Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 19 Martedì calendario

MILANO — E

la sfiducia si rifece viva, compressa tra le righe di un codicillo. Una nota scritta in fondo al prospetto di un bond tedesco che scade nel 2015, quotato a Vienna e venduto esclusivamente nel nostro Paese da una banca francese. Ed ecco, in sintesi, la clausola diffidente: «Pagheremo cedole e capitale nella valuta che avrà corso legale in Italia».
La fine dell’euro sembra, per ora, uno scenario superato. Anche alcuni cavalieri della Grande Rottura hanno deposto le armi polemiche e le scommesse al ribasso sui Btp. Ma, a pochi giorni dalle elezioni politiche italiane, evento a cui le grandi banche internazionali continuano a dedicare approfondite e preoccupate analisi finanziarie, arriva sul mercato una piccola obbligazione societaria targata Mercedes-Daimler con una tacca rossa in fondo al tachimetro. Il bond, insignito da Moody’s del rating A3 è infatti protetto, secondo un report della stessa agenzia citato da «Bloomberg», da una garanzia che si riferisce all’utilizzo della «moneta convertibile e liberamente circolante che, al momento dei pagamenti dovuti, sarà la valuta con corso legale dell’Italia».
In parole povere: se è l’euro bene. Altrimenti bene lo stesso, ma noi onoreremo il debito nella nuova valuta.
Formalità? Cavilli legali? Certamente in campo extra finanziario contratti con riferimenti a ipotetici cambiamenti valutari, nell’ultimo anno di passione ne sono stati siglati. Nel frattempo la febbre sui nostri titoli di Stato è scesa parecchio. Lo spread, la distanza di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi, è ritornato su dimensioni ben più fisiologiche di quelle che facevano temere il peggio.
Eppure, evidentemente, non basta. Il minibond con la sua clausola possibilista è lì a ricordare che la strada per uscire dal guado finanziario — e da quello ancora più profondo della mancanza di crescita economica — è ancora piuttosto lunga e accidentata.
Ed ecco i numeri. Il 12 febbraio è arrivata sul mercato l’emissione di Mercedes Benz Financial Services Italia, garantita da Daimler. Sono solo 150 milioni di euro, una taglia decisamente piccola sul mercato corporate. Il bond è interamente destinato al mercato italiano anche se sarà quotato a Vienna. Un prestito per grandi investitori (il taglio minimo è 100 mila euro) che è collocato dal lead manager Bnp Paribas.
Anche la durata è breve: scade il 21 agosto 2015, vale a dire tra due anni e mezzo. E non è a tasso fisso: paga una cedola calcolata aggiungendo all’Euribor trimestrale (il tasso interbancario dell’Euro) un quid pari a 60 punti.
Se non è un cavillo, assomiglia a un hedge: uno scudo per il peggio. Lasciandosi aperta la porta di denominare nella valuta «legalmente circolante» il debito collocato sul mercato italiano, Mercedes-Daimler immagina probabilmente un’operazione di riequilibrio tra attivi e passivi nella stessa valuta. Se l’Italia dovesse uscire dall’euro i loro investimenti nel nostro Paese sarebbero infatti a loro volta denominati in lire (o quel che sarà) e non più in euro.
Giuditta Marvelli