Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 18/2/2013, 18 febbraio 2013
NON È PIÙ IL TEMPO DI PICCOLI E MEDI LIBRAI
[Internet abbatte costi di spedizione e cancella il trasporto su gomma e interi cardini della filiera fino a ieri considerati indispensabili. Alla crisi si inchinano anche le librerie indipendenti. Ciccaglioni della Arion: “ Per anni con una politica selvaggia si è deciso di mercificare il settore”] –
Quell’anno, prima di Natale, ci toccarono soltanto giorni plumbei e ammantati di brina. Erano pochi coloro che si fermavano a guardare la vetrina e ancora meno quelli che si avventuravano a entrare per chiedere di quel libro sperduto che li aveva aspettati per tutta la vita, e la cui vendita, poesie a parte, avrebbe contribuito a rappezzare le precarie finanze della libreria”. Sotto l’avaro cielo della crisi, con l’orizzonte limitato dai numeri e dalla concorrenza, i librai indipendenti d’Italia somigliano ai personaggi di Carlos Ruiz Zafòn. Con il làpis in mano, la testa tra le mani, i conti in rosso e la sensazione che indietro non si tornerà. Chiudono i marchi storici fiorentini (Le Monnier, Edison), in pochi si ricordano del poeta antiquario Roberto Roversi che a Bologna serrò l’attività nel 2007 e anche la nostalgia per il tramonto della più amata libreria di Livorno, “La gaia scienza” di Franco Ferrucci e dell’ultimo volume venduto: “Livornesi al barre”, quasi uno sberleffo, stinge nel-l’ineluttabile. Costi, ricavi, pragmatismo, addio definitivo.
TREMANO CONOSCENDO per la prima volta la cassa integrazione in attesa di notizie peggiori i 60 dipendenti dell’arcadica Hoepli di Milano (20 serrate in città negli ultimi due anni), hanno già salutato la Croce di Roma, Amore e Psiche e la Herder, la “biblioteca” del Parlamento in Piazza Montecitorio. Pezzi di storia che si consegnano a una cronaca quotidiana con poche sorprese. Con la spietata concorrenza della grande distribuzione e di un E-commerce che con i giganti del settore (Ibs, Amazon) conquista nuovi lettori, abbatte costi di spedizione e cancella insieme al trasporto su gomma interi cardini della filiera fino a ieri considerati indispensabili. Alla stella polare della crisi economica si inchina anche il libro. Protetto fuori tempo massimo da una legge (la Levi) che di fronte all’assalto dell’offerta selvaggia (sul web, al supermercato o in Autogrill) ha fissato lo sconto massimo al 15% per le novità e al 25% per le promozioni. In Germania non esiste. In Francia è al 5%. Franco Levi del Pd, il primo firmatario di un disegno capace di non rendere davvero entusiasta nessuna delle controparti (la strozzata categoria dei librai indipendenti ne sottolinea limiti e debolezze, la controparte l’ha accolta come l’ennesima boa assistenzialista) aveva tentato di distinguersi dallo Stato ipocrita immaginato da De Andrè. Quello che “si costerna, si indigna, si impegna e poi getta la spugna con gran dignità”. È stato inutile perché a un ritmo che stupisce per progressione, con assoluto disprezzo del valore sacrale dei luoghi che avevano “scortato” generazioni di lettori, il processo pare irreversibile. Per chi vende un oggetto anomalo, i guadagni sono comunque relativi. E l’abbattimento dei prezzi, reazione degli editori a un mercato in contrazione, è la classica coperta troppo corta. Si resiste a una flessione generalizzata (7 punti nel solo 2012), ma smaltite spese, trucchi e fuochi d’artificio, ci si scopre poveri come sempre. Quando incontri i 66 anni di Marcello Ciccaglioni, proprietario con sua moglie Elisabetta della catena indipendente Arion (18 librerie romane in cui lavorano anche i figli Fabio e Daniele, curate come tabernacoli in cui si respira competenza e passione per il mestiere) è difficile non cedere alla tentazione di vedere dietro il velo di un’educazione britannica e di un dinamismo che non si arrende alle ombre, la rabbia chi rifiuta una sconfitta già scritta. Non per i riconoscimenti recenti (due settimane fa la Fondazione Cini e la Scuola dei librai di Venezia hanno premiato il suo gruppo ed è la prima volta che il riconoscimento per la migliore libreria d’Italia non va a un singolo esercizio), ma perché da mezzo secolo Ciccaglioni si identifica nel ritratto del libraio che Achille Mauri aveva dipinto durante la cerimonia: “Per me è come un buon farmacista capace di alimentare l’intelligenza del lettore nutrendola di quella altrui”. Iniziò con il destino in mezzo ai denti nel 1961, in un banco all’addiaccio con vista su Piazza Esedra. Aprì la prima libreria, l’Eritrea grazie all’interesse discreto del giudice martire Vittorio Occorsio: “Aldo, il poliziotto della sua scorta, gli fece sapere che praticavo prezzi convenienti. Vittorio era un grande lettore, ma non amava scialacquare e in breve, abbandonò la Rizzoli per il mio banchetto. Portava una lista di titoli e tornava dopo qualche giorno per ritirarli. Divenne mio affezionato cliente. Un giorno mi accompagna a prendere un caffè. “Chi vuoi diventare davvero da grande, ragazzo?”. Avevo 21 anni, lavoravo dall’età di 15 e nutrivo un sogno più nitido degli altri: “Vendere libri con un tetto sulla testa”. Mi disse che a due passi da dove poi lo uccise Concutelli nel 1976, nel quartiere ‘africano’ di Roma, aveva visto alcuni locali in affitto. Mi fidai. non mi sono più fermato”.
CICCAGLIONI È UN IDEALISTA. Ma è anche un mercante. Ha mantenuto affittandolo ad altri il banco numero 5 di Piazza Esedra: “Non lo venderò mai”, ma non ignora che recintare la rivoluzione tecnologica più o meno equivalga a impedire la libera circolazione di merci e persone. Al cambio di rotta, giura, si è già adeguato. Nei suoi locali tablet, byte e pixel sono affiancati alle pagine in attesa che il boia faccia il suo mestiere. Nel frattempo, non mette spontaneamente la testa sulla ghigliottina. Si industria. Inventa percorsi letterari e baratti ossimorici, moderni e antichissimi. “Entro un mese inaugureremo Freesbee. Un’iniziativa che a tutti i lettori che ci portano volumi del 2011 o del 2012 consentirà di ottenere buoni per quelli del 2013 e la riammissione in circolo alla metà del prezzo dei loro vecchi libri”. Movimento, ingegno, ricerca di sinergie e accordi quadro: “Se lei chiama nella sede di Piazza Fiume può ottenere sconti per i teatri romani fino al 60%. Mi piacerebbe trovare un punto d’incontro con i cinema. Dal lunedì al venerdì le sale sono vuote, intersecare i percorsi delle arti e contaminare può essere la soluzione utile a contrastare soluzioni come quelle di Parma. La libreria delle Coop immaginata da Romano Montroni, costata milioni di euro che regge il 50% del suo fatturato sulla ristorazione. Una competizione drogata. Alterata. Davanti alla quale la libreria indipendente può reagire con la sola intelligenza. Con una rete. Con un sistema di contatti”. Sostiene senza enfasi, Ciccaglioni, che il libro gli abbia cambiato la vita e che quando torna a trovare i parenti in periferia dove è nato in un appartamento: “In cui non esisteva neanche un libro”, nei vecchi amici d’adolescenza con i 60 pollici in salone e il Corriere dello Sport spalancato sulla gagliarda senescenza di Totti, riveda se stesso. Un autodidatta che da allora, abbandonate le aspirazioni obbligate della condizione precaria: “Giocavo negli allievi della Lazio, ero molto bravo”, della lettura è rimasto schiavo. Dalla divisa indossata su un volto da attore (cravatta e giacca, ogni giorno, da sempre): “Per distinguermi dallo sciattume dei vicini di banchetto che poi sono diventati miliardari vendendo antichi papiri”, non si separerebbe mai. L’abito non fa il monaco, ma tradire l’apparenza significherebbe condannare la liturgia un po’ scaramantica che ora sembra aver smarrito il suo stellone nel formicaio impazzito di una recessione che non risparmia nessuno. Ciccaglioni non crede che il mestiere che dopo averlo portato in volo ovunque (dai primi Oscar Mondadori in edicola: “Steinbeck, Hemingway, Sartre, Buzzati” alla pubblicazione di libri erotici) e ora vorrebbe costringerlo al prosaico controllo delle risorse, sia davvero in via di estinzione. Con lui si battono e si sbattono 110 persone. Lotteranno insieme “Non mi arrendo all’idea che il libro sia equiparabile a profumi, smart box e gadget di ogni natura che vorrebbero occuparne lo spazio vitale per sopprimerlo. Per anni con una politica selvaggia si è deciso di mercificare il settore senza tener conto che a ogni promozione antieconomica si inflazionava il mercato e che nell’impersonalità di un commercio da tastiera, si smarriva la passione di chi ha per decenni indirizzato sensibilità e inclinazioni dei clienti. Ma la soluzione non è trasformare la libreria in Bistrot o vendere mortadella in allegato. L’80 per cento delle librerie italiane non è più grande di 100 metri quadri e con l’enorme quantità di titoli a basso prezzo messi in circolo, anche alcuni editori illuminati hanno dimostrato di non saper dominare la paura”. Ciccaglioni non pretende di fermare il progresso: “Le innovazioni non si bloccano”, ma è convinto della complementarità almeno a medio termine dei due medium in nome dei quali si è dato il via a una guerra santa dagli esiti imprevedibili. “L’amministrazione Veltroni 8 anni fa contribuì con 50 mila euro all’apertura di 20 librerie in periferia. Hanno chiuso già in 18 perché aprire è facile, ma non chiudere, difficilissimo. Serve formazione, mentre oggi il mestiere del libraio si limita a impilare libri e a custodire la merce. Senza contatto umano o scambio, i luoghi muoiono”.
NELLA STAGNAZIONE MONDIALE del mercato letterario, all’estero si è intervenuti con coesione popolare e istituzionale. Forse con la cultura non si mangia, ma sfamarsi con il bello allevia le angustie: “La Hune a Saint Germain è stata salvata” dice Ciccaglioni “Ovviando al caro degli affitti con il reperimento di un’altra sede nei pressi della precedente ubicazione”. Oltre Chiasso, il sottinteso, si osserva la tempesta senza paratìe adeguate a reggere l’urto di un conflitto nuovo che in America copre il 25% del mercato e anche da noi, pur con le spalle ancora strette, crescerà: “Non mi arrendo all’idea che colossi telematici in grado di perdere denaro per anni possano uccidere decenni di ricerca, sentimento e lavoro pesantissimo sui volumi”. Mostra antiche edizioni facendo correre le dita tra le pagine, prepara iniziative e incontri per il 24 febbraio con Sinibaldi, Laterza, De Mauro e la ‘banda’ del Forum del libro: “Nel giorno delle elezioni le librerie indipendenti italiane rimarranno aperte”, divide l’assegno concesso da Mauri e Ottieri a Venezia (5.000 euro) con i dipendenti, dardeggia gesti e simbolismi con la stessa forza dei vent’anni. Intorno è cambiato tutto. Ma non cedere, circondati dai demoni, somiglia a un coerente manifesto dostojevskiano: “Bisogna essere davvero un grand’uomo per saper resistere anche contro il buon senso”.