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 2013  febbraio 14 Giovedì calendario

IL GESUITA COLTO E TIMIDO CATAPULTATO IN PRIMA LINEA —

Si alza l’ennesima mano nella platea dei giornalisti, domandone: scusi, padre, ma che cosa farà esattamente Joseph Ratzinger nel momento in cui non sarà più Papa, appena arrivato a Castel Gandolfo, allo scoccare delle 20 del 28 febbraio? E padre Federico Lombardi, che al solito ha ascoltato senza battere ciglio, imperturbabile come neanche Buster Keaton, allarga appena le braccia e accenna a un sorriso, «cosa volete che vi dica, ritengo che andrà a cena», mentre la stampa internazionale nella sala stampa vaticana scioglie la tensione di queste ore in una risata.
Padre Lombardi più che mai in questi giorni è il «volto» della Santa Sede e imperversa suo malgrado («non è che oggi abbia molto da dire, ma poi li vedo tutti lì, in attesa, e allora mi dico: facciamolo, questo briefing..») su buona parte delle tv e siti e giornali del pianeta. Del resto non è la prima volta che si trova in prima linea, dagli scandali pedofilia al caso «Vatileaks» (neologismo che, va detto, ha coniato lui) in questi anni è stato sempre il portavoce vaticano a replicare a caldo, argomentare e difendere la Chiesa e l’impulso riformatore del Papa, soprattutto quando non era facile. La fama (meritata) di galantuomo aiuta. Una cosa del genere però non ha precedenti reali. Se gli si chiede come faccia a restare così sereno nonostante tutto, alza le spalle: «Io faccio quello che posso, se davanti a Dio hai la coscienza a posto non c’è motivo di essere tesi, si può affrontare la situazione tranquillamente». Padre Lombardi, 70 anni, piemontese di Saluzzo, è un gesuita molto colto e flemmatico. Non ama parlare di sé e ha fatto dell’understatement, assieme all’ironia, uno stile di vita.
Questione di carattere e di spiritualità ignaziana. Da quando Benedetto XVI lo chiamò, nel 2006, a differenza del predecessore laico Joaquín Navarro Valls si è sempre definito «direttore della sala stampa della Santa Sede», anche se poi tutti lo chiamano portavoce vaticano e amen. Incidentalmente è anche direttore generale della Radio Vaticana dal 2005, dopo averne diretto i programmi per una quindicina di anni. Talento di famiglia: padre Riccardo Lombardi, il celebre «microfono di Dio», era suo zio. I severissimi studi nella Compagnia di Gesù si completano con le lauree in matematica a Torino e in teologia a Francoforte. Poi è stato «scrittore» della Civiltà Cattolica e negli anni Ottanta «Provinciale d’Italia» e quindi capo dei gesuiti italiani. Tuttora è uno dei quattro «Assistenti ad providentiam» che coadiuvano il Padre generale dei gesuiti nel governo della Compagnia, con i suoi dei 18.500 padri sparsi in 112 nazioni nei cinque continenti. Retto, pacato, ironico. Ma capace di toni duri, nel caso, come quando si cominciò a parlare di «lotte di potere in vista di un prossimo conclave» legate a Vatileaks e lui scrisse lapidario: «una simile lettura dipende in gran parte dalla rozzezza morale di chi la provoca e di chi la fa».
Ogni tanto qualche giornalista poco pratico lo chiama dall’estero, «scusi, eminenza», e lui si fa una risata sommessa. I gesuiti tendono a evitare per quanto possibile di entrare nelle gerarchie ecclesiastiche, il suo predecessore alla direzione della Radio Vaticana, Roberto Tucci, fu creato cardinale da Wojtyla ma si fa chiamare «padre» e lo ha scritto anche sul biglietto da visita. A settembre, durante il viaggio del Papa a Beirut, un inviato straniero attaccò: «cardinal Lombardi...», tra le ovazioni dei vaticanisti («per acclamazione!») mentre lui rideva, «non ancora, spero mai!».
Gian Guido Vecchi