Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 16/2/2013, 16 febbraio 2013
SEGRETARIE, UFFICI, SCALATE E ROSE ROSSE: TUTTI I FALSI DI MR. PROTO
[Il “talento” dell’ex finanziere arrestato il gip: nessuna telefonata per acquisto azioni] –
C’è una storia che unisce il caso Proto al caso Formigoni. La vicenda inizia nel luglio scorso, quando a chi scrive, ma anche ad altri giornalisti, arrivano alcune email firmate da Francesca Molinari. Si presenta come una ragazza di 24 anni, ex collaboratrice di Alessandro Proto, finanziere d’assalto: “Ho lavorato per lui dal 2010 al marzo 2012. Lavoravo a Lugano, poi quando hanno chiuso Lugano sono stata un po’ a Milano e poi mi hanno cacciata”.
Fango o non fango: da Lugano con furore
Francesca vuole vendicarsi: passando notizie sul suo ex datore di lavoro. Ecco la più succulenta, che riguarda proprio lo scandalo del momento, cioè l’inchiesta sul presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e il suo faccendiere per la sanità Pierangelo Daccò: “Proto e Daccò avevano affari insieme”, scrive Francesca, “e Formigoni è venuto ad aprire un conto a Lugano e l’ha accompagnato Proto”. E ancora: “Un anno e mezzo fa circa, venne Formigoni in ufficio da noi a Lugano e lo ricevette Proto direttamente ed era venuto anche quel Daccò e parlavano di aprire un conto. Gli appuntamenti erano blindati. Li faceva solo Proto. Poi ogni tanto chiamavano dalla Regione o dall’ufficio di Daccò... La prego solo di non nominare il mio nome, non voglio avere grane”. I messaggi diventano via via più precisi: “Dai primi mesi del 2010 a marzo 2012 ho visto con i miei occhi Daccò due volte (verso febbraio-marzo 2011) entrare in ufficio a Lugano e una volta Formigoni”. Ma diventano soprattutto insistenti e aggressivi: “Io quello che vorrei è che sputtanaste Proto”. E ancora: “Voglio che, prima di incontrarti, Proto sia sputtanato. Riprendi l’articolo del sito Linkiesta o fai quello che vuoi, ma fallo”. Chi scrive risponde pazientemente che un giornalista non lavora così, che prima di scrivere ha bisogno di conferme e che vuole almeno vedere in faccia la sua informatrice. Francesca tira in lungo. Prima dice di essere in vacanza in Spagna. Poi di essere tornata in Italia, a Como. Ma agli appuntamenti fissati non si presenta. Intanto nei suoi messaggi infila, come fossero vere, le mirabolanti imprese di Proto, i suoi affari milionari, le sue (false) scalate al San Raffaele, a Rcs, Tod’s, Fonsai, Unicredit... Per essere più credibile, coinvolge nelle comunicazioni con i giornalisti del Fatto Quotidiano anche Sabrina Valleverde, che si presenta come la spaventatissima segretaria di Proto. E allega anche alcune email in cui si offre come testimone d’accusa contro Formigoni al pm Laura Pedio, che sta indagando su Daccò. In procura, però, Francesca non si presenta. È a questo punto che Pedio ordina alla polizia giudiziaria una ricerca: chi è Francesca Molinari? L’unico indizio è il suo indirizzo email: mo linari_1988@libero.it , aperto il 14 febbraio 2012 da Francesca Molinari, nata il 24 marzo 1985 e residente a Como. Ma dagli accertamenti di polizia “non risultano persone che rispondono a questi dati”. Non esiste neppure Sabrina Valleverde, appurano gli investigatori. Per attivare la casella di posta molinari_1988 era stato usato l’indirizzo vassadre@gmail.com , che a sua volta aveva come indirizzo di riferimento vitto- rio.volpi@gmail.com . Gli investigatori chiedono a Google chi ci sia dietro: due numeri telefonici italiani, uno attivato nel 2010 a Bolzano, intestato a Kathrin Gafriller, di Bressanone, 24 anni, ma dal 2011 inattivo; l’altro è – sorpresa! – un numero di telefono dello stesso Proto. Insomma: Francesca Molinari non esiste. Era il Totò della Bocconi, che alla Bocconi non si è mai neppure iscritto, a seminare notizie false su Formigoni, mettendo comunque se stesso, ancora una volta, al centro della scena.
La lettera di Mediobanca “fabbricata” al computer
Ora sappiamo che tutti i suoi annunci di business erano fasulli (lo ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare: “Gli accertamenti compiuti sull’intera operatività” di Alessandro Proto “nonchè gli ascolti telefonici condotti per oltre due mesi” portano “univocamente ad escludere che egli si occupi veramente di operazioni di trading in Borsa per conto di investitori italiani o esteri”); che i nomi dei suoi finanziatori indiani o brasiliani erano inventati come in un film di Totò; che mandava in giro attestazioni di Mediobanca costruite al computer, incollando il marchio della banca d’affari su lettere che si produceva da sé; che erano senza soldi veri anche gli annunciati acquisti di Pubblico e del Fatto; e che il suo unico affare concreto era quello del fondo Caronte, con cui traghettava ignari imprenditori nel mondo della truffa, promettendo finanziamenti (inesistenti) in cambio di versamenti (reali) che incassava per poi sparire.
Le sedi all’estero? Semplici recapiti telefonici. E la bella sede milanese in Galleria del Corso? Proto aveva un contratto per l’utilizzo degli uffici di proprietà dei consulenti Di Stefano-Capizzi-Mazza: ma il contratto è scaduto il 30 dicembre 2011. Eppure molti gli hanno dato retta, anche sui giornali. Perfino ieri, Libero scriveva la commovente storia di un biglietto di San Valentino mandato alla fidanzata assieme a un mazzo di 200 rose rosse, con promessa di weekend da sogno. Ora che Proto è chiuso in cella, il weekend romantico è rimandato. Ma la fidanzata esiste davvero, o è della stessa sostanza di Francesca Molinari?