Eugenia Tognotti, TuttoScienze, La Stampa 13/2/2013, 13 febbraio 2013
II “COLD CASE” DI GIOVANNI DE’ MEDICI RISOLTO DAI TEST IN 3D
[“Assolto il chirurgo, fu ucciso dalla setticemia”] –
Quale fu la vera causa della morte del leggendario capitano di ventura Giovanni de’ Medici, noto anche come «Giovanni dalle Bande nere»? Fu ucciso su commissione, come molti sospettarono, con un’amputazione destinata a un esito fatale? Vecchio di cinque secoli il «Cold case» rinascimentale è stato ora risolto dai paleopatologi grazie allo studio dei resti scheletrici con le più moderne tecniche e procedure diagnostiche.
Il corpo del condottiero, morto nel 1526 è stato riesumato lo scorso novembre nella cripta del Museo delle Cappelle Medicee a Firenze, nell’ambito di una ricerca finanziata dalla Società di ortopedia e traumatologia, sotto la direzione della Soprintendenza di Firenze. A guidare l’équipe Gino Fornaciari, docente di paleopatologia e direttore del Museo di anatomia patologica dell’Università di Pisa. Giovanni de’ Medici - ha rivelato l’esame - aveva un’età antropologica di 25-30 anni, una statura di 1,78, cranio medio, naso stretto ed elevata capacità cranica. Era robusto, come rivelano le inserzioni muscolari (deltoide, gran pettorale, muscoli dell’avambraccio e della coscia). La presenza di numerose ernie vertebrali è collegata al «mestiere delle armi» che sovraccaricò il torace con le armature che compaiono nei ritratti.
Fornaciari doveva stabilire se l’intervento effettuato sul capitano di ventura - padre di Cosimo de’ Medici e «capostipite» del ramo granducale mediceo - fosse stato correttamente eseguito. Colpito il 26 novembre 1526 alla gamba destra da un «falconetto», un cannone di piccolo calibro, mentre tentava di fermare in Lombardia le truppe imperiali che marciavano verso Roma, il condottiero era stato trasportato in lettiga a Mantova nel palazzo del marchese Aloisio Gonzaga, suo amico e compagno d’armi. Chiamato dai commilitoni, era accorso il chirurgo ebreo «Maestro Abram», che gli aveva curato, qualche tempo prima, una ferita di archibugio. Siamo ai primi del XVI secolo, negli anni delle «guerre d’Italia», delle lotte tra poteri per la supremazia in Europa. Con l’introduzione delle armi da fuoco, il cui uso aveva sostituito quello delle armi bianche, erano cambiate anche le caratteristiche delle ferite. Palle di piombo e altri proiettili spappolavano le ossa e attraversavano i tessuti. Maestro Abram dovette trovarsi di fronte ad una situazione compromessa. La decisione fu l’amputazione, operazione dolorosa e cruenta prima che, a metà Ottocento, entrassero in campo le pratiche anestetiche.
Secondo la testimonianza di Pietro Aretino, amico di Giovanni e presente all’operazione, 10 uomini erano stati chiamati a tenere fermo il condottiero, che affrontò animosamente la prova. Sull’ operazione esistono diverse versioni. Qualcuna vuole che il chirurgo decise «di lasciare del percosso tanto che il rimanente si putrefece». Altre sostengono che l’amputazione non fosse stata eseguita sopra la ferita, ma leggermente al di sopra della caviglia. Cosa che avrebbe, di fatto, comportato una condanna a morte per Giovanni de’ Medici.
L’indagine si è svolta tra Firenze e Pisa. Radiografie, tomografia computerizzata, esame endoscopico della cavità cranica, rilievo stereofotografico tridimensionale, per non citare che alcune tecniche, hanno consentito, tra l’altro, di stabilire che il chirurgo è stato ingiustamente accusato. La tibia e il perone sono stati segati, ma non si sono trovati segni di lesioni sopra l’amputazione, né danni al ginocchio e al femore. «E’ sicuro - dice Fornaciari - che Abram è intervenuto su un arto compromesso da una semiamputazione traumatica, limitandosi a completarla e a regolarizzare i monconi prossimali». Insomma, il chirurgo fece quello che poteva, «ma l’infezione e la cancrena erano in una fase troppo avanzata». La paleopatologia ha quindi svelato il mistero: fu la setticemia a sconfiggere il condottiero che voleva fermare i Lanzichenecchi.