Emanuela Audisio, la Repubblica 13/2/2013, 13 febbraio 2013
ADDIO LOTTA, NON PIACI ALLE TV
[Audience bassa e scarso appeal: dal 2020 via dalle Olimpiadi] –
Niente più lotta dopo Rio 2016. Eliminata. Esclusa dalle discipline olimpiche. C’era da sempre, da quando nel 1896 de Coubertin fece giocare il mondo, non ci sarà più. Era il simbolo dell’antichità e della classicità, raffigurata in molte statue. Il Cio l’ha fatta fuori: cifre alla mano, è risultata molto poco telegenica. Brutto colpo: tra i 25 sport esaminati è quella che vende meno biglietti. Molto passato, poco futuro, tanta storia, poco appeal. Eppure è stato il primo respiro dell’uomo fuori dalle caverne, un istinto al quale il corpo ha dato una forma, una forma di allaccio tra quello che eravamo e quello che siamo diventati. La lotta è tradizione, vecchie palestre, maestri leggendari. Ti strizza la vita e ti fa volare via. Basta poco per lottare, infatti lo si fa in 108 paesi, è un mondo povero, che apparecchia il suo sport con quello che ha. Ma ha movimenti antichi e commoventi che sono una genealogia culturale. Enrico Porro, primo oro azzurro olimpico della storia, a Londra 1908, nella lotta greco-romana. Lombardo, ex mozzo, piccolo (appena un metro e mezzo), a Milano frequenta la palestra nota con il nome “el paviment de giass” perché d’inverno fa così freddo che la patina d’umidità si congela. Ma a Londra mette a terra tutti giganti, pure se finisce con il costume a brandelli, e ci sta due volte in quello che gli presta un finlandese, però in 50 minuti batte il russo Orlov e la regina Alessandra ci tiene a premiare quell’italiano così minuscolo e testardo. Davide e Golia in versione cinque cerchi. Il braccio violento del governo olimpico ora si sbarazza del suo retaggio storico: con la scusa dell’audience. Protestano in molti, ma il Cio si appella dietro al voto (segreto). «Scelta democratica, dobbiamo fare il bene delle Olimpiadi ». Non tradotto: it’s all about money. E’ una disciplina che non porta soldi. Così via la lotta libera, quella femminile, quella greco-romana. Che ha regalato emozioni extra-large: chi se lo scorda l’Uomo di Marmo, il russo Alexander Karelin, anche perché molti avversari lo guardavano e si buttavano giù da soli. 130 chili per 192
centimetri d’altezza facevano un certo effetto. Solo una gru aveva una presa migliore. Eppure il colosso a Sydney 2000 perse l’oro da un contadino americano, piccolo e mormone, alla sua seconda esperienza internazionale, che però gli rimase attaccato alle braccia per tutta la gara. Esce uno sport da combattimento, ne potrà forse entrare un altro più attuale (karate). A contare sono le scelte di marketing: già fuori baseball e softball, dentro golf e rubgy a 7. Il Cio si sbuccia l’anima per cercare la contemporaneità . Via la lotta, che forse nel 2020 favorirebbe la candidatura di Istanbul rispetto a Tokyo, avvantaggiato dal karate. Matteo Pellicone, presidente federale: «Sono sbalordito e indignato. Così si snaturano i Giochi, allora li chiamino World Games. E non dicano che la lotta è poco praticata: in Russia ci sono 500mila tesserati e centinaia di migliaia negli Usa. Nei paesi caucasici è lo sport nazionale, e così in Turchia e Iran, in Italia siamo 5.000. Ci sono paesi che vedrebbero il loro medagliere asciugato: come il Giappone che a Londra ha chiuso 11esimo, ma senza lotta sarebbe 19esimo». Altri parlano di “vero shock” visto che il voto è stato conteso tra lotta, pentathlon moderno e taekwondo.
Polemica soprattutto l’Asia. Ma anche l’Italia che in questa disciplina ai Giochi ha vinto 7 ori , 4 argenti, 9 bronzi. Andrea Minguzzi, campione a Pechino: «Il Cio sta facendo una pazzia totale, come possono pensare di togliere dalle Olimpiadi la più antica delle discipline sportive? il nostro forse è uno sport poco visto, ma molto praticato». Basta favole, niente più Pollicino. Il Cio dopo 120 anni mette la lotta al tappeto. Brutta botta.