Giampaolo Visetti, la Repubblica 19/2/2013, 19 febbraio 2013
IL TITANIC RINASCE “MADE IN CHINA”
Con oltre un secolo di ritardo, il Titanic tenterà infine di approdare nel porto di New York, concludendo il viaggio più mitizzato e tragico della navigazione moderna. A incaricarsi della missione, infranta nella notte del 14 aprile del 1912 contro un iceberg al largo della penisola di Terranova, non saranno però un armatore americano e un cantiere britannico, situato a Belfast. Europa e Stati Uniti cedono il passo all’Oriente anche nella realizzazione dei transatlantici- gioiello. La copia del Titanic è il frutto della passione per il lusso di un miliardario australiano, il re delle miniere Clive Palmer, e della capacità dei cantieri Csc Jinling di Nanchino, proprietà di Stato della Cina dal 1952. Potere di un’epopea senza tempo, pure divenuta metafora sinistra della propria epoca, ma anche fascino rilanciato dal cinema di Hollywood e inconfondibile senso asiatico per gli affari. Ma soprattutto specchio dell’orgoglio delle potenze emergenti, come l’Australia, e di quella che già comanda il mondo, la Cina, che grazie al sogno di un piroscafo a vapore e alla rievocazione di un viaggio da record, intendono sancire il passaggio di consegne Ovest-Est
nel controllo del pianeta. Saranno così i “comunisti” di Pechino a raccogliere la sfida naufragata dei capitalisti di Londra e New York, offrendo la crociera più esclusiva dell’Atlantico proprio mentre nel Pacifico riemergono tensioni da Guerra Fredda.
L’idea è venuta in occasione dell’anniversario del naufragio, un anno fa, quando storici di tutto il mondo assegnarono al Titanic il ruolo profetico di «anticipazione della fine di un’egemonia e di inizio dei conflitti mondiali del Novecento ». È stato allora che Clive Palmer, come John Pierpont Morgan
nel 1909, ha deciso di ricostruire «la nave più grande, più moderna e più lussuosa della terra ». Nel frattempo i cantieri cinesi hanno soppiantato quelli irlandesi di Harland and Wolff e la Csc Jinling, controllata dal partito del nuovo leader Xi Jinping, ha accettato
l’incarico di varare il “Titanic II” entro tre anni. Tutto, come anticipato a Hong Kong, sarà come quando il postale più veloce del suo tempo annunciò che Europa e Stati Uniti sarebbero stati collegati settimanalmente da tre imbarcazioni gemelle capaci di trasportare 2.223 persone.
La replica dell’originale, riportato sugli schermi da James Cameron nel 1997, partirà così da Southampton con destinazione Manhattan, ripercorrendo fedelmente la rotta Nord, via Cherbourg e Queenstown. Ogni dettaglio, sia tecnico che architettonico,
sarà perfettamente imitato: dalla stazza di 46.328 tonnellate alla lunghezza di 269 metri, dalle quattro ciminiere nere agli arredi Luigi XVI della prima classe. Ripreso anche il nome della compagnia di navigazione: dalla White Star Line del secolo scorso all’attuale Blue Star Line. «Cambierà solo la tecnologia — ha rassicurato Ge Biao, direttore dei cantieri di Nanchino — che però, come ai primi del Novecento, risulterà la più avanzata sul mercato». Per evitare la fine dell’originale, i cinesi hanno invitato a partecipare all’impresa le più quotate società
del mondo, dalla Finlandia alla Corea del Sud, e assicurano che il livello della crociera «non avrà paragoni nella storia». Già esauriti i proibitivi 2.400 biglietti del viaggio inaugurale, come quelli più abbordabili dei primi trenta, promossi a Macao, Londra e New York. E tra i cultori del revival, folgorati dalla nostalgica romantica per la domanda «Ti fidi di me?» rivolta da Leonardo Di Caprio a Kate Winslet, si spera che ci sia almeno una differenza: l’epilogo della prima impresa, finita con 1.518 annegati nell’Oceano.