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 2013  febbraio 18 Lunedì calendario

PREGHIERE E PENITENZE FINO ALL’ELEZIONE PER BENEDETTO XVI È IL TEMPO DEL SILENZIO


INIZIA oggi in Vaticano, una settimana di esercizi spirituali cui parteciperà anche il Santo Padre. Non è questa una coincidenza straordinaria, a pochi giorni dell’annunciata fine del suo pontificato? È come se il papa avesse voluto scegliere questo momento per annunciare la sua storica decisione, proprio per questa inevitabile vicinanza tra Quaresima e Conclave. Forse anche il suo recente messaggio su Twitter, che definiva il tempo della Quaresima come «tempo favorevole… della vita della Chiesa», va letto in questa chiave.
Di solito, quando si parla degli esercizi spirituali papali, i media mettono soprattutto in rilievo il nome del predicatore prescelto dal papa. Quando il cardinale Laurent Mosengwo Pasinya fu chiamato a predicare nel 2012 alla Curia romana gli esercizi spirituali di inizio Quaresima, fu scritto che il cardinale africano avrebbe ormai fatto parte dei cardinali papabili. E così si mormora anche oggi, per l’attuale predicatore degli esercizi pontifici, il cardinale Gianfranco Ravasi.
Quest’anno però gli esercizi spirituali del papa, gli ultimi del suo pontificato, fanno riflettere su un elemento importante per l’intera storia del papato, ossia il fatto che il papa non è un monarca qualsiasi, ma occupa un ufficio di grande responsabilità religiosa e spirituale, dove la preghiera e persino il digiuno, inteso come momento di penitenza, coesistono con altri gesti, riti e simboli che nel passato mettevano molto di più l’accento sulla gestione del potere, sull’affermazione della sua sovranità e così via. E sono gesti che fanno anche parte della storia del conclave perché il conclave deve appunto eleggere soprattutto il vescovo di Roma e il capo della Chiesa.
Ma continuiamo con le coincidenze. Proprio il papa che di solito viene considerato come il rappresentate più emblematico del potere temporale dei papi nel Medioevo — Bonifacio VIII (1294-1303), successore di Celestino V — è il papa che è stato raffigurato per la prima volta in preghiera, in una statua che si conserva al Laterano, nella cappella della Crocefissione. Bonifacio VIII porta la tiara ed è inginocchiato, appunto, in preghiera,
probabilmente di fronte a Cristo o alla Vergine. E anche nel mosaico di Jacopo Torriti, posto nella sua cappella funebre, all’interno della basilica vaticana, il papa è raffigurato in preghiera tra Pietro e Paolo davanti alla Madonna e Gesù bambino. Entrambe le volte indossa la tiara, che non può essere un semplice simbolo del potere temporale
del papa.
Altra coincidenza. È un caso se una delle prime cose che sappiamo su come si celebrava l’elezione di un papa riguardi la preghiera? Già nel V-VI secolo le orazioni venivano rivolte al nuovo papa eletto dai vescovi di Albano, Porto e Ostia, che saranno poi chiamati “cardinali suburbicari” perché erano i più vicini all’Urbe, ossia alla città del papa.
Continuiamo. Prima di entrare in conclave, stando alle mille descrizioni dell’epoca moderna così ricche di particolari, i cardinali, vestiti di sottana, fascia, rocchetto e mozzetta dovevano passare in chiesa ad adorare il Sacramento chiuso nel ciborio. Nel momento di entrare in conclave — e così avverrà fra qualche giorno — i cantori della cappella pontificia intonavano l’inno
Veni creator spiritus.
Prima della processione i cerimonieri distribuivano ai cardinali un libretto contenente le «preghiere da recitarsi in conclave durante la Sede vacante». Poi, ogni giorno del conclave, suonavano il campanello davanti a ogni cella cardinalizia per avvertire i cardinali di prepararsi ad andare in cappella. Il legame fra preghiera, penitenza ed elezione di un papa può forse oggi apparire naturale, dato che il papa non ha più, da quasi un secolo e mezzo, alcun potere di natura temporale. Ma non è curioso che proprio il decreto che instaura il conclave, promulgato nel 1274 da Gregorio X, segnala la necessità che il conclave sia preceduto dal digiuno?
Forse una spiegazione c’è: proprio nel Medioevo, la sacralizzazione della figura papale fu accompagnata da un contrappeso, in termini di penitenza e di purificazione. In fondo, proprio il colore bianco della veste del papa — e del cavallo del papa — fu interpretato in questo senso, per esempio da San Bonaventura. Anche il papa dunque deve fare penitenza e seguire gli esercizi spirituali. E lo fa da secoli. Con gesti che variano secondo le personalità e i momenti. Sappiamo che subito dopo essere stato incoronato Clemente IX (1667) si recò immediatamente nella basilica di San Pietro per confessare i fedeli. Clemente XI (1700-1721) andava in San Pietro per confessare tutti i sabati santi. E cosi via. Del resto, anche il papa doveva avere un confessore personale, di cui abbiamo notizia fin almeno dal Duecento in poi. Preghiera, penitenza, papato, conclave. Sono elementi che riecheggiano con forza nelle parole di Benedetto XVI: «Rimarrò nascosto al mondo ma vicino nella preghiera». Frase di un papa dimissionario, ma che si iscrive in una lunga storia di spiritualità pontificia.