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 2013  febbraio 19 Martedì calendario

SUL TRENO TRA SPIFFERI, CALCA E RABBIA IL COMICO LANCIA IL COMIZIO TRA I PENDOLARI


E VAI con i pendolari! Ma letteralmente. Venerdì 22, prima di chiudere a piazza San Giovanni, Beppe Grillo arriva da Viterbo a Roma sul treno regionale. Si tratta di una linea affollata e disgraziatissima. Una linea ferroviaria che nell’ultimo rapporto “Pendolaria” Legambiambiente colloca al secondo posto dopo la Circumvesuviana.
Chi la frequenta tutti i giorni ha potuto sperimentare: scoppi di motori nel vagone di testa (1998), errori di binari e schianti su escavatrice (2003, due vittime), caduta di fulmini sui cavi elettrici (2006), protesta con occupazione di binari alla stazione di piazzale Flaminio (2006 e 2007), incidente con automobile al passaggio a livello (2008), tamponamento con altro treno (2010), blocco della corsa per furto di rame (2011), arresto del treno in piena campagna, a Cesano, per via del maltempo (2012, testimonianza: «Camminavamo nella neve rasente i binari come deportati...»).
Tutto questo senza considerare i ritardi, le disdette delle corse, lo stato dei servizi igienici, l’aumento dei biglietti e degli abbonamenti, la ressa, il freddo, il caldo, le discussioni, gli spintoni e gli svenimenti. Nell’anno giubilare Duemila i due
contendenti alla regione Lazio, Badaloni e Storace, salirono a bordo sia pure separatamente per condividere l’esperienza e far sentire la loro prossimità ai pendolari. Ma a distanza di 13 anni la situazione non dev’essere poi troppo cambiata.
Grillo lo sa, o qualcuno gliel’ha detto, e comunque lui ha messo a frutto l’informazione, in tal modo portando a compimento lo tsunami tour insieme a una delle categorie più disagiate della società. In tutta Italia, secondo un recente rapporto del Censis, i pendolari (non solo quelli che viaggiano sui treni) sono comunque 14 milioni, un milione in più di quanti erano nel 2007. Tutto lascia pensare
che sia una massa più o meno inferocita dalle condizioni in cui viaggia ogni giorno.
Ora, la rabbia è già uno sterminato terreno di conquista per il M5S. Ma nel momento in cui, sia pure per un’oretta, il suo leader sceglie di condividere di persona difficoltà e sofferenze di vasti strati della popolazione,
ecco che questa scelta diviene non solo una trovata, ma una risorsa elettorale che nel novero delle rappresentazioni grillesche ha la stessa origine incandescente, la stessa carica popu-lista e la stessa potenza d’immedesimazione suscitate dall’attraversamento a nuoto dello Stretto, dal
matinée
scarmigliato
fuori dal Viminale per la consegna dei simboli e dai comizi tenuti in piazza nonostante il gelo e la pioggia. Tanto più se si considera che le ferrovie, in politica, non sono del tutto innocenti e anzi potrebbero mettersi a carico dei potenti come un ulteriore veicolo di privilegi.
Vero è pure che ogni tanto qualcuno piomba a Roma in treno. Senza riandare a Mussolini, che prudentemente all’indomani della marcia su Roma giunse alla stazione Termini in vagone letto, o a Borghezio che saliva sui regionali con l’intento di molestare le prostitute nigeriane con il flit, i precedenti della nomenclatura impongono il ricordo del «Rutelli Express»
(2001) e a suo modo anche quello del «Nerone Express» della Lega.
Anche Prodi, d’altra parte, viaggia spesso sul Frecciarossa, e lo stesso Monti, con il suo trolley, e Casini e ovviamente Montezemolo, che ha lanciato “Italo”. Di recente perfino il Cavaliere ha scelto quel mezzo, istantaneamente ricevendo gli osanna di Daniela Santanchè: «Evviva! E’ iniziato il cambiamento! Berlusconi in viaggio verso Roma, tra la gente!». Per la cronaca: nello scompartimento, insieme alla gente e ai fotografi, c’era anche la fidanzatina elettorale, ma seduta dietro.
E tuttavia - senza che suoni come demagogica concessione alla logica delle
performance o a quella di un astuto e superbo egualitarismo che dura quanto la campagna elettorale - nessuno di loro risulta aver mai condiviso le privazioni, le lentezze, gli spifferi, la calca e gli improperi di un bel treno denso e carico di pendolari. Ed è forse un peccato, o più laicamente un’occasione persa: perché vivere la vita degli altri, specie se meno fortunati, restituisce umanità, aiuta a capire e magari aguzza pure l’ingegno - che con l’aria che tira ce ne sarebbe abbastanza bisogno.