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 2013  febbraio 19 Martedì calendario

LA STRATEGIA ETERNIT? COME IL PIANO NAZISTA PER DEPORTARE GLI EBREI


Disastro ambientale doloso per tutti quei morti di mesotelioma e asbestosi, cancro della pleura e del peritoneo causati dall’amianto fra i lavoratori Eternit di mezza Italia e i residenti dei centri dove sorgevano gli stabilimenti produttivi della multinazionale svizzero-belga. Il presidente del collegio che in appello deve giudicare Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier inizia la relazione introduttiva con un «paragone molto forte» fra quegli eventi, la strategia aziendale che li ha causati (secondo la sentenza di primo grado) e il Piano Madagascar per la deportazione di 4 milioni di ebrei in Africa da parte del nazismo.

È lo stesso magistrato, Alberto Oggé, a chiarire subito che i fatti sono molto diversi e non sovrapponibili. E che l’esempio di quel progetto di deportazione di massa in Madagascar coltivato fra il 1939 e l’inizio del 41 dal vertice nazionalsocialista gli è servito unicamente per far capire il senso reale delle parole «alla luce dei fatti successivi».

Oggé ama le citazioni. Ieri ne ha seminate numerose nella sua lunga relazione pescandole da Salomone e Kant, senza trascurare lo storico Braudel e il matematico e filosofo Kempel. Non ci si aspettava il «Piano Madagascar», apprezzato pubblicamente da Adolf Hitler in giù nelle alte gerarchie naziste per nascondere le vere intenzioni sulla sorte degli ebrei: lo sterminio.

Davide Petrini, professore universitario di giurisprudenza e difensore di parte civile nel processone Eternit, racconta volentieri della «conferenza di Wannsee, gennaio 1942, quando Heydrich illustrò la soluzione finale agli alti ufficiali nazisti che l’avrebbero adottata nei dettagli, senza che nulla fosse mai stato messo per iscritto, allora e dopo». Il mondo non doveva sapere, il Piano Madagascar era servito a confondere le idee ad americani e inglesi, a tutti quelli che non dovevano sapere.

In questo senso diventa raffinata l’interpretazione che il presidente della Corte d’appello dà della sentenza di primo grado: «alla luce dei fatti successivi» al convegno di Neuss, Germania, giugno 1976, il comportamento del vertice della multinazionale dell’amianto è stato di segno tale da provocare un disastro ambientale doloso di immani proporzioni.

Cosa si disse a Neuss, in particolare da parte di Stephan Schmidheiny ad un uditorio scelto di una trentina di manager dell’Eternit provenienti da tutto il mondo? «Io so che l’amianto è causa di gravi malattie e tutti voi lo dovete sapere, ma se anche tutti gli altri lo vengono sapere fuori di qui, o chiudiamo o dobbiamo assumere tutta una serie di cautele antieconomiche. Quindi, voi dovete calibrare le informazioni: dire che l’amianto non è nocivo, che almeno non sempre lo è, che in ogni caso non è mortale e che comunque si può contenerne il pericolo». Questa è la sintesi della strategia aziendale che i giudici di primo grado hanno colto a suo tempo per condannare Schmidheiny a 16 anni di carcere.

Petrini: «Il Piano Madagascar fu la copertura della conferenza di Wannsee, così come le conseguenze della politica aziendale adottata a Neuss, su piani e per fatti molto lontani fra loro, hanno consentito di dare un senso diverso a ciò che si discusse e si decise al vertice internazionale dell’Eternit nel 1976. Credo che nessuno, fra le centinaia di presenti ieri in aula, abbia frainteso il “paragone” del presidente Oggé».

Anche Astolfo Di Amato, difensore di Schmidheiny, è di questo avviso: «L’ho inteso come uno di quegli esempi esasperati volti a far meglio comprendere le regole logiche e nient’affatto come accostamento reale fra le due vicende».

Insomma, la «controinformazione» che Schmidheiny affidò come compito ai suoi manager sui guasti dell’amianto ha un «filo logico» comune con quella del Piano Madagascar. Niente di più.