Davide Carlucci; Piero Colaprico; Emilio Randacio, la Repubblica 14/2/2013, 14 febbraio 2013
CHAMPAGNE E CREME PER IL VISO MA DAL CONTO DI FORMIGONI NON USCIVA NEANCHE UN EURO
Una vita senza il bisogno del portafoglio. Come un nobile del secolo scorso. Questo è Roberto Formigoni nel film che girano su di lui gli investigatori della polizia giudiziaria di Milano, tra champagne a scrocco nel ristorante e funzionari di banca «a disposizione», che vengono convocati spesso e volentieri al Pirellone — si legge nel rapporto — per chiacchiere «che avvenivano sempre in maniera riservata a “tu per tu”, “a quattrocchi”». E in questi incontri riservati in un ufficio pubblico, di cui parlano gli stessi dirigenti bancari, «Formigoni consegnava loro denaro contante per importi compresi tra i 5 e i 20 mila euro... raccomandandosi di non farli transitare sul proprio contro corrente affinché non vi fosse evidenza degli importi». Soldi cash che servivano per finanziare il suo tenore di vita tra vacanze ai Caraibi e soggiorni in Sardegna. Basta questo dato per ripiombare in un clima che sa di Tangentopoli, vent’anni dopo. In quegli stessi uffici giravano Piero Daccò e Antonio Simone, faccendieri, molto generosi con il politico, e si sa. Ma quello che non si sapeva era il discredito che creavano quei «rompicoglioni», come dicono alcuni funzionari, ma costretti a servirlo, perché Daccò — si legge nero su bianco in un verbale — «otteneva quello che voleva grazie alle imposizioni del presidente».
QUEI CONTI “SENZA OPERATIVITÀ”
Dal 14 giugno a due giorni fa. Quasi sette mesi di indagini che hanno per epicentro Roberto Formigoni, investono Fondazione Maugeri e San Raffaele, sconfinano nelle segrete casse delle fiduciarie e sono custodite in 122 faldoni, 16 megabyt di documenti informatici. Ma è lo screening approfondito sul tenore di vita del governatore lombardo, in cui i pm Laura Pedio e Antonio Pastore, contestando l’associazione a delinquere e la corruzione all’esponente del Pdl e a gran parte dei 17 indagati, a rendere logico e provato ciò che pare sconcertante: «Il quadro complessivo — si legge nell’informativa della Guardia di finanza — conferma la disponibilità da parte di Formigoni di ingiustificate risorse finanziarie al di fuori dei normali rapporti bancari analizzati, ed evidenzia l’assenza di adeguati contributi finanziari da parte dello stesso Formigoni alle esose utilità a sua disposizione».
Lo stile di vita altissimo «conteggiato» risale al 2003, e comprende «ville in Sardegna, imbarcazioni di lusso, cene da Sadler (noto ristorante milanese, ndr), viaggi in località esotiche»: il tutto senza mai attingere — in nove anni, fino al 2011 — un euro dai suoi conti correnti.
Repubblica
ha chiesto a Formigoni di esibire le ricevute, non ha mai avuto risposte, ma solo offese. Oggi le risposte arrivano dalle carte giudiziarie. Come poteva permettersi quel tenore di vita un esponente pdl di medio livello? Secondo un rapporto della Gdf, tutte le operazioni bancarie esaminate «sono avvenute al di fuori del circuito dei conti correnti di Formigoni» che «non presentano una normale operatività dato che non si registrano né prelievi bancomat, né pagamenti pos, né pagamenti con carte di credito,
né emissione di assegni».
“LA PASSIONE PER LO CHAMPAGNE”
Un esempio arriva dal verbale del ristoratore Claudio Sadler, reso il 27 luglio scorso: «Ho spesso sentito parlare di gite ai Caraibi e in luoghi esotici soprattutto negli ultimi cinque anni. Ai viaggi, Daccò mi diceva, partecipava anche il presidente. Mi descriveva posti meravigliosi, ville con servitù e cuochi (...) Davo per scontato che fosse Daccò a pagare i conti perché in tutti questi anni non ho visto altro che lui pagare i conti. Pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo. Avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico. Del resto Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto e, una volta finita la cena, andava via. Ringraziava e andava senza neppure chiedere quale fosse l’importo. Ordinava per altro con libertà, bevendo solo champagne del quale è particolarmente appassionato». In effetti, notano i detective della procura, «non risulta alcun pagamento dai conti di Formigoni a favore di Sadler», a differenza degli esborsi di Daccò: «177 mila e 860 euro» costano «le cene del presidente ».
REGALI CASH ALL’EX FIDANZATA
Dalla sconfinata disponibilità di contanti, di provenienza ignota, Roberto Formigoni attinge per soddisfare le continue richieste di denaro da parte della presentatrice tv ed ex fidanzata Emanuela Talenti. Sulla quale piovono 352mila
euro, denaro in parte utilizzato per comprarsi casa. L’attuale governatore lombardo utilizza lo stesso meccanismo per pagare le quote di Forza prima e Pdl dopo, versando 8mila e 18 euro attraverso «un’operazione extraconto in contanti» che sfugge al circuito bancario. Ma una vera passione, il governatore, sembra averla anche per le creme del viso. Per acquistare un barattolo della Genescience (prezzo «tra i 150 e i 200 euro a confezione»), il segretario del Governatore, Mauro Villa si lascia scappare al telefono come Formigoni «la usi come colla per i manifesti». Ne deve fare un continuo acquisto, ma anche in questo caso, secondo la procura, non si capisce da quale cassa riservata attinga, visto che anche per questa spesa dai conti dell’esponente del Pdl non esce un euro.
LA REGIONE ASSERVITA
Ma la svolta nelle indagini del pool coordinato da Francesco Greco emerge dal coro delle voci di chi era obbligato a obbedire non al bene comune, ma a Daccò&Simone. Luca Merlino, dal 1996 in Dg Sanità, spiega come funzionava il Caffè Sanità nel verbale del 21 settembre 2012: «Botti (un
altro funzionario, ndr) era molto contrariato della forte interferenza proveniente dal tavolo socio-sanitario. Più volte Botti ha manifestato notevole fastidio per le insistenze di Pierangelo Daccò in merito alle necessità della fondazione Maugeri. Mi vergogno un po’ a usare quest’espressione ma più volte con Botti abbiamo definito Daccò un rompicoglioni ». Ciò che più infastidiva Botti «era il fatto che le insistenze di Daccò si traducevano in pressioni politiche». Il dato emerge anche da una nota del 2002 in cui Merlino parla esplicitamente
di «forzature a posteriori» nelle delibere. Interrogato dai pm dieci anni dopo spiega il senso: la richiesta di forzare «proveniva dal tavolo socio-sanitario e in particolare dal presidente Formigoni» e «se proprio la presidenza
voleva garantire ulteriori erogazioni alla fondazione dovevano farlo con una scelta discrezionale e non costringendomi ad alterare i risultati derivante dall’applicazione dei criteri».
“DACCÒ OTTENEVA QUELLO CHE VOLEVA”
Merlino parla anche del direttore generale della Sanità, Carlo Lucchina e del braccio destro di Formigoni Nicola Sanese:
«È stato proprio Lucchina a dirmi che anche Sanese nutriva una certa insofferenza nei confronti di Daccò e che tuttavia era necessario assecondarne le richieste in quanto egli godeva di uno stretto rapporto d’amicizia con il presidente Formigoni (...). Lucchina ha sempre verificato con Formigoni che le richieste fatte da Daccò fossero condivise dal Presidente o a lui note. Il più delle volte il presidente confermava la sua adesione alle richieste e insisteva perché fossero accolte (...) Se il Presidente appoggiava la richiesta di Daccò era difficile opporsi: un eventuale parere contrario della Dg sarebbe stato disatteso». Chiedono i pm: «Ma perché Daccò otteneva sempre quello che voleva?» «(...) Lucchina mi ha riferito di imposizioni da parte del presidente nel corso di tavoli socio sanitari (...) La ragione per la quale Formigoni ha sempre sostenuto le richieste di Daccò è dovuta al fatto che Daccò gli garantiva delle utilità nel senso di utilizzo di barche, vacanze costose, feste o cene fatte solo per celebrare l’immagine del presidente, case in Sardegna, eccetera».
LA GIUNTA ERA SOLO “FORMALE”
Maurizio Amigoni, direttore generale vicario della direzione generale sanità, ciellino, conferma: «Sicuramente eravamo tenuti ad ascoltare Daccò in quanto amico del presidente. Però su molte cose siamo riusciti a tamponare le richieste che venivano dal tavolo politico... «. Nella catena di comando Formigoni-Sanese-Lucchina-Merlino, «la giunta deve dare la veste formale all’atto e quindi renderlo esecutivo con l’approvazione».
OPPORSI PUO’ COSTARE CARO
Tra i testi utili all’accusa c’è Carlo Borsani, ex assessore alla Sanità per An: «Con il San Raffaele e Verzè non ho mai avuto un buon rapporto soprattutto dopo aver disposto la chiusura della loro clinica di Castellanza (che si occupava di recupero tossicodipendenti con prestazioni non consentite) all’inizio del mio assessorato. Dopo il mio intervento nei confronti del San Raffaele, Formigoni mi ritirò la delega in materia di tossicodipendenza (...) Formigoni prendeva decisioni senza neppure informarmi, con un sostanziale
esautoramento
delle mie funzioni».
I RINGRAZIAMENTI A MAUGERI
Ieri scrivevamo di due biglietti di ringraziamento di Roberto Formigoni a Umberto Maugeri. Sono allegati alla relazione della polizia giudiziaria e «non sono un gesto di semplice amicizia — per altro disconosciuta dallo stesso Maugeri», ma il ringraziamento per 600mila euro, somma che «nell’ambito dell’accordo corruttivo con Daccò/Simone e Formigoni», Maugeri regala per le regionali del 2010. Formigoni ancora ieri parlava di «inchiesta senza fondamento », e che nelle carte «non c’è un atto corruttivo».