Gaia Piccardi, Corriere della Sera 18/02/2013, 18 febbraio 2013
SOLDINI, IL DOMINATORE DEI MARI «SENZA RISPETTO, CAPO HORN TI FREGA» —
Ha messo a nanna Maserati con una carezza di profonda riconoscenza e dato il rompete le righe all’equipaggio. Ha un bicchiere di rosso della California in mano e le tasche dei jeans, che gli cascano di dosso, piene di 47 giorni, 42 minuti e 29 secondi di mare, vento, onde, albatros, balene, globicefali, iceberg, nella materia di cui sono fatti i sogni ha galleggiato per 13.225 miglia, due Oceani e un Capo. Il giorno dopo, Giovanni Soldini trabocca di sensazioni, e ha voglia di condividerle.
Capitano, qual è stato il momento peggiore da New York a San Francisco.
«Come impegno fisico, Capo Horn e i due giorni dopo, al gelo e di bolina. Ma l’unico momento in cui ho pensato potesse davvero buttar male è stato prima delle Falkland: in un maledetto temporale abbiamo rotto in un botto 4 stecche della randa, e a bordo di scorta ne avevamo 3. Ecco, lì ci siamo giocati un bel jolly».
Nove uomini in 21,5 metri per sette settimane: confessi l’inconfessabile.
«Ma no, l’equipaggio era superfigo, fior di professionisti. Nessun problema di carattere. È chiaro che degli screzi ci sono stati, però nella norma».
Tipo?
«Avevamo soprannominato Maserati la leonera, perché una certa puzza di bestia sotto coperta, a un certo punto, c’era. Ecco, c’era uno che spruzzava il Gled assorbi odori. Sulla mia barca?! Non esiste!».
La pancia vuota, alla fine, non rasserenava gli animi.
«Il cibo di base non ci è mai mancato. Sono finiti presto gli sfizi. Ma i biscotti pesano un casino e tre pacchi alla settimana, con nove lupi affamati, si sono volatilizzati».
I turni erano importanti per mantenere una routine e l’ordine. Ha dovuto alzare la voce per farli rispettare?
«Io sono un grande sostenitore del buon senso, e delle regole applicate con criterio. I navigatori anglosassoni sono militareschi. I neozelandesi vietano il caffè. Ma Maserati è una barca italiana e comando io! Abbiamo navigato in modo latino e quindi rivoluzionario, ciascuno responsabilizzato per il suo ruolo».
Alcol e tabacchi vietati ai minori?
«Siamo partiti con due bottiglie di whiskey e due di vino rosso, una di Calvados scolata a Capo Horn, 6 sigari e le sigarette di Guido (a cui le abbiamo fregate). Praticamente, una ciurma di educande!».
Le informazioni dal mondo reale vi arrivavano?
«Navigare su Internet per diletto è fuori discussione: distrae e costa mille euro al giorno. Internet ci serviva per mandare i video al sito e scaricare le mail di lavoro e dei familiari. Stop».
Ha saputo delle dimissioni del Papa a poche miglia da San Francisco. Cosa ha pensato?
«Embé?».
Ha sempre intenzione di tornare in Italia per votare?
«Certo!».
Ha chiarezza?
«Sui principi in cui credo, sì. A La Spezia, dove vivo, c’è una centrale a carbone che riempie la città di polveri sottili. In Italia abbiamo un quarto dei pannelli solari della Germania, che ha un terzo del nostro sole. Ed è inutile prendersela con i petrolieri e il protocollo di Kyoto se trattiamo il pianeta come una discarica. Non vedo in giro politiche rivoluzionarie per l’ambiente, che è il nostro futuro. Una politica energetica pesantemente schierata, invece, sarebbe ora di farla».
Le hanno mai chiesto di candidarsi?
«No».
Lo farebbe?
«Ma sei fuori?! Il cambiamento parte dai singoli e io, a casa mia, i pannelli solari ce li ho».
Ha incontrato molta spazzatura, in giro per Oceani?
«Questa volta no. Quello che si nota sono i cambiamenti climatici. Gli iceberg a Capo Horn anni fa non c’erano. Si sta sciogliendo tutto. A me hanno insegnato che la corrente è la memoria dei venti. Non è più così. Avevamo tre modelli meteo diversi e a volte abbiamo preso cantonate pazzesche. La natura è diventata imprevedibile e più violenta: basta un forte temporale per cancellare un paese delle Cinque Terre. Abbiamo incasinato tutto, e andrà peggiorando. Non potendo contare sull’intelligenza dell’uomo, spero in quella della natura».
I social sono esplosi: 100 mila followers, contatti record al sito.
«Incredibile... Forse quello che faccio è una roba positiva, che piace: l’uomo in mezzo al mare, l’avventura, il fascino di confrontarsi con gli elementi...».
Confrontarsi e non sfidare. La scelta del verbo è interessante.
«Se andassi a vela per sfidare Capo Horn, sarei un pazzo. Se Capo Horn non avesse voluto, e se noi non l’avessimo trattato con rispetto, non saremmo passati e addio record. Ti confronti con cose molto più grandi di te, torni umile, ti riconcili con una dimensione umana che spesso, a terra, si tende a perdere. Io il mare di Capo Horn l’ho ringraziato, di cuore».
Sta parlando di una dimensione spirituale della vela? «Spirituale non lo so... Esistenziale, se non altro».
Le ali della libertà.
«Sì, però anch’io, a casa, ho una moglie, quattro figli, il commercialista e l’Imu da pagare! Ma è vero che c’è una parte di noi che vuole andare dietro ai sogni di bambino e forse qualcuno si riconosce nel fatto che io ho provato a realizzare i miei».
Da solitario è più in contatto con se stesso?
«Da solo le sensazioni sono ancor più amplificate, ma condividere con l’equipaggio, mischiare le culture e le diverse esperienze, è più arricchente».
Messo il record in cambusa, quali sono i programmi?
«La Transpac, da Los Angeles a Honolulu (con John Elkann al timone, ndr), a luglio. Poi Maserati potrebbe essere interessata al mercato cinese. La rotta del té, Hong Kong-Londra, è affascinante. E prima o poi vorrei tornare in nord Atlantico: quel record mi è rimasto sul gozzo».
Regaterà ancora da solo?
«Penso proprio di sì».
E la Coppa America? Perché la snobbano?
«Non c’è problema, anche se sui catamarani Ac72 un giro e due sgommate me le farei volentieri!».
Ma insomma, Giovanni: a 46 anni ha capito da grande cosa vorrà fare?
«Vivere in barca di espedienti: caccia, pesca, improvvisazione. Con i miei figli. Non chiedo molto».
Il senso di Soldini per la vela, e la vita.
Gaia Piccardi