Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 13/02/2013, 13 febbraio 2013
IL DECANO E IL CAMERLENGO- LE DUE CHIESE DI SODANO E BERTONE
Nei primi mesi da segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone (Romano Canavese, 1934) si affacciava di tanto in tanto nell’appartamento a lui riservato accanto ai suoi uffici, alla prima loggia, sotto gli affreschi di Raffaello. Ogni volta, fumata nera: l’appartamento era ancora occupato. Il predecessore, cardinale Angelo Sodano (Isola D’Asti, 1927) non se n’era ancora andato. Così Bertone si rassegnava a salire nel suo alloggio provvisorio, nella torre di San Giovanni.
Oggi due uomini che non si amano si trovano a reggere la Chiesa in una transizione delicatissima, senza precedenti nel mondo moderno, con un Papa da eleggere e un altro ancora in vita, e con il Conclave più numeroso della storia — 117 cardinali — ma privo di una figura egemone. Non sono uomini del futuro. Sodano ha retto il governo vaticano nella seconda parte dell’era di Giovanni Paolo II; Bertone ha esercitato la stessa funzione nel tribolato pontificato di Benedetto XVI. Ora sono chiamati all’ultima missione: l’uno come decano del sacro collegio, l’altro come camerlengo. Sodano avrà il ruolo che dopo la morte di Wojtyla spettò a Ratzinger: fare da catalizzatore delle ansie e delle speranze dei cardinali, essere il loro confidente e la loro guida, e celebrare la messa «Pro Eligendo Romano Pontifice», in cui Ratzinger tenne la storica omelia contro il relativismo, prima di condurre i porporati in Conclave. Ma in Conclave Sodano non andrà, avendo superato gli ottant’anni. Ci sarà invece Bertone. Che come camerlengo convocherà i cardinali a Roma, presiederà le tre o più riunioni preparatorie del Consiglio, individuerà i relatori che faranno il punto sulla situazione della Chiesa; compreso quello che avrà il compito particolarmente delicato di relazionare i colleghi sulla situazione finanziaria.
Sia Sodano sia Bertone sono piemontesi. E i piemontesi non diventano Papi. Neanche uno, in duemila anni. (Ci sarebbe Pio V, il Papa di Lepanto, nato a Bosco Marengo, che oggi è provincia di Alessandria ma all’epoca faceva parte del Ducato di Milano). Sodano ebbe però un ruolo nel Conclave del 2005, schierando i cardinali di Curia al fianco di Ratzinger, che lo mantenne per oltre un anno al proprio posto, prima del (lento) passaggio di consegne. E Bertone dirà la sua nel Conclave prossimo venturo. Non è vero che le dimissioni improvvise lo abbiano spiazzato. Il Papa si è così sottratto alle pressioni che venivano dall’esterno e dall’interno del Vaticano perché sostituisse il segretario di Stato. E ha evitato che fosse tagliato fuori dal Conclave, come sarebbe accaduto tra meno di due anni. Bertone ha poche possibilità di diventare Papa. Ha molte possibilità di impedire che un uomo a lui sgradito lo diventi.
Sodano non gradì quando Bertone sostituì rapidamente i suoi uomini, al di là della normale logica dell’avvicendamento. Il nuovo segretario di Stato si insedia il 15 settembre, e a fine ottobre rimuove Castrillon Hoyos dalla guida della Congregazione per il clero. Sette mesi dopo il sostituto di Sodano, Leonardo Sandri, diventa prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, con una promozione interpretata come una rimozione. Anche i rapporti tra Bertone e Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, non sono facili: il potente prelato bresciano viene rimpiazzato dal canadese Ouellet, oggi in prima fila tra i papabili. L’inizio del governo di Bertone è funestato da un evento che nelle cronache di ieri non è stato ricordato, ma in passato è stato usato contro di lui in Vaticano: il nuovo arcivescovo di Varsavia, Stanislaw Wielgus, è costretto a dimettersi il giorno stesso dell’insediamento, dopo aver confessato di essere stato un informatore del regime comunista polacco, negli stessi anni in cui il cardinale Wojtyla veniva sorvegliato dalla polizia politica. Disastrosa anche la gestione della pace con i lefevriani, tra cui l’antisemita Williamson. Ma l’addebito più grave che gli uomini di Sodano muovono alla stagione di Bertone riguarda lo Ior: il Papa fa la scelta della trasparenza, proprio mentre la banca vaticana è coinvolta dalle due inchieste più incandescenti aperte dalla magistratura italiana, su Finmeccanica e sull’acquisizione di Antonveneta (non a caso ieri sera, al ricevimento all’ambasciata presso la Santa Sede, Bertone assicurava che non esistono allo Ior conti riconducibili all’affaire Antonveneta-Mps). È un uomo cresciuto con Sodano monsignor Viganò, che scrive al Papa quando scopre che Bertone intende rimuoverlo dal governatorato del Vaticano per mandarlo in America; mentre il prelato dello Ior, Piero Pioppo, a lungo segretario di Sodano, è trasferito in Camerun. Quanto a Pietro Parolin, che Sodano aveva nominato sottosegretario ai Rapporti con gli Stati, viene spedito in Venezuela.
Sarebbe un errore però pensare a un rapporto deteriorato e aspro sul piano personale. In Vaticano non sarebbe possibile, tantomeno in una fase storica come quella che si sta vivendo. I due cardinali si rispettano, e talora sono stati anche dalla stessa parte: come quando il Papa convocò il suo pupillo Schönborn, reo di aver criticato l’espressione — «chiacchiericcio» — con cui il decano aveva bollato la risonanza mediatica dello scandalo pedofilia; l’arcivescovo di Vienna trovò nello studio papale sia Bertone sia Sodano, e fu costretto a porgere pubbliche scuse.
La vera differenza tra i due, oltre che nel carattere, è nella biografia, e nello stile.
Sodano viene dalla scuola della diplomazia vaticana. Ha studiato alla Gregoriana e alla Lateranense, ha lavorato nelle nunziature in Ecuador e Uruguay; nel ’68 Casaroli lo chiamò in segreteria di Stato e gli affidò dossier delicatissimi con i Paesi dell’Est, come la liberazione del cardinale Mindszenty dalle carceri ungheresi. Quando dieci anni dopo fu nunzio nel Cile di Pinochet, non evitò le inevitabili polemiche ma ne uscì indenne. Bertone non è un diplomatico. È un salesiano. Si è formato a Torino tra il leggendario oratorio Valdocco, quello di don Bosco, e il liceo Valsalice, dove giocava a calcio da terzino, maturando la fede juventina. Crede nelle opere e nell’attività, a volte degenerata — secondo i critici — in attivismo. È più irruente che felpato, più spregiudicato che prudente. Sodano usciva con una sola macchina di scorta; Bertone si muove con la gendarmeria vaticana al seguito. Sodano si è sempre tenuto distante dal lavoro di Ruini alla presidenza della Cei; Bertone ha scritto a Bagnasco rivendicando per sé i rapporti con lo Stato italiano (anche se il nuovo capo dei vescovi si è presto conquistato la propria autonomia). Secondo la vecchia scuola diplomatica, la corona andava sempre protetta, «ad effusionem sanguinis» come ama ripetere Sodano: fino allo spargimento del proprio sangue. Bertone è accusato di aver costretto il Papa a esporsi per rimediare ai suoi errori. È vero però che lui non si è mai privato del suo sostegno. Dal ’95 al 2003 Bertone è stato segretario della Congregazione per la dottrina della fede, di cui era prefetto Ratzinger. Negli ultimi tempi, quando Benedetto XVI appariva in pubblico nella sua fragilità, sempre cercava con gli occhi il segretario di Stato in prima fila, e quando ne incrociava lo sguardo se ne sentiva rinfrancato. Alla fine, piuttosto che rimuoverlo, ha preferito andarsene lui.
Aldo Cazzullo