Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 18/2/2013, 18 febbraio 2013
SYMPATHY FOR THE VINYL
[Crêuza de mä, il viottolo poetico di De André] –
Se sei un cantautore, la rivoluzione più grande che puoi compiere è negare l’accesso immediato alle tue parole. Magari foderandole di vestiti nuovissimi. Fabrizio De André ha 44 anni e il desiderio di dribblare tutti. Definitivamente. Viaggia per mesi con Mauro Pagani, in cerca di idioma definitivo e sonorità inedite. Individua il dialetto genovese. Un esperanto che taglia fuori quasi tutto il suo pubblico. I discografici nicchiano, Faber si impunta. Come quasi sempre, ha ragione lui. Crêuza de mä è sintesi suprema di testi e musica. Dentro c’è tutto De André, quello che intuivi già dagli esordi (tra un Carlo Martello e una traduzione di Brassens). Maturo, però. Ogni pulsione - ogni tensione - ha trovato piena espressione. Era il 1984. Crêuza de mä è microcosmo di sultane del sesso (Jamína) e bagasce che sfilano tra piogge di insulti bigotti (Â duménega). “Viottoli di mare” (la traduzione di titolo e prima traccia) e marinai dall’eterno viaggiare.
L’idea originaria fu di Pagani. De André, da sempre consapevole di ciò che chiamava “balbuzie musicale”, sfruttò il compagno di strada – come aveva appena fatto con Bubola, come farà con Fossati – per tramutare la debolezza in eccellenza ulteriore. Diceva: “È stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi”. Amava così tanto quell’album da riproporlo anche negli ultimi tour. La versione – pressochè integrale - contenuta nel secondo cd di 1991 Concerti è particolarmente ispirata Crêuza contiene anche Sidun, il brano definitivo sul rifiuto di qualsiasi guerra. Fabrizio la cantava seduto per terra, le gambe incrociate e le urla finali che ti squarciavano. Fedele anzitutto alla propria ottica intellettuale, De Andrè riverberò la sua idea di piani che si confondono. Il bene che non lo è mai fino in fondo, e così il male. Â pittima era la persona a cui i cittadini si affidavano per riscuotere i crediti dei debitori. Una figura cattiva, una sorta di braccio armato dell’usuraio. De André, al contrario, la tratteggia come un buono senza muscoli, che quasi si vergogna del lavoro che fa (e di nascosto aiuta i debitori dandogli i propri soldi). Anche Sinàn Capudàn Pascià non è un personaggio positivo. Figura realmente esistita, si chiamava Scipione Cigala. Visse nella seconda metà del Cinquecento. Prigioniero dei Mori, si convertì all’Islam per sopravvivere. Fece carriera, divenendo Gran Visir. Nel brano, a chi lo chiama “rinnegato”, risponde che ha semplicemente cominciato a bestemmiare Maometto invece del Signore. Lo fanno anche i pesci, rivela De André con la sua voce di nicotina: “Nel mezzo del mare c’è un pesce palla, che quando vede le cose belle viene a galla/ Nel mezzo del mare c’è un pesce tondo, che quando vede le cose brutte va giù nel fondo”. Faber era così: se voleva, rendeva poetico anche l’opportunismo.