Leonardo Godano, il Venerdì 15/2/2013, 15 febbraio 2013
QUANDO QUEI DUE MI FECERO FARE GIULIETTA MASINI IN 8 ½
PARIGI. «Il primo incontro con Federico fu indimenticabile. Eravamo nel suo ufficio e lui mi guardò in maniera così intensa che mi sentii nuda. Non diceva nulla, mi teneva addosso questi occhi che mi attraversavano il corpo e mi entravano dentro. Solo Picasso mi aveva guardata così prima. Ero totalmente sedotta. Poi venne il tempo per conoscersi. Dopo La dolce vita, quando cominciammo a girare 8 1/2, ormai mi chiamava con mille vezzeggiativi. Anukkina. Cipressina mia. Anucchina bella. Con la sua voce flautata mi inseguiva e mi ricostruiva per il suo film, un capolavoro, uno dei dieci film più belli della storia del cinema». Anouk Aimée racconta come se non fossero passati cinquant’anni dal giorno in cui uscì nelle sale italiane (14 febbraio 1963 ) 8 1/2, il film più sofferto e complesso di Federico Fellini, l’opera con cui si denudò definitivamente raccontando la crisi dell’artista e vivendola in prima persona assieme ai suoi attori. Il film conquistò il mondo intero e vinse due Oscar. È ancora oggi l’opera che più ha ispirato i grandi del cinema. Oltre settanta film alle spalle, quattro mariti, una schiera di ammiratori che ha attraversato le generazioni, Anouk Aimée non era la donna felliniana per eccellenza, eppure diventò la sua musa, quasi a identificarsi, nell’immaginario del regista, con la sua Giulietta Masina. Si racconta che Fellini la spinse a conoscere sua moglie per facilitare l’identificazione nel personaggio di 8 1/2.
«È vero. Accadde tutto senza che ce ne accorgessimo. Un giorno arrivò sul set Giulietta. Come tutti noi, non sapeva nulla della storia perché, lo saprete, Federico girava con un mazzo di fogli che fingeva fosse il copione e che non ci faceva neppure vedere. Mi chiese di sedermi accanto a lei in un momento di pausa. Stavamo girando la scena dell’harem, quando Marcello fa il bagno e poi pranza con tutte le donne della sua vita. Eravamo lì e all’improvviso Giulietta ed io ci guardammo sorridendo. Capitò qualcosa di strano. Entrambe cominciavamo a capire che Federico proiettava se stesso in Marcello. E infatti a un tratto lei mi guardò e disse: "Ma questa sono io. Tu sei me". Scoppiammo a ridere. Federico ci vide e urlò al megafono: "Giulietta, cominci a capire?"».
Non fu gelosa, la Masina?
«Per nulla. Andavamo d’accordo. Ma io non ero pericolosa. Ricordo le mattine a Fregene, dopo aver girato tutta la notte. Arrivavamo a fare colazione e Giulietta ci accoglieva. Le andava tutto bene, solo pretendeva che mettessimo le pantofole, per non macchiare il pavimento. Giulietta capiva tutto subito e con me era in pace. Nella scena in cui vedo i provini delle attrici, insieme al produttore e a Marcello, cercavo di essere completamente lei. Stesso atteggiamento e postura. Federico senza dirmi nulla mi indicava la strada».
Fisicamente, lei non somigliava affatto a Giulietta e non aveva nulla della donna felliniana, ma fu corteggiata e ingannata come se fosse entrambe. «Che buon profumo che hai. Come sei leggera» le mormora Mastroianni-Fellini in una scena celebre. Ricorda i provini?
«Certo. Federico non aveva intenzione di farli. "Ma quale provino?" diceva. "So chi sei. Vieni a Roma a mangiare con me e Giulietta". Ma Piero Gherardi (costumista e due volte Oscar per La dolce vita e poi proprio per 81/2), insisteva: "Questa non è La dolce vita. Lui ti vede ancora così. Non si tratta di Maddalena. Ascoltami. È meglio anche per te se fai un provino!". L’indomani mi presentai con la parrucca di capelli corti, la camicia bianca. Appena Federico mi vide disse: "È lei Luisa, basta, non c’è nessun bisogno di fare provini!". Così nacque il personaggio».
Da sensuale e aristocratica in La dolce vita, Fellini in 8 1/2 la tratteggia austera e nervosa. E il mondo degli intellettuali s’inchinò.
«Devo tutto a Federico e a quei due capolavori. Io, lui e Marcello eravamo molto legati. Era completamente naturale fare quello che chiedeva. Avrei potuto interpretare anche un clown, per lui. Quando lavoravo con altri era sempre tutto molto serio, con Fellini era un’altra cosa».
Si dice che il set di 81/2 fosse un immaginifico caos.
«Verissimo. Però Federico alla fine sapeva sempre quello che voleva. Aveva rapporti di grande intensità con i suoi attori. Riusciva a intuirne le paure e le emozioni. Era un mago. Sapeva come trattare tutti, anche il più sconosciuto della troupe. Su di me ha avuto un potere unico. Mi ha insegnato a dedicarmi al mestiere senza mai prendermi troppo sul serio. Era un uomo buono e facile, ma anche timido e ironico. Pensava di non essere amato. Non si sentiva amato».
Non si direbbe che i suoi attori non lo abbiano amato.
«No, certo, ma lui era un irrequieto. Anche quando si era creato un legame speciale. Forse non gli sembrava mai abbastanza. Continuava a ripetermi: "Siamo la stessa famiglia. Tu sei come la nostra cugina francese". Spesso mi chiamava al telefono a Parigi da Roma o da Fregene e parlavamo ore. Voleva che io interpretassi una fèmme fatale comica. Purtroppo però quel film non si fece mai».
Leonardo Godano