Paolo Stefanato, il Giornale 14/2/2013, 14 febbraio 2013
FINMECCANICA, UN’ECCELLENZA ITALIANA INVIDIATA NEL MONDO
All’espressione «made in Italy» associamo, d’impulso, l’industria della moda, del cibo, del design. Non pensiamo ad aerei, elicotteri, radar. Ci vengono in mente griffe di abiti o marchi di spaghetti. Non è immediato pensare a Finmeccanica. Invece è questo il gruppo che più di altri rappresenta l’intelligenza italiana, perché più i prodotti sono complessi - aerei, elicotteri, radar lo sono - più contengono pensiero, capacità di progettazione, sguardo al futuro. Nessuno si offenda: anche in una crema di nocciole o in un plissé di seta ci sono qualità e successo. Ma il confronto si può fare, banalmente, chiedendosi: quanti barattoli di conserva servono per eguagliare il valore di un elicottero?
Ci sono delle parole che rischiano di essere vuote: si dice eccellente, strategico, tecnologicamente avanzato dando per scontato che ci si capisca, visto che si tratta di luoghi comuni. Ma nel caso di Finmeccanica, grande gruppo industriale, è meglio intendersi bene. Un esercito di 16mila ingegneri e di 21mila tecnici in un’azienda da 70mila dipendenti, vuol dire che il linguaggio, i temi, gli obiettivi del lavoro sono complessi. Le tecnologie, applicate a prodotti i cui utilizzi sono riservati a pochi ma le cui ricadute vanno su molti, devono evolversi continuamente, per non perdere di vista il mercato e i concorrenti. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono di 2 miliardi all’anno. L’industria militare è uno strumento dei rapporti tra i Paesi, dove al tavolo dei contratti, insieme alle trattative sui prezzi, si parla di alleanze, di pesi politici, di scambi di altra natura. L’industria militare, per questo motivo e per i grandi volani economici di cui necessita, ha sempre un asse governativo di riferimento. Il più grande rappresentante dell’industria americana è Obama in persona, in Francia è Hollande, in Russia è Putin, in Gran Bretagna è Cameron. E in Italia? Pare che questa consapevolezza di valori e di poste in gioco da noi non sia così evidente, o che venga soffocata sotto qualche pruderie politica. Il grande pubblico non conosce Finmeccanica, e se la conosce la associa, tout court , alle armi, senza sottilizzare. Invece per un gruppo come questo, seconda industria meccanica italiana dopo la Fiat, vale quello che un tempo valeva per le spedizioni sulla luna: sembrava che fossero solo un grande spettacolo, e invece si capì che erano colossali acceleratori di ricerca, che poi s’irradiava sulla vita quotidiana di ciascuno.
Quando si diffusero le prime calcolatrici digitali si disse che erano figlie di Cap Canaveral. Stesso discorso vale per Finmeccanica. Le sue tre grandi anime sono aerospaziale, elicotteristica ed elettronica. Sembrano tutte cose più grandi di noi, difficili da afferrare anche con l’immaginazione. Eppure, provate a entrare in macchina nel centro di Milano varcando senza permesso le barriere dell’Area C: la telecamera che legge la targa per identificarvi monta tecnologia Elsag, gruppo Finmeccanica. Se viaggiate in aereo, i radar per il controllo del traffico nei cieli sono Selex, gruppo Finmeccanica. Idem i centri di controllo delle guardie costiere, i tutor autostradali, i sistemi di comunicazione usati dai carabinieri. Se parlate oltreoceano col telefonino, è probabile che il satellite al quale si aggancia la vostra voce sia di Thales Alenia, cioè di Finmeccanica. Le mappe satellitari del territorio consultabili sul pc possono essere di Telespazio, gruppo Finmeccanica. E ancora: sistemi di visione a infrarossi o di protezione dagli attacchi nelle guerre informatiche: tutto Finmeccanica. Un patrimonio immenso, che, a differenza di un bella cravatta o di un ragù saporito, si misura con il progresso della società, non con l’occhio o con il palato. Una squadra di ingegneri di Finmeccanica rappresenta oggi quello che cent’anni fa era impersonato, facciamo un nome a caso, da Thomas Edison: l’inventore è stato sostituito dal gruppo di ricercatori, l’invenzione non è più il frutto dell’intuizione ingegnosa e solitaria, ma il risultato di ricerca, di studio e di intelligenze coordinate tra loro. Facciamo un esempio.
Prendiamo 10 ingegneri dello staff di Finmeccanica. Hanno un tema di lavoro, degli obbiettivi, si misurano con tentativi ed errori, si caricano l’un l’altro e alla fine presentano un progetto che diventa uno strumento di scelte aziendali, a sua volta integrato con il lavoro di molti altri staff. Prendete gli stessi 10 ingegneri singolarmente, al di fuori dell’azienda, senza un obiettivo comune, senza un coordinamento, senza strumenti di ricerca: saranno 10 bravi laureati disoccupati.
È questo di cui dobbiamo renderci consapevoli: un grande gruppo industriale con competenze acquisite negli anni per risolvere problemi complessi e costruire macchine civili e militari che si vendono in tutto il mondo, è un patrimonio inestimabile al quale si deve rispetto e che va adeguatamente sostenuto. Nell’interesse di tutti e nella certezza che l’intelligenza, ben utilizzata e ben coordinata, è il più grande motore di sviluppo e di benessere collettivo.