Stefano M. Torelli, Sette 15/2/2013, 15 febbraio 2013
LA PILLOLA CHE FA SCORDARE L’ASSEDIO
[Il 50 per cento della popolazione abusa di un anti-dolorifico che provoca ogni giorno tre, quattro casi di overdose. È diventato un rimedio alle sofferenze. E un nemico di Hamas] –
Nella Striscia di Gaza, il governo di Hamas si confronta con un nuovo fenomeno sociale: lo smodato uso del Tramadol, un farmaco simile alla morfina, divenuto la via d’uscita dal disagio e dal malessere quotidiani. Le cifre fornite da fonti governative sono più che allarmanti: si parla di tre o quattro casi di overdose a settimana e, secondo alcuni studi (sebbene non esistano al riguardo dati ufficiali), il 50% della popolazione della Striscia di Gaza ne abusa. Si tratta di un problema direttamente connesso con le condizioni di vita di questo lembo di terra adagiato sulle coste sud-orientali del Mediterraneo. Il Tramadol, di base, è un anti-dolorifico, ma i motivi per cui la sua assunzione è divenuta così diffusa hanno a che fare più che altro con i disagi mentali. Provoca un senso di indotta tranquillità, aiuta a non pensare ai tanti, troppi, problemi della vita quotidiana. È un modo per fuggire dalla realtà, spesso fatta di miseria, dolore, guerra.
La Striscia di Gaza è una sorta di prigione a cielo aperto. Dal 2007, anno in cui le forze di Hamas – che pur avevano regolarmente vinto le elezioni del 2006 – hanno preso il potere manu militari a seguito degli scontri con al-Fath, Gaza subisce il blocco imposto dallo Stato di Israele. Non si può uscire, né entrare, se non in rarissimi casi. Il governo israeliano, che controlla tutti i valichi di accesso alla Striscia, tranne quello di Rafah, al confine con l’Egitto, regola l’accesso di merci e vieta l’ingresso di alcuni beni, come per esempio il cemento per ricostruire le case. E, a tratti, il blocco si trasforma in assedio e l’assedio in guerra. Come nel novembre scorso, in cui Israele ha bombardato per una settimana la Striscia, uccidendo quasi 200 persone, di cui circa la metà civili e almeno 30 bambini.
La popolazione di Gaza dipende quasi interamente dagli aiuti esterni e le attività economiche al suo interno sono state ridotte all’osso. Il tasso di disoccupazione è superiore al 40% e, se si guarda ai giovani, tocca il 60%. Gli abitanti della Striscia, circa un milione e 700 mila, vivono in un fazzoletto di terra più piccolo di 400 chilometri quadrati, con la più alta densità di popolazione al mondo, dopo il Principato di Monaco e Singapore. Ma Gaza non è Monaco e non è Singapore. I suoi abitanti si sentono prigionieri e fanno ricorso a metodi non convenzionali per scappare dalla realtà. Dyaa Saymah, che lavora al centro di salute mentale nella sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Gaza, mi dice che fino al 2008 il Tramadol era un farmaco da banco e che, solo a partire da quell’anno, il governo di Hamas ha deciso di includerlo nella lista dei farmaci controllati, per cui è necessaria la prescrizione medica. Il suo uso, infatti, era diventato un abuso, nel momento in cui non era più un semplice sedativo, ma una soluzione a qualsiasi disagio, perfino sessuale (ha effetti ritardanti).
Dipendenza. Ma, a lungo andare, crea dipendenza e il ciclo è quello classico delle sostanze stupefacenti: per ottenere gli stessi effetti devi assumerne sempre di più. Il dottor Sami Owaida, psichiatra del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza, spiega che c’è chi ne assume anche 1.000 mg al giorno, mentre non si dovrebbero superare i 400-600 mg (una pasticca può avere dosaggi di 37,5 o 50 mg). Gli effetti collaterali vanno dalle allucinazioni alle difficoltà respiratorie, fino alle crisi di panico. Il Dottor Hasan Zeyada, anche lui del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza, mi mostra dei dati secondo cui, dall’operazione Piombo Fuso (la campagna militare di Israele contro la Striscia tra il dicembre del 2008 e il gennaio del 2009, in cui in venti giorni furono uccisi circa 1.300 palestinesi) a oggi, la depressione tra gli abitanti di Gaza è cresciuta del 18%. Secondo l’ufficio statistico palestinese, il 45% dei bambini tra i 12 e i 17 anni ha subito violenze da parte dei genitori, a testimonianza di una situazione di disagio estremamente diffusa, in cui la violenza fa il pari con il senso di smarrimento.
In questa cornice, la droga è uno dei rifugi che appare più sicuro. Il Tramadol è popolare perché si trova sul mercato nero a prezzi stracciati: una confezione da 8 pillole costa circa 7 euro. Viene prodotto in Egitto, a volte addirittura con mezzi propri, e arriva nella Striscia tramite il migliaio di tunnel sotterranei che collegano l’Egitto a Rafah. Vere e proprie gallerie lunghe quasi un chilometro e profonde 15 metri. Qui, centinaia di palestinesi lavorano giorno e notte per far entrare nella Striscia ciò che è proibito: armi, cemento, cibo, animali, persone. Il governo di Hamas combatte il traffico del farmaco, come dimostrato dai frequenti sequestri. Nel 2011, su 1.240 reati connessi alla droga, ben 591 riguardavano il Tramadol. Ma ci vorrebbe anche un coordinamento maggiore con il governo dell’Egitto, per esempio, da cui transita il Tramadol prodotto in Cina e India, che approda nel porto mediterraneo di Port Said.
Secondo gli psichiatri e i medici che sono a Gaza, però, una prevenzione efficace passa per la creazione di strutture di riabilitazione, troppo carenti. Il dottor Tayseer Dyab e il dottor Zeyada mi dicono che, oltre al centro dove lavorano, c’è un’altra struttura a Jabaliya, a Nord di Gaza City: “Kamel & Tamam”, dal nome dei due donatori. Ma il vero problema è che i Tramadol-dipendenti non si espongono e difficilmente cercano aiuto. In una società araba tradizionalista, ammettere una malattia mentale o una debolezza come questa, equivale a essere emarginati. Entrare a far parte dei trattamenti di recupero, equivarrebbe a un’istituzionalizzazione del problema, che spesso porta i familiari stessi a provare vergogna e a far scattare quella sensazione di onore ferito. Una trappola da cui è difficile uscire.
La sensazione è che, come gran parte dei problemi della Striscia di Gaza, la soluzione potrebbe, e dovrebbe, partire da una pre-condizione necessaria: la fine del blocco da parte del governo israeliano. Ridare dignità ai palestinesi di Gaza e far sì che possano tornare a sperare in un futuro, aiuterebbe a uscire dalla condizione che genera l’abuso del Tramadol, così come di amfetamine ed ecstasy. Questa è l’opinione di tutti i medici a Gaza. Peccato che, quasi sempre, la politica e la scienza non vadano di pari passo.