Alessandro Profumo, Il Sole 24 Ore 17/2/2013, 17 febbraio 2013
«PERCHÉ IL MONTEPASCHI CHIEDE PIÙ RISPETTO»
Le vicende giudiziarie che hanno riportato l’attenzione su Mps sono gravi e non mancheremo di mettere in atto ogni forma di tutela e di rivalsa nei confronti di chiunque abbia procurato danni al Monte. Ma sono fatti che ormai appartengono al passato ed oggi c’è una banca diversa, impegnata in un concreto rilancio da circa 9 mesi. È proprio l’operazione trasparenza condotta dal nuovo management e dal Cda ad aver alimentato il flusso di nuove notizie. La pulizia di bilancio sui costi del personale non correttamente contabilizzati, la riscrittura di alcune operazioni come «Santorini» e «Alexandria» e le altre iniziative di grande trasparenza sono la conseguenza della ferma determinazione di voltare pagina.
In queste settimane, però, sul Monte dei Paschi di Siena è stato detto di tutto. Fabrizio Viola ed io siamo intervenuti utilizzando ogni strumento di comunicazione per dare una corretta informazione su ciò che sta facendo la banca e sulle sue reali condizioni. Insieme a noi hanno lavorato intensamente le strutture della direzione generale per consentire alla nostra rete di rispondere alle legittime domande dei clienti. Come prima cosa devo infatti ringraziare i nostri dipendenti, che si sono dimostrati ancora una volta straordinari, e coloro che hanno confermato la fiducia nel Monte. Fortunatamente sono la grandissima maggioranza.
Purtroppo, la cattiva informazione, continuamente alimentata da dichiarazioni poco responsabili di esponenti politici anche di primo piano, continua a definire Mps come una banca fallita o sull’orlo del crac, bisognosa di salvataggio da parte dello Stato e quindi, implicitamente, dei cittadini, sui quali ricadrebbero i sacrifici. Si parla di buco da coprire, di debiti da ripagare, facendo finta di non ricordare la reale origine del problema e si dimentica pure che il rispetto di certi requisiti patrimoniali ha poco a che vedere con la solidità dell’azienda e la sua capacità di essere al servizio delle famiglie e delle imprese.
La richiesta dei "Nuovi strumenti finanziari" per 3,9 miliardi viene in gran parte da un calcolo effettuato dall’European Banking Authority che ha deciso di considerare la svalutazione teorica dei titoli di stato nel portafoglio delle banche. La diminuzione di fiducia nei confronti dell’Italia, vale a dire della sua capacità di ripagare il debito pubblico, ha colpito in modo particolare chi, come Mps, aveva puntato troppo proprio sul "rischio Paese". Verrebbe qui da far notare, a chi parla a sproposito di peso che ricade sulle spalle dei contribuenti, che lo Stato oggi viene chiamato ad intervenire dove, paradossalmente, è nato il problema: la credibilità dell’Italia è calata ed ha svalutato i Btp in possesso della banca, adesso il governo si fa carico del sostegno per colmare il gap creato dalla perdita di valore "mark to market" dei suoi Titoli.
I "Monti Bond", inoltre, sono un prestito che si paga molto caro: si parte da un interesse del 9% e si arriva, con incrementi dello 0,5% ogni due anni, ad un tasso del 15%. Non mi pare che si tratti di un finanziamento a fondo perduto e, soprattutto, non sono soldi che servono ad un salvataggio, a differenza di quello che è successo in tutto il resto d’Europa. Lo dimostra il fatto che da quando è stato effettuato lo stress test dell’Eba, nell’autunno 2011, è passato un anno e mezzo ed il Monte dei Paschi non ha evidenziato problemi nella sua operatività corrente.
Allora, se è vero che esiste una strumentalizzazione dovuta al periodo di campagna elettorale, e tutti lo sappiamo, non è accettabile che l’obiettivo politico non tenga conto degli effetti negativi sulla terza banca italiana, con 30.000 dipendenti e 6 milioni di clienti. Oltre alle ricadute sul Paese stesso, visto come incapace di affrontare una criticità relativamente piccola al confronto di quelle, molto più complesse, rapidamente risolte dagli altri.
Oggi la ripresa del Monte dei Paschi di Siena passa per tre grandi obiettivi: la solidità patrimoniale, l’equilibrio finanziario ed una redditività sostenibile. Anche dovendo convivere con una mole consistente di eventi straordinari da gestire, da maggio 2012, una volta insediato il nuovo Consiglio di amministrazione, sono state fatte cose, in termini di efficacia e quantità, difficili da portare a termine anche in condizioni di estrema tranquillità. È il caso di sottolinearle, in primo luogo per dimostrare che questa è una banca viva, con altri 540 anni di storia di fronte ed un percorso di piena autonomia, ma anche per dare il giusto riconoscimento a Viola ed alla sua squadra, rinnovata quasi totalmente con l’inserimento dall’esterno della responsabile del personale, del Cfo, del capo dell’Area Finanza, del Chief risk officer e del Chief Operation Officer.
Il rilancio è partito con la definizione del piano industriale 2012-2015, presentato al mercato alla fine di giugno dello scorso anno. Subito dopo è iniziata la procedura di negoziazione con le organizzazioni sindacali per riscrivere il Contratto integrativo aziendale, per i prepensionamenti (un migliaio) finanziati da meccanismi di solidarietà e per la creazione di una società esterna attiva nel mercato del Back office in cui confluiranno oltre mille persone.
L’accordo raggiunto a dicembre con la maggioranza dei sindacati consentirà di ridurre il personale senza mettere in discussione i posti di lavoro - a parte un centinaio e più di dirigenti già usciti dal Gruppo - con un taglio dei costi di circa 300 milioni annui (al 2015) da sommare ai 300 delle altre spese amministrative, fra cui le sponsorizzazioni, che non andranno oltre la scadenza dei contratti in corso. Sono 600 milioni in meno su un totale di 3,5 miliardi all’anno ed è l’azione più incisiva che sia mai stata fatta da una banca in Italia.
La revisione dello statuto ha permesso la nomina di un Amministratore delegato e l’attribuzione delle relative deleghe, alcune delle quali ad alto impatto "politico" come quella che consente a Fabrizio Viola di assumere e licenziare dirigenti.
L’assemblea degli azionisti, a sua volta, ha delegato il Cda a realizzare un aumento di capitale senza diritti d’opzione per 1 miliardo di euro. Questo comporterà un cambiamento significativo della compagine azionaria con una conseguente riduzione del peso della Fondazione.
Alla fine dell’anno è stata ceduta Biverbanca, operazione che, al di là del beneficio patrimoniale, ha permesso l’uscita di oltre 700 dipendenti senza alcun impatto sociale.
I Cda delle controllate sono stati rinnovati alla scadenza evitando di inserire nomine riconducibili alla politica e con un risparmio di 1,5 milioni.
La rete commerciale è stata completamente ridisegnata per renderla più efficiente: le Aree territoriali si sono ridotte da 12 ad 8, le Direzioni territoriali mercato da 115 a 62 ed è prevista la chiusura di 400 filiali, individuate perché troppo vicine ad altre del Gruppo o sottoperformanti. Di queste, 100 sono già state chiuse, altre 200 lo saranno entro giugno, senza ricadute sul personale e mantenendo quasi tutti i clienti.
Sta infine cambiando completamente la modalità di gestione del personale, con un nuovo sistema motivazionale e di incentivi basato sull’acronimo LPO che vuol dire, semplicemente, "Lavorare Per Obiettivi". Può sembrare banale ma è una vera rivoluzione.
Questo per dire che motivi concreti per guardare con fiducia al futuro del Monte dei Paschi di Siena ce ne sono. È già abbastanza sconcertante che le cose serie passino sottotraccia nel polverone di chi le spara più grosse, quello che le persone di questa banca chiedono è solo un po’ più di rispetto e di consapevolezza.
Alessandro Profumo è presidente del Monte dei Paschi di Siena