Claudio Del Frate, Corriere della Sera 13/02/2013; Fiorenza Sarzanini, ib., 13 febbraio 2013
2 articoli – ORSI IN CELLA: «INQUINAVA L’INCHEISTA» — Il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi deve essere arrestato perché ha pagato tangenti per 28 milioni di euro mascherandole da consulenze tecniche inesistenti, perché ha mentito ai magistrati e agli organismi di vigilanza interna del gruppo e perché ha tentato di far rimuovere il pubblico ministero che indagava su di lui in quanto «troppo zelante»
2 articoli – ORSI IN CELLA: «INQUINAVA L’INCHEISTA» — Il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi deve essere arrestato perché ha pagato tangenti per 28 milioni di euro mascherandole da consulenze tecniche inesistenti, perché ha mentito ai magistrati e agli organismi di vigilanza interna del gruppo e perché ha tentato di far rimuovere il pubblico ministero che indagava su di lui in quanto «troppo zelante». «Avvocato, ma cosa sta succedendo...?»: alle sei del mattino, con i carabinieri del Noe che gli sono arrivati nella casa di Sesto Calende, sul lago Maggiore, il top manager di uno dei principali gruppi industriali d’Italia non riesce a spiegarsi il precipitare degli eventi. Già, come mai Orsi ieri è finito in carcere (e il presidente di Agusta Bruno Spagnolini è ai domiciliari) per accuse che erano note ormai da un paio d’anni? Semplice, perché nel frattempo diverse cose sono cambiate, come narrato nell’ordinanza richiesta dal pm di Busto Arsizio Eugenio Fusco e concessa dal gip Luca Labianca. La vicenda è sempre quella della vendita di 12 elicotteri Agusta Westland al governo indiano, un appalto da 560 milioni di euro che Finmeccanica si sarebbe assicurata pagando tangenti al governo locale, in particolare al capo di stato maggiore dell’aeronautica Sashi Tyagi. Fino a ieri si riteneva che le accuse discendessero dalla deposizione di Lorenzo Borgogni, ex manager del gruppo che, accantonato da Orsi, si vendicò raccontando quel che gli era giunto all’orecchio ai magistrati. «Ma i fatti descritti nei capi d’imputazione sono realmente accaduti»: e qui l’inchiesta fa un balzo in avanti perché a parlare è Guido Haschke, il mediatore che partecipò in prima persona alla trattativa inconfessabile e che assieme al suo socio Carlo Gerosa è a sua volta colpito dall’ordinanza. Ma Haschke e Gerosa sono residenti a Lugano e al momento sono dunque liberi. «Preferirei rimanere fuori da questa storia» dice Haschke raggiunto ieri al telefono. Ma con il pm Fusco, il 13 e 14 novembre del 2012 il mediatore svizzero era stato assai più loquace. Haschke (ed è questa la novità più rilevante) aveva infatti raccontato di aver concordato tutto con Orsi e Spagnolini: questi ultimi avrebbero messo a disposizione dei mediatori circa 30 milioni di euro, comprensivi del loro compenso e anche delle mazzette da pagare agli indiani. Haschke entra nel dettaglio e svela anche come quel pagamento venne reso presentabile: con consulenze tecniche (il riversamento in immagini 3D dei progetti degli elicotteri) per complessivi 28 milioni che Agusta pagò a due società, la Ids India e la Ids Tunisia, riconducibili ai consulenti stessi. «Ma quelle erano scatole vuote e il costo reale sostenuto per la consulenza tecnica era l’1,5% della somma» ammette candidamente Haschke. Eppure «Orsi e Spagnolini hanno insistentemente negato alla vigilanza interna l’esistenza di consulenze» dice l’ordinanza. Non è questo l’unico motivo che ha fatto scattare gli arresti. I giudici citano anche un tentativo di togliere l’inchiesta al pm Eugenio Fusco, arrivato a Busto nell’estate 2012 per coprire provvisoriamente un posto vacante ma che aveva affrontato di petto il fascicolo Finmeccanica. Orsi attiva al proposito gli ex magistrati milanesi Grechi e Blandini e l’ex toga veneziana Romei Pasetti (tutti assunti all’interno di Finmeccanica). Partono telefonate «a utenze in uso al Csm» (e secondo un’informativa dei carabinieri il numero è quello del presidente Vietti) perché intervenga. «I magistrati sono stati usati per sviare le indagini» conclude l’ordinanza. «È un provvedimento autolesionistico per l’economia italiana e devastante» afferma il professor Ennio Amodio, difensore di Orsi. Che aggiunge: «Altro che pressioni indebite e inquinamento delle prove: in questi mesi abbiamo sempre prodotto alla Procura documenti, testimonianze, elementi in grado di dimostrare che tutti i pagamenti effettuati sono regolari». Claudio Del Frate DALLA LEGA ALLA MAGISTRATURA. LA RAGNATELA DEL PRESIDENTE — C’era una rete di manager, giornalisti, magistrati e soprattutto politici della Lega e del centrodestra che si muoveva dietro Giuseppe Orsi. L’amministratore delegato di Finmeccanica sembra poter contare sul loro appoggio in tutti i momenti chiave della sua carriera. E lo avrebbe fatto soprattutto quando si trattava di arrivare al vertice dell’azienda. Sono i verbali di interrogatorio e le intercettazioni allegati all’ordinanza di arresto a svelare la trama. E a far emergere l’imbarazzo del governo tuttora in carica per le indagini che lo coinvolgevano, anche se poi non è stata presa alcuna iniziativa rispetto a una sua possibile sostituzione. È soltanto la prima fase dell’inchiesta: lo stesso giudice anticipa nella sua ordinanza l’esistenza di materiale probatorio che dovrà essere esaminato. E infatti scrive: «In questa sede l’uso dei colloqui intercettati ha un unico e mirato scopo e cioè quello di asseverare processualmente la sussistenza dei presupposti di legge per emettere la presente misura nel rispetto delle norme. A tal fine verrà riportato il testo dei colloqui strettamente necessari allo scopo, riservando ad altri momenti procedimentali la considerazione dei numerosi e ulteriori colloqui rilevanti per una valutazione complessiva della realtà Finmeccanica». Tra gli elementi di indagine ci sono le «mazzette» ai manager che Guido Haschke, mediatore per l’affare con il governo indiano, racconta di aver versato: «10 mila euro al mese a Paolo Pozzessere più 30 mila in contanti, 200 mila euro a Paolo Girasole». La riunione tra Letta e i leghisti Una parte dell’indagine condotta dai carabinieri del Noe per ordine dei pubblici ministeri riguarda le nomine nelle società collegate per verificare se possano essere diventate merce di scambio. Ne parla a verbale il 14 novembre scorso Luciano Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia. «A febbraio 2011, Pierfrancesco Guarguaglini mi aveva fatto sapere che l’azionista di riferimento, all’epoca il ministro Tremonti, aveva ricevuto il mio nominativo da parte di Guarguaglini come possibile nuovo amministratore delegato. Ne sono rimasto lusingato anche se — lei forse non mi crederà — non me l’aspettavo, né bramavo per quella carica. Nel weekend precedente al 4 aprile 2011 ho ricevuto da parte di Guarguaglini e Borgogni una telefonata con la quale si dava quasi per certa l’indicazione del mio nome da parte dell’azionista. Per questo io e mia moglie apprendemmo con sorpresa la notizia che era stato nominato Orsi. Mandai un sms a Guarguaglini dicendo "che cosa è successo!". Per la verità Orsi era, come anche Alessandro Pansa, tra i "papabili". Negli incontri che ho avuto con Guarguaglini e Borgogni, mi dissero che io e Orsi eravamo i più titolati. Orsi era sostenuto dalla Lega, alla quale io peraltro non sono mai stato inviso. Dalla mia parte c’era tutto l’establishment politico, secondo quello che sosteneva Guarguaglini». Il rifiuto di Monti A questo punto Zampini spiega di voler «essere più preciso» e dichiara: «Guarguaglini mi aveva detto che Letta e Berlusconi erano per la mia nomina, Tremonti non era in disaccordo, solo la Lega spingeva per Orsi. Al mio sms Guarguaglini rispose con una telefonata durante la quale è stato telegrafico. Mi disse: "C’è stato un incontro ieri sera, non so che cosa sia successo, è stato nominato Orsi". Solo successivamente mi è stato riferito dallo stesso Guarguaglini e Borgogni che all’incontro che aveva preceduto la nomina di Orsi avevano partecipato Maroni, Giorgetti e Letta. I leghisti avevano fatto prevalere, in modo del tutto inatteso, il nome di Orsi». Il magistrato chiede a Zampini se Haschke gli parlò «di una decurtazione del compenso» e il testimone conferma: «Mi parlò di una retrocessione nel senso che parte del compenso doveva essere ritornata ad Agusta. E fece anche un commento. Era particolarmente stupito perché questa richiesta veniva, manco a farlo apposta, un paio di giorni dopo la nomina di Orsi quale amministratore delegato di Finmeccanica. Nella nostra conversazione in macchina (intercettata dai carabinieri ndr) si fecero anche delle considerazioni su quello che era accaduto in Finmeccanica. Haschke fece in particolare un’illazione. Mi disse: "La retrocessione che mi è stata richiesta magari serviva ad Orsi per ricompensare la Lega"». Commenta il giudice: «La circostanza non può essere sottaciuta poiché sull’utenza di Orsi sono state intercettate diverse telefonate con esponenti politici di quel partito che, a prescindere dalla corrispondenza al vero dell’illazione fatta da Zampini, dimostrano una certa vicinanza di Orsi a quel partito e confermano, ove ce ne fosse bisogno la credibilità di Haschke», che ha ammesso di aver pagato tangenti per conto di Finmeccanica. I due non sono gli unici a discutere di quanto sta accadendo in Finmeccanica. Scrive il giudice: «Il 4 gennaio 2013, all’interno della sala riunioni della "Fata spa", società facente parte del gruppo Finmeccanica, veniva intercettato in ambientale un colloquio tra Ignazio Moncada, presidente della stessa società e l’ex ministro delle Finanza Domenico Siniscalco. Costoro conversavano di più argomenti attinenti alla situazione politica italiana, poi il discorso cadeva sulla figura di Orsi. Nell’ordinanza è citata la sintesi fatta dai carabinieri: «Moncada parla di Monti e di Orsi e della questione legata ad Abu Dhabi. Sembra che Moncada riporti le parole di Monti in merito "perché io ho detto vado ad Abu Dhabi e non gli stringo la mano, così capirà che si deve dimettere... poi non ho risposto alla lettera". Moncada spiega che Orsi ha scritto una lettera a Monti». Giornali e Confindustria Da mesi Orsi è sotto indagine, ma cerca di resistere. Fa pressioni su alcuni magistrati assunti come consulenti affinché intervengano sul Csm perché si occupi della Procura di Busto Arsizio. Non a caso «sponsorizza la dottoressa Romei Pasetti al fine di procurarle ulteriori incarichi con l’ex ministro Siniscalco, attuale presidente di Assogestioni e manager di Morgan Stanley». C’è il tentativo di modificare l’immagine di Finmeccanica replicando sui giornali alle accuse. Orsi viene intercettato mentre concorda con il suo portavoce Carlo Maria Fenu i tempi di un’intervista a Sergio Rizzo del Corriere della Sera. Ma per il giudice c’è anche una strategia più aggressiva, e cioè «condotte volte a intervenire sugli organi di stampa per screditare e sminuire la stessa attività di indagine e ottenere il favore di alcuni organi di informazioni». Il 28 ottobre 2012 «viene registrato un colloquio telefonico che non può non leggersi se non con la volontà di montare una campagna di stampa retribuita e compiacente». Sembrano riferirsi a una società che si occupi del problema. Orsi: «Fenu non faccia per piacere queste cose per telefono!!! Non mi parli per cortesia di soldi... li tratto io!!! lasciamoli lavorare in pace, io ho bisogno di averli con tutta la potenza di fuoco che hanno». Fenu: «...certo». Orsi: «Ne parliamo quando sulla base di una proposta di lavoro che faranno!! Se loro ci dicono ho bisogno di 20 giornalisti a me va bene... pagheremo quello che ci vogliono». Annota il giudice: In data 11 novembre 2012 Il Messaggero di Roma pubblicava un’intervista a Orsi firmata da Osvaldo De Paolini. Il giorno precedente sull’utenza in uso a Orsi veniva registrata una telefonata che evidenzia che l’articolo in questione fu precedentemente predisposto da Orsi e da Fenu con pochi scrupoli». Per «lamentarsi degli articoli apparsi sul Sole24Ore» il presidente di Finmeccanica decide invece di chiamare direttamente il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Orsi: «In tutti questi giorni, però oggi mi sembra che abbia superato il limite. Cioè il giornale che mi attacca di più è il Sole... Ho veramente fatto fatica e non te ne avevo voluto parlare». Squinzi: «Comunque interveniamo subito». Orsi: «Essenzialmente Dragoni (giornalista)... C’ho tutti articoli... Attaccarmi così personalmente...». Squinzi: «Sai con questi giornalisti è sempre un problema, non gli puoi mai dire niente. Però intervengo sul direttore, glielo dico». Fiorenza Sarzanini