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 2013  febbraio 15 Venerdì calendario

IL CARCERE, IL DIVORZIO E LA RISCOSSA MANCATA. PARABOLA DI UN RE

«Eravamo i re della città, i proprietari del Milan, la popolarità era altissima e le giornate scandite anche dalla inaugurazione di scuole e ospedali». Per chi come lui, Angelo Rizzoli jr, la storia personale è iniziata così, tra i fasti e i successi del nonno Angelo, per tutti il «Cumenda», il martinitt che ha fondato la casa editrice e scommesso, vincendo, su Federico Fellini, la seconda rovinosa caduta è un film horror che si ripete. Sequestro dei beni, bancarotta, arresto: un destino ricorsivo anche nei particolari, visto che la «prima volta» risale a trent’anni fa esatti, cioè al 18 febbraio 1983. E se oggi i «motivi di salute» (sclerosi multipla) hanno avuto ragione sul carcere, la storia che ritorna in modo così preciso e puntuale porta con sé inevitabilmente un certo senso di accanimento.
Soprattutto perché il primo capitolo giudiziario si era chiuso in fondo a suo favore grazie a una riforma del diritto societario che ha fatto valere la regola dell’abolitio criminis: la condanna per bancarotta del 1998 è stata cancellata nel 2009 dalla Cassazione perché la nuova legge fallimentare ha abolito i reati legati alla fase di amministrazione controllata. E lui ha subito dichiarato: «Dopo 26 anni esco pulito». Con un desiderio di rivalsa che lo ha portato a una causa contro Rcs Mediagroup e protagonisti ed eredi della cordata che nel 1984 ha acquistato il Corriere dal Nuovo banco Ambrosiano di Giovanni Bazoli: chiedeva circa 700 milioni (di euro) ma l’anno scorso l’ha persa.
D’altra parte proprio la vicenda che comincia negli anni Settanta e si conclude con i tredici mesi di carcere nel 1983 ha segnato la vita di Angelo jr. I Rizzoli acquistano il Corriere della Sera al termine di una operazione che si conclude con la società in equilibrio precario. Lui cerca di rimettere le cose a posto affidandosi alla P2: si rivolge a Licio Gelli e Umberto Ortolani ottenendo così finanziamenti dall’Ambrosiano di Roberto Calvi. Sono gli anni più neri che però non sistemano nulla. Anzi. La Rizzoli passa al Banco e rovescia nel suo crac. Scatta l’amministrazione controllata e dopo due anni il fallimento viene ancora evitato con la vendita alla cordata Gemina.
Per Angelo Rizzoli jr nel frattempo si aprono le porte del carcere. «Tredici mesi terribili che hanno stravolto tutta la mia esistenza», dice. Ma è tutta la vicenda a travolgere la sua storia personale e quella della sua famiglia: «Angelone», perde anche la prima moglie, l’attrice Eleonora Giorgi: il divorzio, con la sentenza del 7 luglio 1988, diventa una pietra miliare delle separazioni italiane: a lei viene assegnato metà del patrimonio.
Ma lui, lentamente, «incollando pezzo per pezzo i rottami della vita» (è il suo racconto) ne prepara una seconda: «Ho avuto la fortuna di incontrare una donna straordinaria. Mia moglie Melania non mi ha fatto mancare il suo appoggio neppure per un minuto». E poi, è sempre lui a raccontarlo, c’è stato Silvio Berlusconi. «L’unico che mi ha dato una mano». Uscito di prigione, Angelo jr va a pranzo ad Arcore. E Berlusconi gli dice: «Guarda avanti. Nella tradizione della tua famiglia non ci sono soltanto i libri e i giornali, ci sono anche i film. Se ti metti a produrre film per la tivù, ricordati che io te li comprerò sempre». Promessa che Angelo jr assicura sia stata mantenuta. «P2? No: ho conosciuto Silvio molto prima si cominciasse a parlare della loggia di Gelli». Fatto sta che a partire dagli anni Novanta produce fiction come Padre Pio, Cuore o Capri trasmesse sia da Rai sia da Mediaset. E lui può tornare a parlare di sé lontano dall’ombra della bancarotta: «Questa famiglia è il mio film più bello», racconta mixando vita personale e rinascita professionale.
La «riscossa» appare una conquista realizzata. «La vita è una battaglia continua. L’importante è non arrendersi mai», dice riassumendo in un motto la sua second life. Che però ripiomba ora drammaticamente nell’incubo della prima. Lontana ma ricorrente.
Sergio Bocconi