Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 18 Lunedì calendario

MA CHE NOIA TUTTI QUEI PASSAGGI UN LIBRO FA A PEZZI IL “TIQUI TACA”


Alla fine s’alzò una voce nel deserto e quella voce disse: «Che palle ‘sto Barcellona! ». È una provocazione solitaria ma non gratuita quella che Michele Dalai affida al suo pamphlet
Contro il tiqui taca,
sottotitolo
Come ho imparato a detestare il Barcellona(Mondadori, pp. 120, 10 euro), da domani in libreria nell’imminenza di Milan-Barça. Dove si prova a spiegare che forse il re non è nudo, ma noioso sì.
La squadra più grande al mondo? Una tediosissima sessione
di cucito: ore e ore di possesso palla per umiliare l’avversario, che alla fine esce rimbambito da tutti quei tocchetti. Milioni di passaggi da due metri, sostiene Dalai, non ne valgono uno riuscito da trenta. Gli artisti del Barça altro non sarebbero che animaletti da circo bene addestrati, costretti sin dalla più tenera età a riflessi condizionati da cani di Pavlov. Compreso il sommo giocoliere Messi, peraltro così banale quando apre bocca, e guai a chi osa accostarlo a Maradona: perché Leo prende (tutti giocano per lui) dove Diego dava (lui giocava per tutti).
Dedicando il suo libello «a ogni contropiedista», Michele Dalai opera una scelta di campo e si dichiara subito: il calcio è uno sport sporco, fatto di caso e astuzia, non certo una scienza e meno che mai un progetto d’intrattenimento di massa. Perciò il Barcellona non è bello, è retorico e lezioso. I suoi protagonisti sono bulimici innamorati della palla che godono di unanimi consensi: così si manifesta, secondo
l’autore, lo stucchevole buonismo pedatorio che scambia la freddezza per bellezza: trattasi invece di gesti automatici di polli d’allevamento, a questo si ridurrebbe la famosa scuola della “cantera”. E chi non si adegua, fuori: sia pure un fuoriclasse come Ibrahimovic, espulso dal Barcellona come un pernicioso corpo estraneo.
Per non farsi mancare niente, il pamphlet non nasconde i sospetti di doping che accompagnano il Barça, nell’alveo di quello sport spagnolo ancora tutto da dragare, da Fuentes in poi, passando per Nadal e Contador. Tanta roba, destinata a far discutere tra un milionesimo palleggio e l’altro.