Pierluigi Battista, Corriere della Sera 18/02/2013, 18 febbraio 2013
CONSIGLI (NON RICHIESTI) AI LEADER PER IL RUSH FINALE
Già muniti di espertissimi spin doctor, i leader affrontano l’ultima settimana di campagna elettorale con la speranza di ottenere risultati significativi. Hanno ragione: perché l’ultima settimana ha un effetto deflagrante sugli indecisi. Ecco, non richiesti, alcuni consigli spassionati, puramente tecnici, e quanto più è possibile non dettati dalle ovvie preferenze di chi consiglia. Saranno consigli inascoltati. Ma tentar non nuoce.
Pier Luigi Bersani
Ha rassicurato il suo popolo, confermando l’insediamento di chi già, da tempo, ha scelto il Pd. Con le primarie ha compiuto il suo capolavoro. Oggi però la rendita è finita e non basterà l’ostentazione del trofeo del nuovamente coccolato Matteo Renzi per attirare un elettorato che non si è mai riconosciuto nella linea e nell’immagine tradizionali del Partito democratico. Dovrebbe smettere di calarsi troppo nell’imitazione di Crozza. Il «giaguaro da smacchiare», come si è visto a Sanremo, non fa più ridere. Deve considerare che l’entusiasmo non è un disvalore demagogico e che la retorica del «voto utile» non è affatto sufficiente. In questi giorni residui dovrebbe sforzarsi, oltre a strappare l’applauso scontato di chi già vota Pd, di elaborare una proposta chiara e non fumosa di cui l’elettore indeciso possa dire: «Ecco, questa mi piace». Cercare lo sprint finale per non farsi sorprendere a un metro dal traguardo.
Silvio Berlusconi
L’esuberanza cinetica non basta più, l’ubiquità in tutte le trasmissioni tv sta esaurendo la sua spinta propulsiva. E la voglia di stupire rischia lo scivolone di scenette imbarazzanti come la signora molestata sul palco e di gaffes come quella sulle commissioni (tangenti) che non sarebbero reati. Deve inventarsi una nuova proposta tipo la restituzione dell’Imu per dimostrare di saper ancora dettare l’agenda elettorale. Dovrebbe smettere di delegittimare i suoi concorrenti (Grillo, e addirittura Giannino) per non fare gli stessi errori che gli avversari hanno sempre fatto con lui: demonizzarlo, con l’effetto di monumentalizzarlo.
Mario Monti
L’operazione cagnolino non basta più: i suoi potenziali elettori lo sceglierebbero per il suo rigore, non per la sua simpatia umana. I voti che può strappare alla sinistra sono stati oramai incassati, sarebbe inutile insistere. Gli rimangono alcuni milioni di voti instabili e frastornati di centrodestra e aver dato del «cialtrone» a Berlusconi non è stata una scelta lungimirante. L’immagine che deve confermare è il realismo, la credibilità, l’affidabilità internazionale. Nel tempo che resta indichi concretamente due o tre misure che possano stimolare la crescita economica oltre che il pareggio del bilancio statale. Insista sul confronto tv con gli altri leader, anche se sono televisivamente dei marpioni in confronto a lui: rafforza l’impressione di un premier che non si tira indietro ed è convinto delle proprie risorse.
Antonio Ingroia
Forse nell’ultima settimana potrebbe diradare la nebbia penitenziale che circonda la sua figura e nascondere quanto più è possibile la compagnia degli alleati, molto «vecchia politica», che si sono riparati sotto le insegne di «Rivoluzione civile». Le sue chances di superare la soglia fatale del 4 per cento sono legate all’immagine anti Monti di una sinistra «antagonista» perplessa dal neomoderatismo del Vendola pro Bersani e dell’indifferenza del grillismo verso i temi tradizionali del lavoro in senso classico. È consigliabile anche un’iniezione di energia che dia il senso di una politica che assomigli a qualcosa come la «passione».
Oscar Giannino
Dovrebbe incassare il regalo promozionale che gli sta facendo Berlusconi e che lo ha strappato al rango delle liste «minori» con nessuna possibilità di successo. Ma se è inesistente la possibilità di diventare premier (dunque evitare fruste formule retoriche topo: «ecco cosa farà nella prima seduta del Consiglio dei ministri») è diventata concreta quella di raggiungere la soglia del 4 per cento per entrare in Parlamento. Dire perciò qualcosa di opposizione e non solo di governo. Confermare il look: funziona.
Beppe Grillo
Dovrebbe commettere qualche errore, sperando che i suoi avversari, traumatizzati dai successi del leader del Movimento 5 Stelle, cadano nella tentazione di imitarlo, facendo la frittata finale. Ha un solo compito in questa settimana: continuare come ha fatto. Sta sempre in tv facendo finta di non andare in tv. I suoi comizi-spettacolo richiamano moltissima gente e riempiono le piazze, il suo linguaggio calamita una quantità di elettori della più varia estrazione dimostrando l’obsolescenza di categorie ossificate come «destra» e «sinistra». È l’one man show, che piace anche quando mette il bavaglio ai suoi dissidenti. Che macina chilometri mentre gli altri sembrano ingessati e prevedibili. Unico consiglio: non faccia apparire troppo Casaleggio, potrebbe turbare l’elettorato.
Pierluigi Battista