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 2013  febbraio 13 Mercoledì calendario

QUEL GESTO SIMBOLICO DI BENEDETTO XVI IL PALLIO LASCIATO IN OMAGGIO A CELESTINO V

[Il 5 maggio il suo manto pontificio verrà posto sulle spalle del papa medievale] –
IL PROSSIMO 5 maggio si celebrerà a L’Aquila il 700esimo anniversario della canonizzazione di San Pietro Celestino V (1313), avvenuta diciassette anni dopo la sua morte (19 maggio 1296). In quell’occasione, come ha annunciato lo stesso arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Mo-linari, il pallio che papa Benedetto XVI lasciò sulla teca contenente le reliquie di Celestino V il 28 aprile 2009, in occasione della sua visita alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, tre settimane dopo il tragico sisma, verrà collocato direttamente sulle spalle di San Pietro Celestino, l’unico papa ad avere rinunciato al papato nel Medioevo e l’unico papa medievale ad essere stato canonizzato. L’arcivescovo ha altresì costituito una commissione deputata alla ricognizione delle reliquie del santo, attualmente esposte nella basilica di Collemaggio, al fine di fermare il processo di degrado delle ossa del santo.
Il pallio, una striscia di stoffa di lana bianca, tessuta con la lana bianca di due agnelli offerti ogni anno al papa nella festa di santa Agnese. Il pallio è il più antico oggetto simbolico destinato a rendere visibile il fatto che il papa è “l’erede” — così fu definito il papa già nel IV-V secolo — o “il successore” di san Pietro, il Principe degli Apostoli.
Il pallio è infatti presente già nel VI secolo nella cerimonia di consacrazione del nuovo papa che avveniva generalmente nella basilica di San Pietro in Vaticano.
Dopo l’ultima preghiera recitata dal cardinale vescovo di Ostia (che fin dai primi secoli era colui che, essendo il vescovo della diocesi più vicina a Roma, consacrava il nuovo papa), l’arcidiacono aveva il compito di porre sulle spalle del nuovo papa il pallio che durante tutta la notte precedente era stato posto sulla tomba di San Pietro.
Rivestire la salma di San Pietro Celestino con il pallio donato da un papa, Benedetto XVI, diventa dunque un gesto intriso di un profondo simbolismo apostolico. Ed è un gesto che crea uno straordinario inedito legame simbolico tra i due soli papi che a distanza di sette secoli hanno rinunciato al papato in assoluta piena libertà.
Il pallio era già in uso nella Roma antica. Come la stola e le calzature, il pallio faceva parte del vestiario dei dignitari statali, era quindi un’insegna la cui concessione apparteneva in origine all’imperatore e con la quale veniva riconosciuto un rango statale. Del resto, per molti secoli — ossia fino almeno al VI secolo — il papa dovette chiedere il permesso all’imperatore bizantino per concedere il pallio ad altri vescovi.
Ma progressivamente i papi presero l’abitudine di concedere il pallio ad arcivescovi — ed in qualche caso anche a vescovi — in occasione della loro consacrazione. Concedere il pallio aveva una funzione simbolica precisa, quella di rendere simbolicamente visibile l’unità dei vescovi della cristianità con Roma e quindi la centralità e l’universalità della Chiesa romana. Il pallio diventa sempre più nel corso del Medioevo il simbolo della funzione pontificia. I cerimoniali del tardo Medioevo lo dicono esplicitamente. Quando il nuovo papa riceve il pallio gli si rivolgono le seguenti parole: «Ricevi il pallio, simbolo della pienezza della funzione del papa, ad onore dei beati apostoli Pietro e Paolo e della santa Romana Chiesa».
Fin dai primi secoli, al papa, quando viene consacrato vescovo di Roma, il pallio veniva posto sulle spalle del pontefice, inserendovi tre spille d’oro, davanti, dietro e a sinistra. Sulla sommità di ciascuna di queste spille era infisso un giacinto. Così ornato il papa procedeva verso l’altare della Confessione di San Pietro e vi celebrava la messa solenne. Ora, le spille d’oro furono sovente interpretate come il simbolo delle “spine” (si giocava sulle parole) che la funzione pontificia necessariamente comporta.
Le difficoltà della funzione sono al centro della dichiarazione che Celestino V lesse ai cardinali riuniti in concistoro. Dopo avere annunciato la sua decisione di volere rinunciare al papato, il papa estrasse dal suo manto una carta di cui dette lettura: «Io, Celestino V papa, considerandomi incapace di questa carica, sia a causa della mia ignoranza, sia perché sono vecchio e debole, sia anche per la vita puramente contemplativa sin qui da me condotta, dichiaro di volere abbandonare questo incarico che io non posso più (rivestire); abbandono la dignità papale, i suoi impegni ed i suoi onori».
Seguì un rituale mai visto, semplice e sobrio, ma al tempo stesso spettacolare: Celestino V discese dal trono, si tolse la tiara dal capo e la posò per terra. Si spogliò quindi di ogni altra insegna pontificale e quindi anche del pallio.
I cardinali, ci dice ancora Bartolomeo di Cotton, assistettero stupefatti all’avvenimento. Celestino V, tornato a essere Pietro del Morrone, si recò poi nella sua camera e si rivestì subito dell’abito grigio della propria congregazione.
Le parole di Celestino V non sono così diverse da quelle pronunciate da Benedetto XVI ieri davanti ai cardinali, e forse sono state preannunciate da quell’inedito e straordinario gesto di deporre sulle reliquie celestiniane il pallio, simbolo della funzione papale, anche in termini di gravità, di difficoltà, di peso.