Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 19/01/2013, 19 gennaio 2013
FUTURISMO. LE RIVISTE ALLE ORIGINI DELLA MODERNITA’
Il libro di Claudia Salaris sulle Riviste futuriste, pubblicato dalla Fondazione Echaurren Salaris, è un testo fondamentale per vari motivi: per la vastità della ricerca e per il rigore scientifico con cui viene presentata; per avere riscoperto e salvato una quantità immane di documenti su un movimento che era scivolato ai margini della storia; per aver messo a disposizione di tutti la collezione privata delle riviste riproducendola in questo volume di 1183 pagine, dove i fogli e le illustrazioni futuriste sono accompagnate da schede in italiano e in inglese. Volume che tra l’altro è soltanto il primo di una collana nata con l’intenzione di affrontare nelle prossime pubblicazioni gli altri reperti della collezione, dalle riviste ai libri apparsi fuori dall’Italia, fino ai manifesti, cataloghi, cartoline, fotografie, autografi e altri prodotti usciti della fucina aperta da Filippo Tommaso Marinetti. Pablo Echaurren, oggi artista di fama internazionale, aveva cominciato a raccogliere questi materiali quando il movimento futurista era stato ormai rimosso da tempo, sia per preclusioni politiche e ideologiche dopo la sua adesione al fascismo, sia per l’atavica insofferenza della cultura italiana nei confronti dell’avanguardia, come sostiene Salaris. Echaurren avviò la sua collezione nel 1977. «Qualcuno mi disse che nei miei disegni c’era un’eco futurista. Sentii in questa osservazione una sfumatura di disprezzo. Io del futurismo all’epoca non sapevo niente e mi venne la curiosità di andare a vedere». La curiosità con gli anni divenne passione, condivisa da sua moglie Claudia, che al movimento ha dedicato molti studi tradotti in ogni parte del mondo. Oggi Claudia è in grado di raccontare anche gli aspetti più inediti e marginali del futurismo, come fa nelle schede di questo volume, trasformando una carrellata di fogli in una parata di storie affascinanti.Così la celebre pagina di «Le Figaro» del 20 febbraio 1909, con la prima pubblicazione del manifesto marinettiano, che apre l’inventario ragionato di Salaris, è accompagnata dalla visione del poeta poco più che trentenne che nell’alba piovosa di quella mattina si aggira tra i giganteschi autocarri colmi di verdure del mercato di Parigi, in attesa dell’apertura dei chioschi di giornali. Leggendo la scheda della copertina de «Il Cabaret del Diavolo. Gazzetta ufficiale delle Persone di Spirito e della Brigata degli Indiavolati» (maggio 1922) si scopre che il foglio era un’emanazione del cabaret aperto nei primi anni Venti a Roma, nelle cantine dell’Hotel Elite in via Basilicata 13. Il ritrovo aveva come insegna il motto «Gaudeo ergo sum». Fortunato Depero aveva disegnato i mobili e decorato le pareti del locale diviso in tre sale denominate Inferno, Purgatorio, Paradiso.Si ritrovano riviste uscite talvolta in un solo numero nelle province più sperdute, perché il futurismo volle essere un’avanguardia di massa, puntando a raggiungere un pubblico più vasto di quello che solitamente si interessava alle questioni estetiche e culturali. Così ecco il primo numero di «La Terra dei Vivi», pubblicato in sette fascicoli a La Spezia tra il giugno e l’ottobre del 1933 con l’intento di «vivificare tutti gli splendori naturali dei paesaggi italiani perfezionati e divinizzati dalla veloce vita aerea marina e terrestre umanamente valorizzati dalla organizzazione turistica e dal rinnovamento architettonico». Fogli fragili, perché stampati in carta economica, ma preziosi perché, come fa notare Salaris, «non solo raccontano un’esperienza passata ma ci riconducono alle origini di quella modernità in cui viviamo».
Lauretta Colonnelli