Luigi Ferrarella-Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 17/02/2013, 17 febbraio 2013
INTERCETTAZIONE SULLA VILLA, L’EX ASSESSORE AI PM: FU UN FAVORE A FORMIGONI —
«Siamo tutti adulti», taglia corto con i pm il consigliere regionale lombardo pdl ed ex assessore alla Cultura, Massimo Buscemi, a proposito di un suo colloquio con Roberto Formigoni il 10 febbraio 2012: nella vendita tra luglio e ottobre 2011 di una lussuosa villa in Sardegna da una società di Pierangelo Daccò ad Alberto Perego, convivente di Formigoni nella comunità religiosa dei Memores Domini, il prezzo di 3 milioni di euro era «decisamente inferiore rispetto a quello commerciale che nel colloquio con il presidente indico in 9-10 milioni, è evidente dalle carte che fosse un favore. E non c’è dubbio che il favore fosse nei confronti di Formigoni, siamo tutti adulti. Perché ho registrato il colloquio con lui? Intendevo utilizzare la registrazione per metterlo di fronte alle sue responsabilità qualora non avesse mantenuto le promesse fattemi, ma poi non l’ho mai usata».
Governatore registrato
Formigoni non è stato dunque intercettato solo dai magistrati, né registrato solo dal bancario trasformato dai pm in «microspia umana» al Pirellone: anche l’ex assessore, che ha sposato una figlia di Daccò, Erika, una volta ha registrato a modo suo un delicato colloquio con il presidente, telefonando dal proprio cellulare a quello del fidanzato della sorella della moglie, e lasciando acceso il telefonino mentre entrava al cospetto del governatore. Ma siccome in quel periodo il telefono di Buscemi (non indagato in questo fascicolo, lo sarà poi in altri) era intercettato dai magistrati, ecco che i pm vi hanno ascoltato il dialogo sull’acquisto della villa sarda ad Arzachena della società «Limes» di Daccò, che Perego nel 2011 comprò in parte smobilizzando alcune polizze e in parte con il milione di euro bonificatogli da Formigoni con la causale «mutuo concordato».
Incautamente «Giuda»
Nel febbraio 2012 Buscemi da un lato è furibondo con Formigoni per aver appena perso l’incarico di assessore regionale alla Cultura senza vedere soddisfatta la propria pretesa di un altro posto degno delle sue aspirazioni di immagine ed economiche («Non è possibile, Roberto, cioè io vengo a guadagnare 2.500 euro in meno in questo periodo qua!»), e dall’altro lato è pressato dai familiari del suocero che lamentano difficoltà economiche ora che Daccò è dal novembre 2011 in carcere (dove tra l’altro Buscemi entra usando le proprie prerogative di consigliere regionale). La scintilla, un po’ come per il “mariuolo” infelicemente affibbiato da Craxi a Mario Chiesa all’inizio di Mani pulite, è un’uscita tv di Formigoni: «In una intervista il presidente si era espresso in termini particolarmente offensivi nei confronti di Daccò, che come noto è il padre della mia compagna Erika, definendolo sostanzialmente come un Giuda, un traditore».
La registrazione
«Roberto, siamo nella cacca». Così Buscemi va in ufficio da Formigoni senza dirgli che in tasca ha un cellulare acceso: «Hanno chiamato in Tribunale Erika!... perché le chiederanno com’è quella storia della casa, vogliono sapere conto e ragione, come mai così poco...» (sottinteso: il prezzo di vendita). Formigoni, nell’audio disturbato, balbetta qualcosa («io...io...») che accende l’irritazione di Buscemi: «Ma cosa stai dicendo? Tre milioni contro 9 di valore commerciale! No guarda, Roberto, siamo nella merda fino a qua!! E tu forse non te ne stai accorgendo o fai finta di non accorgertene». Formigoni sicuro: «Ho le fonti». Buscemi sarcastico: «Ce le ho anche io le fonti, perché a noi arrivano gli avvisi di garanzia...». Formigoni: «Il problema, siccome mi sono impegnato a risolverlo, lo risolviamo». Il colloquio interessa alla polizia e alla Gdf soprattutto per il fatto che Formigoni non cade dal pero, mostra invece di capire benissimo a cosa il genero di Daccò si riferisca nell’evocare il divario di prezzo tra quello pagato (3 milioni) e quello di mercato che per Buscemi era addirittura 6 milioni in più, mentre ora i pm lo contestano prudenzialmente a Formigoni in 1,5 milioni in più. E tuttavia Formigoni «non ha alcuna reazione a quanto gli sta dicendo Buscemi».
Il corto circuito
Interrogato dai pm il 12 ottobre 2012, l’ex assessore aggiunge un altro carico: «Oltre alla non adeguatezza del prezzo, non mi sembrava il momento giusto per fare questo tipo di operazione». Interessante il motivo, che dà per scontata la consapevolezza di un corto circuito che invece Formigoni ha sempre affermato di sconoscere, e cioè l’intermediazione del suo amico Daccò per gli interessi del San Raffaele in Regione: «A luglio del 2011 si era suicidato Mario Cal (il vice di don Verzè, ndr), e quindi stava per scoppiare in tutta la sua gravità il caso San Raffaele, che è ente finanziato dalla Regione. Mio suocero lavorava per il San Raffaele, e la Regione si occupava di questioni di sanità. In questo senso ritenevo che non fosse opportuno in quel momento dare corso a un contratto di vendita di un immobile di grande pregio ad un prezzo di favore tra Daccò/Simone e Perego, perché quel contratto si risolveva nei fatti, per i rapporti che vi erano tra Perego e Formigoni, in un favore allo stesso Formigoni». Certo Buscemi non era mosso da spirito missionario nel presentarsi dal governatore col registratore: «Parlandogli della casa, e mettendo in relazione i due fatti», cioè la villa e l’assessorato perso, «intendevo richiamare Formigoni alle sue responsabilità».
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella