vittorio Veneto: bianca nella versione originale, poi blu oltremare. Era venduta con tubetto di vernice e pennellino nel tappo per fare i ritocchi alle sverniciature. Pieghevole. Dopo una decina d’anni fallì. Il marchio lo comprò Cicli Bottecchia, che ora la ripropone (tre versioni: blu, bianca, nera; prezzo: 699 euro). (Maurizio Crosetti, la Repubblica 8/2/2013) Nel foglio 133v del Codice Atlantico di Leonardo (circa 1490) si trova lo schizzo di un veicolo molto simile alla bicicletta. Nel 1791 il conte francese Mede De Sivrac presentò nei giardini del Palais Royal di Parigi la sua invenzione: due ruote da carrozza unite da un travetto di legno. Seduti sul travetto ci si spostava spingendosi coi piedi. L’invenzione, prima chiamata cheval de bois (cavallo di legno), poi celerifero o anche velocifero, era faticoso da spingere e ingovernabile, perché non aveva sterzo. Nel 1816 il barone Karl Von Drais inserì sul velocifero uno sterzo e un “appoggia-pancia” per aiutare la spinta dei piedi. Nacque così la draisina. In Inghilterra la chiamarono hobby horse e la fecero tutta di ferro, con sellino in pelle, contachilometri sul manubrio, parafango sulla ruota posteriore e un riposagomiti. La versione per donna aveva il telaio abbassato. Nel 1861 Ernest Michaux aggiunse pedali e freno. La draisina a pedali, chiamata anche “boneshaker” (scuotiossa) perché le ruote erano di legno e sulle strade provocavano fastidiose vibrazioni al guidatore. Il biciclo, la cui ruota anteriore, molto più grande della posteriore, aveva un diametro compreso tra 90 e 150 centimetri. Andava a 12 chilometri l’ora al massimo, era ingombrante e difficile da guidare: bisognava frequentare una scuola guida. Il biciclo in Inghilterra era chiamata “penny-farthing” perché le ruote facevano pensare a due monete affiancate: il minuscolo farthing e il penny, più grande.( BikeSnobNyc, Bike Snob, manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta, Elliot, 2010). Nel 1889 l’irlandese William Hume presentò a Londra un modello con il nome di “Bicyclette Humatic”, il primo a montare gomme pneumatiche. Da quel momento tutte le principali case produttrici che ottennero l’esclusiva di cerchiare le ruote con i pneumatici Dunlop lanciarono i loro modelli con il nome di “Biciclette” (bicicletta in italiano). In Italia circolano 25 milioni di bici. (Maurizio Crosetti, la Repubblica 8/2/2013) Nel 2012 sono state vendute oltre 2 milioni di biciclette, con un incremento di oltre 200.000 pezzi rispetto al 2011. Le più acquistate sono le “city bike”, seguite dai modelli pratici e resistenti stile bike-sharing. Bici da corsa e mountain bike sono preferite soprattutto per il tempo libero. (Repubblica.it 16/9/2012) In Italia viene rubata una bicicletta nuova su tre, circa il 9% di quelle in circolazione. Si tratta di 100 milioni di euro l’anno di valore. Nelle cantine degli italiani giacciono inutilizzati più di 32 milioni di bici (stima Ancma). (Repubblica.it 16/9/2012) In Italia ci sono 3.297,2 chilometri di piste ciclabili: bastano solo tre città europee (Stoccolma, Hannover, Helsinki) per fare la stessa somma. (Legambiente.it 30/3/2012) L’Olanda ha 22 mila chilometri di piste ciclabili. Tra il 2005 e il 2010 in Italia sono morti 1.514 ciclisti. Feriti: 70.840. (Linkiesta.it 28/4/2012) Su 154 km pedalati in media l’anno dagli italiani, ci sono 42 incidenti. Peggio di noi Spagna, Inghilterra, Francia e Austria. Ogni olandese percorre mediamente 848 km l’anno con 15 incidenti, mentre i danesi pedalano 936 km l’anno con soli 12 incidenti. (Linkiesta.it 28/4/2012) Un adulto perde 5,8 kg in un anno se va al lavoro in bicicletta. (Vanity Fair 21/3/2012) Nove bici parcheggiate occupano un posto auto. (Vanity Fair 21/3/2012) 30 minuti in bici al giorno fanno risparmiare 410 euro in spese mediche. (Vanity Fair 21/3/2012) Chi va al lavoro almeno 3 volte a settimana in bici risparmia 20 euro al mese. (Vanity Fair 21/3/2012) Royal Dutch Gazelle, la più famosa fabbrica olandese: 350 mila bici l’anno, fatturato di oltre 12 milioni di euro. La bici più costosa del mondo, in edizione limitata, placcata in oro 24 carati e incrostata da 600 cristalli Swarovski. Altri dettagli: sellino Brooks in pelle, rifiniture in cuoio, uno scudetto con foglia d’oro davanti al manubrio. In dieci esemplari, ognuno dei quali costa 80.000 euro. Pù economica la versione senza Swarovski: 20.000 euro l’una (solo 50 esemplari). Giovanni XXIII chiese a Bartali d’insegnargli ad andare in bici: «Voleva perdere qualche chilo pedalando su e giù per i viali vaticani». La regina Margherita andava in bicicletta senza perdere pudore e signorilità. Le aveva insegnato a pedalare il signor Bianchi, il “re della bicicletta italiana”, che per non toccarla durante gli esercizi aveva fatto costruire delle speciali manopole per poterla guidare senza sfiorarla. (Signore e signori d’Italia. Una storia delle buone maniere, di Gabriella Turnaturi, Feltrinelli, Milano 2011) Terence Hill coi primi soldi guadagnati recitando (a dodici anni, nel ruolo di un giovane capobanda in Vacanze con il gangster diretto da Dino Risi) comprò una bici. Costo: 12 mila lire. Gugliemo Marconi regalò alla fidanzata Beatrice O’Brien una bicicletta. Su consiglio della futura suocera ci aggiunse anche un diadema di brillanti brasiliani. Eugenio Montale non sapeva andare in bicicletta. (Maria Luisa Spaziani, «Montale e la volpe») Gino Bartali ebbe la prima bicicletta «a sedici anni e un giorno»: «Me la regalò mio padre per risparmiare i trenta centesimi del tram». La sua prima vittoria, nel luglio 1931 sul percorso Nave di Rovezzano-Pontassieve e ritorno, su una bici di fortuna montata alla meglio con il telaio, le ruote, il manubrio presi a prestito da amici. A sessantasette anni lo scrittore russo Lev Tolstoj imparò ad andare in bicicletta. Fino a ottant’anni fu visto curvo sul manubrio, a girovagare per la campagna russa. «La bicicletta è una linea retta con l’infanzia» (Didier Tronchet, Piccolo trattato di ciclosofia, Pratiche Editrice). Ernesto Colnago, classe 1932, produttore di bici, parla con le sue creazioni (le chiama «le ragazze»). Una volta gli era capitata una bicicletta che non «andava d’accordo» con Eddy Merckx. Allora lui l’accarezzò prima di ammonirla: «Ti avverto, come ti ho creata ti distruggo! Prova ancora a far arrabbiare Merckx e ti strappo i freni e me li mangio». Prezzi di biciclette agli inizi del Novecento: una Imperial Triumph No. 17 fabbricata in Inghilterra costava 575 lire; una Frera, italiana, 300 lire; modelli italiani senza parafanghi e con un solo freno anteriore, poco meno di 200 lire. Chi voleva spendere ancor meno, comprava i pezzi e se li faceva montare da un artigiano (o li assemblava da sé): bastavano 100-120 lire. (Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore, 2010) Luigi “El Luisin” Ganna, vincitore del Giro d’Italia 1909, muratore e poi costruttore di biciclette. Al cronista che gli chiedeva cosa provasse dopo la vittoria: «Me brüsa tanto el cü!». (Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore, 2010) Fino al 1930 l’unico l’unico modo di cambiare il rapporto di una bici era quello di togliere la ruota posteriore e rovesciarla per usare il pignone montato sull’altro lato. L’invenzione del cambio si deve al ciclista dilettante Tullio Campagnolo. L’idea gli venne nel 1924: stava affrontando il passo Croce d’Aune (Belluno) durante una bufera di neve. Per affrontare la salita pensò di girare la ruota, ma non ci riuscì per via delle dita intirizzite dal freddo. Sbottò: «Bissogna cambià qualcosa de drio». Nel 1933 entrò in produzione il primo mozzo a sgancio rapido. (Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore, 2010) La R Super Bianchi del 1925, poi chiamata Impero, coperta da brevetti in Italia, Francia, Inghilterra e Belgio, costava 1.250 lire (per acquistare quella da corsa Giro d’Italia ne bastavano 775 e si aveva in regalo anche una maglia di lana bianca e celeste). (Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore, 2010) La bici volante Daedalus 88, messa a punto da Mit e Nasa: 34 metri di apertura alare, 32 chilogrammi di peso. Il 23 aprile 1988, pilotata dall’atleta greco Kanellos Kanellopoulos, sorvolò in 3 ore e 54 minuti una distanza di 115,11 chilometri (dall’aeroporto di Creta a Santorini), alla velocità di oltre 49 chilometri orari. A sette metri dalla riva la bici si spezzò e cadde in mare: i pezzi recuperati sono allo Smithsonian Institute di Washington. Per realizzare Daedalus 88 servirono un milione di dollari e 15 mila ore di lavoro. (Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore, 2010) «Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, smetto di disperare del futuro della razza umana» (lo scrittore H.G.Wells). (BikeSnobNyc, Bike Snob, manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta, Elliot, 2010) «Date a un uomo un pesce e lo nutrirete per un giorno. Insegnate a un uomo a pescare e lo nutrirete per una vita. Insegnate a un uomo ad andare in bicicletta, e si renderà conto che la pesca è stupida e noiosa» (l’arcivescovo Desmond Tutu). (BikeSnobNyc, Bike Snob, manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta, Elliot, 2010).