Paolo Berizzi, la Repubblica 19/2/2013, 19 febbraio 2013
ANCHE LA LEGA TREMA IN VENETO “LE EPURAZIONI SONO STATE UN AUTOGOL” E I 5 STELLE SOGNANO IL PRIMO POSTO
Il nuovo Gentilini si chiama Grillo. Da queste parti lo considerano un leghista degli albori. Il problema è che non corre per la Lega, il che per i «lighisti» veneti, da sempre allergici a Berlusconi, tra sei giorni potrebbe celare una bella fregatura. Non l’unica, per altro. Beppe Grillo fa il pieno (in piazza) e lo fa ovunque in Veneto, l’operosa terra madre delle partite Iva e degli imprenditori suicidi, lo storico fortino «verde» dove semmai il primo pensiero della Lega doveva essere battere l’odiato-alleato-Pdl («Berlusconi è un pallone gonfiato, la sua parola non conta», Gentilini dixit). E invece tira aria di ribaltone, doppio ribaltone. Gli ultimi sondaggi, un incubo per i dirigenti, danno il Carroccio lontanissimo dai livelli delle regionali 2010, quando ci fu il primo storico sorpasso sugli azzurri. Se così fosse, come non è affatto escluso, sarebbe un bagno di sangue.
«Preparatevi, martedì prossimo qui scoppia un quarantotto», avverte un autorevole esponente della Lega, né bossiano né maroniano (qui le due categorie resistono più che altrove). Che diavolo succede in Veneto? Semplice: Grillo si sta mangiando pezzi di Lega, e la Lega, manco ce
ne fosse bisogno, lo aiuta facendo harakiri con quella che in tanti chiamano «guerra tra bande». Da una parte la «banda» del segretario regionale Flavio Tosi (sindaco di Verona e delfino di Maroni), dall’altra il «resto del mondo» (della Liga Veneta). In mezzo, tra le altre cose, non è nemmeno la prima in ordine di importanza, la maldigerita ri-alleanza con Berlusconi (per i sondaggi uguale 10 punti in meno).
Lo scenario che si staglia all’orizzonte è simile alla deriva balcanica vissuta dall’ultimo Pdl, dilaniato dal braccio di ferro tra ex An e ex azzzurri. E dopo il voto potrebbe sfociare in una cruenta resa dei conti. Una sorta di vendetta dopo l’epurazione (nelle liste dei candidati) decisa dalla segreteria nazionale per dare corso al processo iniziato con le «ramazze padane». «Le liste le abbiamo lette sui giornali... — spiega un altro aministratore di primo piano — . A quel punto la tensione accumulata nei mesi è sfociata nella decisione di metà partito di non fare campagna elettorale». In effetti girando per Treviso, Vicenza, Padova, quello che colpisce è la povertà della campagna pubblicitaria per le strade: dove tre anni fa campeggiavano facce imbustate dentro abiti e cravatte verdi oggi ci sono pannelli vuoti e/o cartelloni degli «altri». Una tristezza. «Sono stati lasciati a casa tutti i parlamentari della prima legislatura, mandiamo a Roma una banda di matricole, facce vecchie ma zero spessore, gente che ha il solo merito di avere appoggiato Tosi nella corsa alla poltrona di segretario», ringhiano quelli del “resto del mondo”, pronti a presentare
il conto.
E’ questo il doppio perno attorno al quale ruota il voto veneto: la spaccatura del Carroccio e l’inesorabile
avanzata nordestina del Movimento Cinque Stelle, con annesso drenaggio di voti leghisti. All’inizio erano indizi, adesso sono prove. Il 9 febbraio Grillo sbarca a Treviso con il guru Casaleggio (rara apparizione elettorale). Ad attenderlo ci sono 150 industriali e artigiani che non vedono l’ora di sentirsi dire che se l’M5S andrà al governo taglierà l’Irap. La promessa arriva dall’ «eminenza grigia» dei grillini. Applausi. «Ci aspettiamo molto da questo nuovo movimento senza forme mentali precostituite e senza lobby da difendere — dice Massimo Colomban,
presidente della Confederazione delle attività produttive italiane — . Ci aspettiamo un vero rinascimento dell’Italia». Grillo si rimette in camper, raggiunge piazza dei Signori a Vicenza, strapiena. Gli passano un sondaggio di Confartigianato: almeno 1 artigiano su 5 (il 22,5%) è pronto a votare M5S. Il dato rispecchia il trend attuale di Grillo in Veneto, superiore alla media nazionale indicata dai sondaggi prima del black out imposto dalla legge.
Chi lo vota? Ex leghisti, soprattutto. Gente che, un po’ per disperazione e un po’ per rabbia, tra pressione
fiscale montante e federalismo andato a farsi benedire, ora si identifica con il «leghista degli albori». È’ un vento difficile da fermare. Ragiona Davide Zoggia, responsabile nazionale Pd per gli enti locali. «Il Veneto in passato ha sempre dato fiducia a forze che parlavano alla pancia, dopodiché siccome le promesse fatte sono state disattese, c’è da augurarsi che i cittadini non vogliano passare dalla padella della Lega alla brace di Grillo». Nella regione dove il centrodestra viene da un 60% abbondante (regionali 2010), tutto è per aria e tutto può accadere. «Voteremo Pd al Senato e Pdl alla Camera» ha promesso qualche giorno fa il consigliere regionale bossiano del Carroccio Santino Bozza, spiegando che non sarà l’unico in Lega a incrociare le spade con Tosi profittando del voto nazionale. Decisamente scocciato anche Gian Paolo Gobbo, sindaco di Treviso escluso a sopresa dall’elenco dei 14 candidati (Camera e Senato) consegnato a Verona dal segretario provinciale trevigiano Giorgio Granello.
Grillo, in tutto questo, ha messo la freccia ed è in corsia di sorpasso. Gliene importa pochissimo se tra una tappa veneta e l’altra dello Tsunami tour abbiano provato a smontare la sua presunta «diversità» dai politici «facce da c...». «Le liste del
M5S sono piene di parenti e riciclati — attacca Piero Ruzzante, segretario padovano dei democratici — . Un esempio su tutti: il capolista al Senato in Veneto, Enrico Cappelletti, si era già presentato con la Lega nel ‘96 e nel ‘98, altro che nuovo...». Una parentopoli a 5 stelle con «mariti di, mogli di, sorelle, fratelli, morose»? Grillo se ne è fatto un baffo. C’era anche la storia dell’assessore di Mira licenziata in bianco dal sindaco perchè stava per diventare mamma: ma pure quella non sembra avere scalfito lo smalto dell’ex comico, il quale, a questo punto appare chiaro, deve avere puntato proprio sul Veneto e sul ventre molle della Liga per provare a ribaltare gli assetti politici del Nord.
«Per amministrare non basta dire “tutti a casa”». Alessandra Moretti, vicesindaco di Vicenza candidata alla Camera per il Pd, lo ripete allo sfinimento. «Abbiamo fatto un’iniziativa in ognuno dei 581 Comuni della Regione, lo abbiamo spiegato ai cittadini».
Sotto il cielo del Nord-Est gli ultimi anni sono filati via tra propaganda e illusioni, tra quote latte (le multe ammontano a 4,5 miliardi e una buona parte sono piovute qui) e imprenditori strozzati dalla crisi e dai debiti che alla fine hanno deciso di togliersi la vita. Adesso, in un clima di incertezza o di catastrofe, girano sapide battute. Una la confeziona il leghista che ha pronosticato il «quarantotto » post elettorale interno alla Lega. «Un culo una sedia». Il riferimento, non molto elegante, è alla scelta del partito e quindi del candidato Maroni di puntare tutto sulla Lombardia. «Qui ci hanno lasciato soli. Martedì si accorgeranno che hanno sbagliato di grosso».