Gian Maria De Francesco - Paolo Bracalini, Il Giornale 13/2/2013, 13 febbraio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - FESTA DI POPOLO PER RATZINGER
REPUBBLICA.IT
CITTA’ DEL VATICANO - Benedetto XVI ha fatto il suo ingresso nell’Aula Paolo VI in Vaticano per la sua penultima udienza generale, prima di lasciare il soglio pontificio, accolto dalle ovazioni, dagli applausi e dalla commozione dei 3.500 fedeli presenti. Dopo i saluti iniziali in varie lingue, c’è stato anche un attimo di apprensione per il ritardato arrivo del Pontefice. La tensione si è sciolta alle 10,40, con il grande applauso che ha accolto l’apparire del Santo Padre. Prima dell’udienza, dedicata al tema "Le tentazioni di Gesù e la conversione per il Regno dei cieli", Benedetto XVI ha tenuto un discorso parlando a braccio, spiegando ai fedeli la sua storica decisione: abbandonare in vita il soglio pontificio. Poi li ha avvertiti: "Non si è cristiani per tradizione", bisogna rifuggire le "tentazioni": infedeltà matrimoniale, aborto, eutanasia, ricerca sugli embrioni.
"Cari fratelli e sorelle, come sapete ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede".
"Ho sentito quasi fisicamente, in questi giorni per me non facili, l’amore che mi portate. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa, il Signore ci guiderà" ha chiesto Ratzinger, aggiungendo: "Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il quale non le farà mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e la preghiera con cui mi avete accompagnato". Interrotto da un lunghissimo applauso, Benedetto XVI ha ringraziato i fedeli "per la vostra simpatia".
Ratzinger si è quindi dedicato alla sua catechesi in udienza generale, schierandosi ancora una volta con forza contro aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche. "Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano sono tante, e toccano la vita personale e sociale - ha attaccato il Papa -. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita".
"Il deserto, dove Gesù si ritira, è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza, è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio - ha ricordato il Papa -. Ma il deserto è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione. Gesù va nel deserto, e là subisce la tentazione di lasciare la via indicata da Dio Padre per seguire altre strade più facili e mondane. Riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella nostra vita?".
"In questo tempo di Quaresima, nell’anno della fede - ha proseguito Ratzinger - rinnoviamo il nostro impegno nel cammino di conversione, per superare la tendenza di chiuderci in noi stessi e per fare, invece, spazio a Dio, guardando con i suoi occhi la realtà quotidiana. L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza".
"Convertirsi - ha concluso Benedetto XVI - significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante. Grazie!".
Un "grazie" che il Papa ha reiterato "per questo dono di alcuni canti, particolarmente cari a me", intonati dai fedeli nell’Aula "Paolo VI" al termine dell’udienza, in particolare gli alunni della scuola paritaria "L’Arca" di Legnano che hanno intonato un canto mariano. Avendo al suo fianco il segretario personale, padre Georg, Benedetto XVI ha poi salutato i presuli presenti, tra cui il vescovo dell’Azione Cattolica Domenico Sigalini. Ma il primo a dare la mano al Pontefice è stato il cardinale Bernard Law, rimosso per aver insabbiato casi di abusi sessuali della diocesi di Boston, oggi retta dal cardinale Sean O’Malley, considerato papabile proprio in quanto campione della lotta alla pedofilia.
Poi Benedetto XVI ha rilasciato un tweet dedicato al tema affrontato in udienza: "Nel tempo di Quaresima che iniziamo, rinnoviamo il nostro impegno di conversione dando più spazio a Dio".
Folla in coda per le Ceneri, ultima celebrazione di Benedetto XVI. Preceduto da una lunga e silenziosa processione di cardinali con i paramenti sacri propri del tempo quaresimale, intorno alle 17, Benedetto XVI è giunto alla Basilica di San Pietro per presiedere la messa delle Ceneri, sua ultima celebrazione liturgica come Pontefice.
L’unicità dell’evento è raccontata dal fatto che il rito è stato spostato dall’Aventino, dove si tiene tradizionalmente, per consentire ad un maggior numero di persone di partecipare. E soprattutto dalla lunga coda di fedeli in vana attesa del proprio turno per entrare nella Basilica di San Pietro, 8mila posti a sedere ormai esauriti. Alla celebrazione, oltre che numerosi cardinali e prelati, hanno preso parte anche gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.
Benedetto XVI ha aperto la celebrazione nell’atrio della Basilica, ormai gremita, da dove si è snodata poi la processione penitenziale che tradizionalmente percorre la distanza tra le chiese di Sant’Anselmo e Santa Sabina sull’Aventino. Stavolta la processione si è mossa verso l’altare della cattedra della basilica. Entrato in San Pietro, il Papa è salito sulla ormai consueta pedana mobile e ha attraversato la navata centrale di San Pietro. Il tutto avviene senza applausi dei fedeli, rispettando il particolare rito delle Ceneri, con il solo sottofondo del canto delle litanie.
Tantissimi fedeli sono rimasti fuori della Basilica. Tra i religiosi, i pellegrini e i turisti accorsi per l’ultima messa del pontefice, anche un’anziana suora spagnola dell’ordine dell’Immacolata Concezione. Inutile appellarsi alle Guardie Svizzere, le transenne restano chiuse e non è permesso entrare. Ai fedeli in Basilica è stata distribuita una foto di Benedetto XVI: l’immagine di un uomo sorridente che saluta con la mano alzata.
"Molti pronti a stracciarsi le vesti, pochi ad agire sul proprio cuore". E’ il momento dell’omelia di Benedetto XVI, che all’inizio definisce la celebrazione "un’occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma". Poi Benedetto XVI esprime una nuova forte denuncia. "Anche ai nostri giorni, molti sono pronti a stracciarsi le vesti di fronte a scandali e ingiustizie, naturalmente commessi da altri, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio cuore, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta".
"Il ritorno al Signore - aggiunge il Pontefice - è possibile come ’grazia’, perché è opera di Dio e frutto della fede che noi riponiamo nella sua misericordia. Ma questo ritornare a Dio diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donandoci la forza di ’lacerare il cuore’. La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto ’per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’".
"Il Noi della Chiesa - spiega Benedetto XVI - è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme: la fede è necessariamente ecclesiale. E questo è importante ricordarlo e viverlo in questo tempo della quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa".
"Volto della Chiesa deturpato da divisioni nel corpo ecclesiale". Rileggendo le letture dell’antico e nuovo Testamento che la liturgia propone oggi a tutti i cristiani, Papa Ratzinger chiama a riflettere "sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale". Da qui l’invito a "vivere la quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità".
"Il vero discepolo non serve se stesso o il ’pubblico’, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità", ha detto ancora Benedetto XVI.
"E’ Cristo a denunciare l’ipocrisia religiosa di chi cerca l’applauso". In un altro passaggio dell’omelia, Ratzinger ricorda, citando il discorso della Montagna, che "Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione". Ma "il vero discepolo non serve se stesso o il ’pubblico’, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità. La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con lui per sempre".
"Chiedo un ricordo nella preghiera". "Mentre mi accingo a concludere il ministero petrino chiedo un particolare ricordo nella preghiera", così Il Papa invoca un pubblico sostegno spirituale per la sua scelta e l’intercessione dell’Apostolo Pietro "per il cammino della Chiesa in questo particolare momento".
Lungo silenzio dopo le parole del Papa. Un lungo e profondo silenzio è seguito in Basilica vaticana dopo l’omelia di Benedetto XVI. Parole che sono sembrate, in più punti, un vero e proprio testamento spirituale.
Comastri cosparge le ceneri sul capo del Papa. Benedetto XVI ha poi ricevuto sul capo le ceneri dalle mani del cardinal Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro nel corso del rito liturgico che si sta svolgendo in Vaticano. Il Papa ha poi imposto le ceneri ai cardinali Angelo Sodano e al Segretario di Stato, cardinal Tarcisio Bertone. Al termine della celebrazione, un nuovo lunghissimo applauso ha salutato il Papa.
Il saluto dei cardinali. "Grazie per averci dato il luminoso esempio di semplice e umile lavoratore nella vigna del signore, un lavoratore, però, che ha saputo in ogni momento realizzare ciò che è più importante: portare Dio agli uomini e portare gli uomini a Dio": così al termine delle celebrazioni il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone ha salutato il Papa. "Tutti noi" ha aggiunto Bertone, "abbiamo compreso che è proprio l’amore profondo che Vostra Santità ha per Dio e per la Chiesa che L’ha spinta a questo atto". "In questi anni il suo magistero è stato una finestra aperta sulla Chiesa e sul mondo, che ha fatto filtrare i raggi della verità e dell’amore di Dio, per dare luce e calore al nostro cammino, anche e soprattutto nei momenti in cui le nubi si addensano nel cielo", ha concluso.
"Anche con questo atto inatteso e libero, umile e coraggioso, il Santo Padre ci mostra la via della fede in un modo assolutamente nuovo", ha detto il cardinale Angelo Bagnasco. "E’ una volontà che accogliamo con
fede e somma venerazione, anche se abbiamo avvertito un repentino senso di sconcerto e di profondo rincrescimento", ha aggiunto.
Roma, revocato blocco del traffico per l’Angelus. In previsione dell’Angelus di domenica prossima, il Comune di Roma ha rimandato il provvedimento che prevedeva il divieto totale di circolazione per tutti i veicoli a motore, all’interno della fascia verde cittadina dalle ore 8.30 alle 17.30, "in considerazione dell’eccezionale afflusso di fedeli". "Migliaia di pellegrini provenienti da tutto il mondo - spiega una nota -, non avrebbero potuto ricevere un’adeguata informazione sul contenuto e sui divieti stabili dal provvedimento".
(13 febbraio 2013)
VOLEVA LASCIARE SUBITO - REPUBBLICA.IT
CITTÀ DEL VATICANO - DA BUON tedesco, prima di abbandonare il suo incarico, Benedetto XVI ha cercato di portare a termine tutti i suoi progetti. Ce n’è però uno che ha lasciato inattuato: l’enciclica dedicata al tema della fede, alla quale il Papa si diceva stesse lavorando. Perché? E come mai proprio questo lavoro, fra i tanti, come ad esempio il trittico dei volumi sull’infanzia di Gesù di Nazareth, è rimasto nel cassetto? Proprio nell’Anno delle fede, poi, dopo le due già pubblicate sulla speranza e sulla carità. Al punto che si pensava che il testo potesse uscire entro pochissimo tempo. Non sarà così, invece. Ieri infatti padre Federico Lombardi, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, ha spiegato che «l’enciclica non sarà pubblicata entro la fine del mese perché non era ad un punto di preparazione tale da essere pubblicata definitivamente, questo rimane un documento che era atteso ma che non avremo nella forma dell’enciclica».
Una sorta di giallo, visto che si sapeva quanto il Papa tenesse all’argomento, e poiché si è capito, ora, che la sua elaborazione era in una fase del tutto preparatoria. Secondo alcune fonti, anzi, il testo finora svolto sarebbe avvenuto in collaborazione fra Joseph Ratzinger e l’alto prelato a capo del dicastero della Nuova Evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella. L’elaborazione stesa da quest’ultimo, soprattutto, potrebbe a questo punto diventare la traccia per un’enciclica sullo stesso tema, che potrà essere considerata dal successore di Benedetto XVI.
Il primo giorno del Papa che fra due settimane non sarà più Papa si è svolto serenamente. Una giornata che il Pontefice tedesco ha trascorso in tranquillità, apparendo sollevato dall’impatto mondiale destato dalla sua decisione. Benedetto ha passato una mattinata normale, come sono quelle del martedì, giorno in cui rispetto ad altri c’è meno da fare in Vaticano. Dopo aver pregato nella sua cappella privata e letto la cartellina con la rassegna stampa — ieri copiosissima — nel pomeriggio ha preparato con molta cura il suo incontro di domani, quando parlerà ai parroci della città di Roma, ed è possibile che non mancheranno riferimenti alla scelta di dimettersi. L’intenzione, comunque, è di affrontare il tema del Concilio Vaticano II, sotto il profilo della sua partecipazione personale a quell’evento. Oggi Ratzinger svolgerà al mattino l’udienza generale, e nel pomeriggio sarà nella Basilica di San Pietro per il mercoledì delle ceneri. Un dettaglio non secondario, piuttosto, riguarderà il titolo con cui sarà chiamato, dopo la data definitiva del suo Pontificato, il 28 febbraio. Padre Lombardi ha detto che «il Papa non è un cardinale, è il capo del collegio cardinalizio, ma certamente non è previsto che Benedetto XVI partecipi al Conclave, previsto per metà marzo. Sarà interessante vedere come ci rivolgeremo a lui, come verrà chiamato. Difficilmente lo chiameremo cardinale. Magari vescovo emerito di Roma». Da Papa, dunque, a vescovo emerito. Un salto non indifferente. È emerso infine che Ratzinger avrebbe voluto in realtà dimettersi subito, senza aspettare nessun periodo di vacatio. Al Santo Padre è stato fatto tuttavia notare che l’attuale periodo di poco più di due settimane prima della fine del mese è necessario per espletare una serie di appuntamenti che andranno comunque svolti sotto la sua direzione.
L’anello del Pontefice, in ogni caso, rotto tradizionalmente dopo la morte di ogni Papa, sarà «spezzato», come ha detto Lombardi, dopo il 28 febbraio. E gli «oggetti connessi strettamente con il ministero Petrino, dovranno essere terminati ».
Saranno però ancora molti gli appuntamenti che aspettano Papa Benedetto XVI da oggi fino all’ultimo giorno del suo Pontificato. Domenica si terrà un atteso Angelus in piazza San Pietro, quindi la sera prenderanno il via gli esercizi spirituali in occasione della Quaresima della Curia romana cui prenderà parte il Papa e che saranno predicati dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la Cultura. In quella settimana saranno sospese tutte le attività e le udienze del Pontefice, come avviene normalmente. Domenica 24 febbraio si svolgerà un nuovo Angelus — l’ultimo del pontificato — e mercoledì 27 l’ultima udienza generale alle quale dovrebbero prendere parte rappresentanze diplomatiche, cardinali, vescovi e diverse personalità.
Ma d’ora in avanti, qualsiasi cosa Benedetto XVI dirà o farà, verrà considerata, soppesata, analizzata sotto una luce particolare, in vista della riunione dei cardinali nella Cappella Sistina. Il suo portavoce ha spiegato che Benedetto «non avrà influenza» sul Conclave incaricato di eleggere il suo successore, e che «i cardinali saranno autonomi nelle loro decisioni». Ma tra gli osservatori serpeggia l’ipotesi che il fatto che il Papa sia ancora vivo e influente, avrà comunque la sua rilevanza e il suo peso, anche se «il vescovo emerito» non dirà una sola parola, come farà. Sarà così, si presume, non solo nel momento del Conclave, quando il vecchio Papa si ritirerà nella propria abitazione estiva sui Castelli laziali. Ma soprattutto quando tornerà dentro le Mura vaticane.
Alcuni osservatori prefigurano addirittura che fra i due, il Papa vecchio e quello nuovo, più che contrasti, nonostante le differenze di impostazione dei propri singoli Pontificati, si potrebbe anzi instaurare una collaborazione. Ratzinger, intanto, passerà al successore le consegne, i due si consulteranno, e il Vaticano, con la sua esperienza millenaria, farà sì che questo apparirà non un antagonismo, ma un fruttuoso lavoro comune.
(13 febbraio 2013)
PEZZO DI MASSIMO FRANCO STAMANE SUL CORRIERE
Gli interrogativi e i timori della Chiesa dopo l’annuncio delle dimissioni di Papa Ratzinger. Il Pontefice diventerà «invisibile», affiora l’ipotesi che lasci il Vaticano. «E adesso bisogna fermare il contagio...». Il monsignore, uno degli uomini più in vista della Curia, ripercorre le ultime ore vissute dal Vaticano come se avesse subito un lutto non ancora elaborato. E ripete, quasi fra sé: «Queste dimissioni di Benedetto XVI sono un vulnus: una ferita istituzionale, giuridica, di immagine. Sono un disastro».
Così, dietro le dichiarazioni di solidarietà e di comprensione nei confronti di Josef Ratzinger, di circostanza o sincere, affiora la paura. È l’orrore del vuoto. Di più: della scomparsa dalla scena di un Pontefice che per anni è stato usato come scudo e schermo da molti di quelli che dovevano proteggerlo e ora temono i contraccolpi della fine di una idea sacrale del papato.
Sono gli stessi che adesso avvertono l’incognita di un successore chiamato a «fare pulizia» in modo radicale; e a ridisegnare i confini e l’identità del Vaticano proprio cominciando a smantellare le incrostazioni più vistose. Le dimissioni vissute come «contagio», dunque. E commentate nelle stanze del potere ecclesiastico come un possibile «virus» che potrebbe mandare in tilt il sistema.
«Se passa l’idea dell’efficienza fisica come metro di giudizio per restare o andare via, rischiamo effetti devastanti. C’è solo da sperare che arrivi un nuovo Pontefice in grado di riprendere in mano la situazione, fissare dei confini netti, romani, impedendo una deriva». Lo sconcerto che si legge sulla faccia e nelle parole centellinate dei cardinali più influenti raccontano un potere che vacilla; e un altro che, dopo avere atteso per otto anni la rivincita, comincia a pregustarla.
Eppure, negli schieramenti che si fronteggiano ancora in ordine sparso, non ci sono strategie precise. Si avverte solo il sentore, anzi la convinzione che presto le cose cambieranno radicalmente, e che una intera nomenklatura ecclesiastica sarà messa da parte e rimpiazzata in nome di nuove logiche tutte da scrivere. Ma sono gli effetti di sistema che fanno più paura: e non solo ai tradizionalisti.
Un Papa «dimissionabile» è più debole, esposto a pressioni che possono diventare schiaccianti. Il sospetto che la scelta di rottura compiuta da Ratzinger arrivi dopo un lungo rosario di pressioni larvate, continue, pesanti, delle quali i «corvi» vaticani, le convulsioni dello Ior, la «banca del Papa», e il processo al maggiordomo Paolo Gabriele sono stati soltanto una componente, non può essere rimosso.
L’interrogativo è che cosa può accadere in futuro, avendo alle spalle il precedente di un Pontefice che si è dimesso. Da questo punto di vista, l’epilogo degli anni ratzingeriani dà un po’ i brividi, al di là del coro sulle sue doti di «uomo di fede». La voglia di proiettare immediatamente l’attenzione sul Conclave tradisce la fretta di archiviare una cesura condannata a pesare invece su ognuna delle scelte dei successori.
I Cardinali Bertone e BagnascoI Cardinali Bertone e Bagnasco
Il massimo teorico dell’«inattualità virtuosa» della Chiesa che si fa da parte perché ritiene di non avere più forza a sufficienza evoca un peso intollerabile, e replicabile a comando da chi in futuro volesse destabilizzare un papato. Sembra quasi una bestemmia, ma la carica pontificale, con la sua aura di divinità, appare «relativizzata» di colpo, ricondotta ad una dimensione drammaticamente mondana.
È come se la secolarizzazione nella versione carrierista avesse sconfitto il «Papa timido» e distaccato dalle cose del mondo; e le nomine controverse decise in questi anni da Josef Ratzinger si ritorcessero contro il capo della Chiesa cattolica. Rispetto a questa realtà, c’è da chiedersi che cosa potrà fare il «successore di Pietro» e di Benedetto XVI per ricostruire la figura papale.
Il vecchio paradigma è franato; il prossimo andrà ricostruito non da zero, ma certamente da un trauma difficile da elaborare e da superare. E questo in una fase in cui la Chiesa cattolica si ripropone di «rievangelizzare» l’Europa, diventata ormai da anni terra di missione; di ricristianizzare l’Occidente contro la doppia influenza del «relativismo morale» e dell’«invasione islamica».
Così, nel Papa che si ritrae con un gesto fuori dal comune, schiacciato dall’impossibilità di riformare le sue istituzioni, qualcuno intravede una metafora ulteriore: una tentazione a ritrarsi che travalica i confini vaticani e coinvolge simbolicamente l’Europa e l’Occidente.
Le dimissioni di Benedetto XVI, il «Papa tedesco», finiscono così per apparire quelle di un continente e di una civiltà entrati in crisi profonda; e incapaci di leggere i segni di una realtà che li anticipa, li spiazza, e ne mostra tutti i limiti di analisi e di visione: a livello religioso e civile. I detrattori vedono in tutto questo una fuga dalle responsabilità; gli ammiratori, un gesto eroico, oltre che un bagno di umiltà e di fiducia nel futuro.
La sensazione è che per ricostruire, il successore dovrà in primo luogo destrutturare, se non distruggere. In quell’espressione, «fare pulizia», si avverte un’eco minacciosa per quanti nella Roma pontificia hanno sfruttato la debolezza di Ratzinger come «Papa di governo». La minaccia è già stata memorizzata, per preparare la resistenza.
I distinguo appena accennati e le divergenze di interpretazione fra L’Osservatore romano e la sala stampa vaticana sul momento in cui Benedetto XVI avrebbe deciso di lasciare, sono piccoli scricchiolii che preannunciano movimenti ben più traumatici. Scrivere, come ha fatto il quotidiano della Santa Sede, che Benedetto XVI aveva deciso l’abbandono da mesi, significherebbe allontanare i sospetti di dimissioni provocate da qualcosa accaduto di recente, molto di recente, nella cerchia dei collaboratori più stretti.
E l’approccio e il ruolo in vista del Conclave dell’attuale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e del predecessore Angelo Sodano, già viene osservato per decifrare le mosse di schieramenti ritenuti avversari. E sullo sfondo rimangono le inchieste giudiziarie che lambiscono istituzioni finanziarie vaticane come lo Ior.
Di fronte a tanta incertezza, l’uscita di scena del Pontefice, annunciata per il 28 febbraio, è un elemento di complicazione, non di chiarimento. «Non possono esserci due Papi in Vaticano: anche se uno di loro è formalmente un ex», si avverte. La considerazione arriva a bassa voce, come un riflesso istintivo e incontenibile. Mostra indirettamente l’enormità di quanto è accaduto due giorni fa.
E addita il problema che la Santa Sede si troverà ad affrontare nelle prossime settimane: la convivenza dentro le Sacre Mura fra il successore di Benedetto XVI e lui, il primo Pontefice dimissionario dopo molti secoli. Il simbolismo è troppo potente e ingombrante per pensare che Ratzinger possa diventare invisibile, rinchiudendosi nell’ex convento delle suore di clausura, incastonato in un angolo dei Giardini Vaticani. Eppure dovrà diventare invisibile: il suo futuro è l’oblìo.
La presenza del vecchio e del nuovo Pontefice suscita un tale imbarazzo che qualcuno, come monsignor Rino Fisichella, non esclude novità; e cioè che l’abitazione definitiva di colui che fino al 28 febbraio sarà Benedetto XVI, alla fine sia individuata non dentro ma fuori dai cosiddetti Sacri Palazzi. Il Vaticano, però, è l’unico luogo dove forse si può evitare che venga fotografato un altro uomo «vestito di bianco», gli incontri non graditi, o controllare che anche una sola parola sfugga di bocca a un «ex» Pontefice: sebbene il Papa resterà tale anche dopo le dimissioni.
«Ma il popolo cattolico», si spiega, «non può accettare di vederne due». Il paradosso di Josef Ratzinger sarà dunque quello di studiare e meditare, isolandosi in un eremo nel cuore di Roma proprio accanto a quel potere vaticano che ha cercato di scrollarsi di dosso nel modo più clamoroso.
D’ora in poi, seguire i suoi passi significherà cogliere gli ultimi gesti pubblici di una persona speciale che sa di entrare in una zona buia dalla quale non gli sarà permesso di riemergere. Al di là di tutto, la sensazione è che molti, ai vertici della Chiesa cattolica, abbiano una gran voglia di voltare pagina; e che lo sconcerto causato dal gesto di Ratzinger e l’affetto e la stima profonda nei suoi confronti siano bilanciati dal sollievo per essere arrivati all’epilogo di una situazione ritenuta ormai insostenibile.
Probabilmente, qualcuno non valuta con sufficiente lucidità che Benedetto XVI non era il problema, ma la spia dei problemi del Vaticano; e che usarlo come capro espiatorio non cancellerà tutte le altre questioni rimaste aperte non soltanto per sue responsabilità. I sedici giorni di interregno che separano dal 28 febbraio, in realtà, segneranno uno spartiacque di secoli. E dimostreranno presto quanto abbia perso vigore non il Papa, ma alcune vecchie logiche. Almeno, Josef Ratzinger ha avuto il coraggio di vederle e rifiutarle.
ANDREA TORNIELLI SULLA STAMPA DI STAMATTINA
«Sono contento che Benedetto XVI rimanga a Roma, gli vogliamo bene, lo avremo vicino...». Vicolo del Farinone a Borgo Pio, nel primo giorno dopo l’annuncio choc delle dimissioni del Papa. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, esce da un piccolo negozio di articoli religiosi e alla domanda su quanto peserà nella vita della Chiesa l’inedita figura del «Papa emerito», risponde al cronista con un moto di affetto commosso verso Ratzinger.
A ventiquattr’ore di distanza dalla rinuncia, cominciano a farsi strada tante domande destinate per il momento a rimanere senza risposta. Problemi che non si erano mai posti prima. Come si chiamerà il Papa emerito? Nulla è deciso in proposito. Di certo non potrà continuare a usare il nome Benedetto XVI, legato a quel ministero di vescovo di Roma, che cesserà la sera del 28 febbraio. L’ex Pontefice tornerà a chiamarsi soltanto Joseph Ratzinger. Anche se dopo la sua morte, sull’annuario pontificio come sulla sua lapide, verrà inciso il nome papale, con le date del pontificato, il cui termine - per la prima volta dopo sei secoli - non coinciderà con la fine della sua vita terrena.
Ratzinger tornerà a essere cardinale? Gli esperti canonisti della Santa Sede studiano anche questo. Al momento dell’elezione, il Papa esce dal collegio cardinalizio, e dunque l’emerito non sarebbe più, almeno in teoria, membro di diritto del collegio dei porporati. Potrebbe ovviamente rientrarci, se il suo successore lo nominasse nuovamente cardinale. Dunque, quale sarà il titolo di Ratzinger?
Non «Papa emerito», ma più probabilmente «vescovo emerito di Roma». Pur non essendo più il Papa, continuerà a essere vescovo, in forza della consacrazione ricevuta nel 1977, e dunque in futuro potrebbe lasciare abiti papali bianchi per indossare quelli neri e violacei dei vescovi.
La sera del 28 febbraio, al momento in cui la rinuncia diventerà operativa, la sede apostolica sarà vacante. Verranno compiuti alcuni adempimenti solitamente previsti in caso di morte del Papa, a partire dalla distruzione dell’anello con il sigillo usato per bollare gli atti ufficiali. Quanto alla nuova abitazione, i lavori di ristrutturazione del convento di clausura interno alle mura vaticane sono cominciati poco più di un mese fa.
Non era stato comunicato il motivo, ma è evidente che Benedetto XVI aveva stabilito in anticipo la sua sistemazione Oltretevere, dopo i primi giorni che trascorrerà a Castel Gandolfo. Le quattro «memores Domini», le laiche di CL che oggi si prendono cura di lui, lo accompagneranno nella nuova casa, e anche il suo segretario, il neo-arcivescovo Georg Gänswein, gli starà inizialmente accanto, pur dovendo dedicarsi alla Casa Pontificia e dunque anche al nuovo Papa.
In tutti sembra prevalere l’affetto per il vecchio Pontefice dimissionario, che rimarrà in Vaticano. Ma ci si chiede quale possa essere l’influenza di un «vescovo emerito di Roma», per di più della caratura intellettuale di Ratzinger, che vive a poche centinaia di metri dal suo successore. Si sentirà libero, il nuovo Papa, di prendere decisioni che vadano in un senso diverso quelle ratzingeriane, con il predecessore vivo, vegeto, e così vicino? Viene dato per certo che Ratzinger sarà molto discreto. Il mite teologo bavarese, professore per vocazione e pastore per obbedienza, lo è sempre stato. Ma ci si domanda se uscirà, se riceverà visite, se parlerà. E anche se continuerà a scrivere libri o a pubblicare riflessioni teologiche. Magari decidendo di dare compimento sotto altra forma all’annunciata enciclica sulla fede, il cui progetto è destinato a non vedere più la luce con la firma di Benedetto XVI.
In Vaticano si sussurra che Ratzinger avrebbe voluto dimettersi e lasciare subito il pontificato, ma che sia stato consigliato di fare l’annuncio anticipato per permettere alla macchina curiale di assorbire il colpo evitando la paralisi immediata. Così, per quasi tre settimane, la vita della Curia continuerà: verrà rinnovata la commissione dello IOR, con l’uscita di scena del cardinale Attilio Nicora e sarà nominato il nuovo presidente della banca vaticana, sul quale è stato trovato finalmente un accordo. Le ultime nomine dell’era Ratzinger.
Ieri pomeriggio all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede si sono tenuti gli annuali colloqui per l’anniversario dei Patti Lateranensi, in un clima un po’ sospeso, tra interlocutori in scadenza: il presidente Giorgio Napolitano, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il premier uscente Mario Monti.
L’argomento nei colloqui a tu per tu sono state ovviamente le clamorose dimissioni di Benedetto. Rivolgendosi agli interlocutori italiani Bertone ha seccamente smentito la presenza allo IOR di conti riconducibili alle vicende Monte dei Paschi di Siena e scalata Antonveneta. Quegli scandali e veleni, veri o presunti, che l’anziano Papa non ha mai sopportato. E che ora ha deciso di lasciarsi alle spalle.
CECCARELLI SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
E poi ci sarebbe anche questa notizia: che presto ci sarà la fine del mondo.
Come dire che scampata alla profezia dei Maja, con il pretesto o sulla spinta del Papa dimissionario, l’umanità si è immediatamente rivolta alle predizioni di San Malachia, fermo restando che a rallegrare la vigilia del Giudizio universale sono pure disponibili i simpatici preavvisi di Nostradamus, di Rasputin, del Ragno Nero, della Monaca di Dresda e del Monaco di Padova, che a sua volta ripropone le divinazioni dell’Eremita Teolosforo.
La rete trabocca infatti di vaticini e così fra suggestioni paranoiche, divertissement millenaristici e taroccamenti esoterici il Medioevo si è collocato ufficialmente on line. L’importante, anche stavolta, è che tutti abbiano paura, o meglio che si colga nell’aria ciò che l’antropologo Marc Augé ha definito una «matassa indistinta e confusa di paure».
Tra i compiti benemeriti della Chiesa, per non dire del Papa, ci sarebbe (anche) quello di provare a toglierle - e in questo senso un pensiero grato va a Giovanni Paolo II che non si stancava di ripetere: «Non abbiate paura!».
Appunto.
Eppure mai come in questo frangente il fascino dell’Apocalisse, che pure dal punto di vista etimologico non corrisponde alla fine dei tempi, s’impone comunque all’attenzione del pubblico insieme a tutto quanto non si arriva a capire con il raziocinio, in un vorticare di segni, presagi, coincidenze liturgiche e ricorrenze mariane come quella che ha visto la rinuncia di Benedetto proprio nel giorno dedicato alle apparizioni di Lourdes.
Si ricorderà del resto il vento che muoveva le pagine del Vangelo e scompigliava le vesti dei cardinali al funerale di Papa Wojtyla. Ed ecco che la novità sconvolgente s’imprime nell’immaginario post-moderno, così simile a quello antico, attraverso foto di folgori sul Cupolone, sequenze di duelli aerei tra gabbiani e colombe in piazza San Pietro, o il ricordo di anelli piscatori scivolati dalle dita pontificali. Tutto questo è misterioso e al tempo stesso forse anche spiegabile, né a causa di Dan Brown, o di Giacobbo, o di Casaleggio occorre autocensurarsi perché da sempre la stessa tradizione ecclesiastica rivolge il suo sguardo ai simboli per leggervi il futuro.
Ieri su Libero Antonio Socci, che certo se ne intende, ha richiamato i segreti di Fatima e Medjugorje, oltre che le visioni di Pio X e di Leone XIII. In tutti i casi si tratta di profezie che lasciando, anzi mettendo piuttosto in ombra la misericordia divina, la lieta novella della redenzione e tutto ciò che apre il cuore all’amore e alla gioia, prospettano un avvenire spaventoso - e questo francamente autorizza qualche dubbio, e in fondo anche qualche domanda.
E in effetti se la posero anche pensatori non ortodossi come Pasolini («E passando davanti a San Pietro, all’inizio/ di una nuova primavera, che è la sua fine,/ (...) Ecco Pietro II che scende dalla sua piazza,/d’improvviso deserta») o Sergio Quinzio nel suo
Mysterium iniquitatis.
Non che il male sia escluso dalla storia anche apostolica, figurarsi. Senza riandare ai Borgia, soggetto di recenti e veridiche serie tv di successo, sospetti avvelenamenti, sequestri di adolescenti, stragi di guardie svizzere, attentati e altri terribili eventi di cui magari non si sa, sono ben maturati in tempi recenti al di là del Portone di bronzo. Ma come se tutto ciò non bastasse, le ansiogene proiezioni comprendono per lo più papi trafitti o inseguiti da Satana, mucchi di cadaveri curiali, basiliche petrine in fiamme o tremanti. Incubi insomma molto «interni», domestici, vaticani, non importa se tali da richiamare analoghi terrificanti eventi che avvengono oggi in diverse parti del mondo.
apocalisseapocalisse
Il più ricorrente di questi inferni venturi identifica nell’imminente pontefice, Pietro II o Pietro Romano che sia, l’ultimo uomo chiamato a svolgere quel ruolo e quindi preannuncia la fine della Chiesa, ergo di Roma e del mondo. In altre parole, come ai tempi del diluvio universale, o di Sodoma e Gomorra il Signore avrebbe perso la pazienza e deciso di farla finita. Ma per sempre. Tale scenario appare problematico nel suo sviluppo. Ma il fatto, o se si vuole l’ossessione della fine del mondo, si presta a un’interpretazione globale secondo cui la fine del mondo è in realtà la fine del «nostro» mondo, il declino storico dell’occidente che ha perso la sua posizione dominante. Da qui nasce l’attrazione per la decadenza, il crollo, la fine.
apocalisse dei mayaapocalisse dei maya
Dimesso un Papa, da quanto si capisce, se ne farà un altro. E siccome l’Italia è l’Italia, in attesa della fine dei tempi il comico Crozza non manca di affrontare la questione al festival di Sanremo.
VITO MANCUSO
Vito Mancuso analizza le parole di Benedetto XVI come "tipicamente ratzingeriane". La citazione delle tentazioni di Cristo nel deserto - spiega il teologo - alludono a una concezione del cristianesimo come sofferenza lontana dal potere del mondo. Un problema che il Pontefice ha conosciuto innanzitutto nella Chiesa e che per molti potrebbe avere contribuito al suo ritiro.
CRISTIANESIMO COME DRAMMA, CAMMINO NELLA SOFFERENZA. NULLA DI LEGATO ALL’ATTUALITA’. L’ATTUALITA’ NON È ATTUALE. COVA DA UN ANNO.
ATTACCO AL CARRIERISMO. TI METTO NEL DESERTO E DEVI TORNARE ALL’ESSENZIALE.
LA CONFERENZA STAMPA (REPUBBLICA.IT)
CITTA’ DEL VATICANO - Padre Lombardi, direttore e portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, si presenta in conferenza stampa poco più di un’ora dopo la fine dell’udienza generale di Benedetto XVI nella Sala "Paolo VI". Udienza che "ha avuto un senso particolare", ha sottolineato il gesuita, perché il Papa ha ribadito pubblicamente la sua volontà di lasciare il suo ministero petrino, come richiesto dal diritto canonico. Ratzinger ha dunque espresso le sue volontà in modo pubblico "e questa volta in una lingua corrente", mentre il primo annuncio, durante il concistoro di lunedi scorso, di fronte ai cardinali, era avvenuto in latino.
Incontri privati con Napolitano e Monti. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha quindi annunciato che sabato 16 febbraio, alle ore 18, il Papa riceverà il presidente del Consiglio Mario Monti. Sabato 23 febbraio, in tarda mattinata, Ratzinger incontrerà il presidente Napolitano. "Entrambi - ha precisato Lombardi - hanno manifestato il desiderio di avere con il Papa un momento di saluto privato".
Con il presidente della Repubblica "c’è un rapporto intenso, maturato col tempo" ha sottolineato padre Lombardi, che ha ricordato anche la commozione avuta nel corso del recente concerto in Vaticano offerto dal Napolitano al Papa e ha parlato di "apprezzamento profondo" tra i due. "Per quanto riguarda, invece, l’udienza al senatore Monti, ieri il segretario di Stato vaticano, nel corso dei colloqui per i patti lateranensi, ha accolto la richiesta. Si tratterà di una visita di cortesia". Monti vedrà Ratzinger in qualità di presidente del Consiglio e non come candidato alle elezioni, ha precisato il gesuita.
Il 27 febbraio udienza generale in San Pietro. Mercoledì 27, vigilia del suo addio al Pontificato, il Papa sarà in udienza generale in piazza San Pietro, per consentire la più ampia partecipazione. "Sarà una manifestazione importante, per la quale c’è da aspettarsi tanti fedeli - ha dichiarato padre Lombardi -. Il cardinale Vallini ha detto che sarà l’appuntamento per i fedeli della diocesi di Roma e lo trasmetteremo in diretta televisiva".
L’ultimo giorno. Il 28 febbraio, ultimo giorno del suo pontificato, Benedetto XVI saluterà in mattinata i cardinali nella sala Clementina in Vaticano, sarà l’ultimo atto ufficiale. Nel pomeriggio, alle ore 17, Joseph Ratzinger partirà per Castel Gandolfo in elicottero, lasciando la Santa Sede per l’ultima volta da Papa. "Arriva a Castel Gandolfo e poi suppongo che faccia cena, vada in cappella a pregare, saluti chi lo accoglie - ha risposto il gesuita alle domande dei cronisti - tutto con molta normalità". "Da quel momento - ha sottolineato padre Lombardi- si entrerà in sede vacante". "Non trova alcun fondamento - ha precisato il direttore della Sala Stampa - la notizia su un possibile trasferimento del Papa nell’abbazia di Montecassino".
In ogni caso, la nuova sistemazione di Ratzinger non costituirà un grande aggravio per le spese della Santa Sede. "La nuova casa del Papa sarà economica, in questi anni ha dimostrato di non avere particolari pretese", ha assicurato padre Lombardi.
Nel frattempo, aggiunge padre Lombardi, dando seguito alle visite "ad limina apostolorum" dei vescovi italiani, il Papa incontrerà domani i vescovi della Liguria, il cui presidente è il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. Sabato prossimo l’incontro con i vescovi della Lombardia guidati dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Sarà l’ultimo. Benedetto XVI a quel punto interromperà la visita "ad limina apostolorum" ai vescovi italiani.
Il Conclave. "L’inizio del Conclave deve essere stabilito tra i 15 e i 20 giorni dall’inizio della sede vacante. Se tutto si svolge senza problemi si può pensare che inizierà dal 15 marzo in poi - ha spiegato ancora padre Lombardi -. La decisione della data spetta ai cardinali riuniti nelle congregazioni generali".
"Nella Costituzione apostolica, che stabilisce modi e tempi per l’elezione - ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana - dopo la sede vacante si chiarisce che devono riunirsi le congregazioni dei cardinali in preparazione del Conclave. Si tratta di un momento molto importante anche per lo scambio e le conversazioni tra cardinali per maturare criteri e informazioni in vista della elezione. Il documento dice poi che l’inizio del Conclave deve essere stabilito tra i 15 e i 20 giorni dall’inizio della sede vacante. Quindi si può prevedere che dal 15 marzo in avanti può essere prevista la riunione del conclave".
Un titolo per Ratzinger. Quanto a Joseph Ratzinger, che lascia il pontificato in vita, "ancora non sappiamo quale titolo" avrà dopo la sua rinuncia. "Non abbiamo ancora pronta la risposta a questa domanda - ha detto padre Lombardi -. Non mi sento neanche di fare delle ipotesi, aspettiamo che le persone competenti si pronuncino in modo autorevole e attendibile".
Inoltre, le dimissioni di Ratzinger sono già valide anche sotto il profilo giuridico, ha spiegato padre Lombardi: il discorso pronunciato lunedì scorso in latino di fronte ai cardinali e le formule che conteneva sono l’atto ufficiale delle dimissioni di Benedetto XVI. "Non c’è un momento particolarmente significativo e giuridicamente rilevante come un atto simbolico per il termine del pontificato - ha detto Lombardi -. Ciò che deve accadere è che il Papa prenda liberamente la sua decisione e la dica, la rinuncia è stata annunciata e non deve essere accettata da nessuno né consegnata a qualcuno".
"Il Papa - ha aggiunto il direttore della Sala Stampa- ha avuto un grande coraggio. La rinuncia esiste nel diritto canonico. Il Pontefice l’ha semplicemente utilizzato". L’anello del pescatore, proprio del Pontefice in carica, sarà spezzato "dopo pochi giorni dalle sue dimissioni" ha chiarito il portavoce della Santa Sede, che ha poi spiegato che la cerimonia "non sarà pubblica" e avverrà alla presenza del camerlengo in situazione di sede vacante.
In merito ad un’altra questione che in queste ore viene rivolta dai giornalisti al Vaticano - il Papa, dopo le dimissioni, continuerà a vestire di bianco o no? -, padre Lombardi ha detto: "È un tipo di questioni che possono apparire secondarie, ma che anche simbolicamente hanno il loro significato nella vita della Chiesa, nel nostro immaginario, nel modo di pensare e di riferirsi alla figura del Papa".
Infallibilità termina il 28 febbraio. "Come insegna la teologia l’infallibilità è connessa al ministero" e termina con esso: "il problema non si pone". Così Padre Lombardi ha risposto a chi gli chiedeva se il Pontefice sarà infallibile anche dopo le dimissioni. Dal 28 febbraio alle 20 Joseph Ratzinger "non avrà più quest’assistenza particolare dello Spirito Santo".
"Nessuna interferenza col successore". Joseph Ratzinger "non svolgerà nessuna interferenza" con la missione del suo successore, è tornato a ribadire padre Lombardi. "Abbiamo tutti stima profonda per la sua saggezza e intelligenza per poter scartare una cosa del genere" ha aggiunto il gesuita che, a titolo del tutto personale, non ha escluso che il Papa possa scrivere in futuro "testi spirituali o teologici utili alla Chiesa e ai fedeli, se lo ritenesse opportuno".
Non si fermano le nomine, a giorni nuovo presidente Ior. Benedetto XVI ha nominato oggi monsignor Giuseppe Sciacca uditore generale della Camera Apostolica. Monsignor Sciacca è il segretario generale del Governatorato, e nel periodo della "sede vacante" avrà ora anche funzioni di consigliere giuridico del cardinale camerlengo. Inoltre, la rinuncia di Benedetto XVI non interrompe il percorso di nomine allo Ior già avviato. "Penso che sia possibile - ha detto padre Lombardi - che ci sia nei prossimi giorni la nomina del presidente dello Ior", ruolo vacante con il licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi lo scorso 24 maggio. Autorevoli fonti vaticane dicono che il prossimo presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, sarà quasi certamente uno straniero.
Padre Lombardi è poi tornato sulla riattivazione dei bancomat annunciato ieri dopo un accordo tra il Vaticano e la società svizzera da Aduno Sa. Un cronista ha domandato come ha commentato la Banca d’Italia, che aveva avviato, con la Procura di Roma, il blocco del sistema. "La Banca d’Italia - ha spiegato Lombardi - aveva fatto osservazioni a proposito di Deutsche Bank, una banca che, nonostante il nome, è di diritto italiano. Questa (Aduso, ndr) non è di diritto italiano. Ritengo che la Banca d’Italia non abbia nulla da obiettare. C’è stato di recente un incontro tra Vaticano e Banca d’Italia dal quale è potuto trasparire un clima sereno, di intesa e buoni rapporti".
Padre Georg resta prefetto della Casa pontificia. "L’incarico di prefetto della Casa pontificia non decade, e quindi monsignor Georg Gaenswein resterà prefetto’’. Ma don Georg, avendo anche il ruolo di
segretario particolare del Papa, dovrà decidere se seguire Ratzinger a Castel Gandolfo e poi nel Monastero del Vaticano dove l’ex Pontefice risiederà. Non sappiamo, ha spiegato il portavoce vaticano in questo senso ’’quale sarà la sua destinazione e il suo compito’’ dopo la rinuncia del Papa. ’’Non credo però - ha osservato Lombardi - che il Papa nel suo ritiro in monastero pensi di ricorrere a un vescovo in qualità di segretario personale’’.
I candidati a una difficile successione. Una delle poche certezze su cui si potrebbe delineare la figura del prossimo successore di Pietro è legata all’età. Tra i porporati ci sarebbe la ferma convinzione che un Papa "giovane", tra i 65 e 75 anni, potrebbe meglio sostenere il peso di un pontificato che si appresta a essere molto impegnativo.
Il cerchio si stringe intorno a 18 cardinali tra italiani, sudamericani, africani e anche canadesi. Tra i nomi più pronosticati quello del cardinale Angelo Scola, 72 anni, attuale arcivescovo di Milano e in passato patriarca di Venezia, persona molto vicina a Benedetto XVI. Tra gli altri italiani, il cardinale Mauro Piacenza, 66 anni, prefetto della Congregazione del clero, il cardinale Gianfranco Ravasi, 71 anni, presidente del Pontificio consiglio della cultura e il cardinale Angelo Bagnasco, 70 anni, attuale presidente delle Conferenza episcopale italiana.
Potrebbe essere la volta buona per un Papa africano. Come il ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson, 63 anni, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, arcivescovo emerito di Cape Coast.
Tre i papabili da Sud America. In testa il cardinale argentino Leonardo Sandri, 70 anni, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, gran cancelliere del Pontificio istituto orientale. Gli altri due sono il cardinale brasiliano Odiro Pedro Scherer, 64 anni, e dall’Honduras il cardinale Oscar Andrès Rodrìguez Maradiaga, 71 anni, arcivescovo di Tegucicalpa.
Tra nomi più quotati anche il cardinale canadese Marc Ouellet, 69 anni, prefetto della Congregazione per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l’America Latina, arcivescovo emerito di Quèbec, ritenuto un conservatore come Ratzinger, già tra i papabili nel 2005.
(13 febbraio 2013)