Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 19/2/2013, 19 febbraio 2013
RIO DE JANEIRO —
Settantadue giorni di assenza, guidando il suo Paese da un letto di ospedale di un altro Paese. Sotto sedativi per buona parte del tempo, intubato, almeno un paio di volte sull’orlo della morte. E ora il ritorno in patria, tra mille interrogativi: come sta davvero il presidente venezuelano Hugo Chávez? È tornato da Cuba perché la sua salute è migliorata, o al contrario perché non ci sono più cure possibili per il suo tumore? La notizia è arrivata nel cuore della notte, via Twitter dallo stesso Chávez: «Grazie a Dio, al mio popolo, a Fidel, Raúl e a tutta Cuba... Resto aggrappato a Cristo e ai miei medici e infermieri... Hasta la victoria siempre!». Nessuno ha visto nulla, all’aeroporto di Caracas, ma il governo assicura che Chávez si trova già nell’ospedale militare Carlos Arvelo, dove continuerà le cure. Nei giorni scorsi erano state diffuse un paio di fotografie da Cuba, Chávez insieme alle due figlie, mentre legge un giornale. Le prime immagini dopo oltre due mesi: non appare in cattive condizioni, ma qualcuno ha subito parlato di una manipolazione.
Le prime ore della mattina in Venezuela sono una valanga di emozioni e retorica. Il vice e delfino Nicolás Maduro lo definisce «un esempio di battaglia permanente», e poi chiama il popolo a manifestare nelle piazze, «per dimostrare la grande forza e l’allegria che ci pervade in questo momento». Una piccola folla, sin dall’alba, si raduna davanti all’ospedale militare, dove tutto appare normale, a parte una decina di camionette dell’esercito davanti all’entrata. La posizione ufficiale del regime, d’altronde, è trasmettere normalità e trattare la malattia di Chávez come reversibile. Resta un passaggio politico da risolvere, perché il leader rieletto lo scorso ottobre non ha ancora giurato né dato inizio formalmente al nuovo mandato. La cerimonia avrebbe dovuto avvenire lo scorso 10 gennaio, secondo la Costituzione, ma le condizioni di Chávez non l’hanno consentito. Nelle stesse ore una sentenza della Corte suprema, assai contestata dall’opposizione, stabiliva che poiché esiste continuità di potere e il capo dello Stato è lo stesso, il giuramento si sarebbe potuto svolgere in un altro momento. È questo, adesso, il motivo principale del ritorno di Chávez in Venezuela? Possibile, secondo alcuni osservatori, perché un atto di insediamento davanti alla Corte suprema, magari in una stanza dell’ospedale militare nelle prossime ore, riporterebbe la normalità costituzionale, e darebbe più legittimazione al vice Maduro, già indicato da Chávez come suo successore se si dovessero svolgere nuove elezioni.
E qui entra in gioco un possibile scenario alternativo. Rinunciando invece ad assumere il potere, il presidente eletto aprirebbe la strada verso il ritorno alle urne in tempi brevi, come indica la Costituzione. Maduro potrebbe contare sull’impatto emotivo del gran ritorno per battere l’opposizione; ma allo stesso tempo sarebbe un’ammissione che la malattia di Chávez non ha più speranze di essere superata. Negli ambienti dell’opposizione, attivi soprattutto sulle reti sociali, è quest’ultima la tesi prevalente: Chávez sarebbe tornato perché non c’è più alcuna cura possibile per lui a Cuba o altrove. Mentre la sua presenza qui sarebbe determinante per vincere la battaglia della successione. Un gruppo di studenti, da giorni incatenati davanti all’ambasciata cubana a Caracas, chiede ulteriori prove. Vogliono un referto medico indipendente, e altre immagini del ritorno del presidente.
Rocco Cotroneo