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 2013  febbraio 12 Martedì calendario

TRA «GRAN RIFIUTI» E SCANDALI I SEI PAPI CHE HANNO ABDICATO

[Sono rari gli addii al trono di Pietro prima di oggi, l’ultimo 600 anni fa. Il più celebre quello di Celestino V, che inadatto al potere lasciò il Soglio all’avido Bonifacio VIII] –
In questi giorni si farà un gran ricordare Celestino V, il papa che 719 anni fa fece il «gran rifiuto», ovvero che rinunciò al pontificato. Per la verità Celestino non fu il primo, ben quattro papi prima di lui avevano fatto altrettanto, a partire da San Clemente, terzo successore di Pietro, nel I secolo dopo Cristo. Lo seguirono Ponziano nel 235, Silverio nel 537, e un altro Benedetto –il numero IX – nel 1045. Quel Benedetto fu uno dei successori di Pietro più scandalosi della storia, fra i tanti scandalosi che ci sono stati: basti dire che vendette la dignità pontificia per due volte, una per sposarsi, e due volte la rivolle indietro. A parte questi casi, nella Chiesa si è pensato assai raramente alle dimissioni di un pontefice, anche quando si trattava di uomini vecchissimi o non più in grado di intendere e volere. Tutti ricordiamo la palese, quasi esibita sofferenza di Giovanni Paolo II, che però volle mantenere fino all’ultimo il peso immane del papato, quasi a mo’ di esempio. Quello di Benedetto XVI è un esempio diverso, l’esempio di un uomo efficientissimo – non a caso tedesco, diremmo – che non sentendosi più in grado di esercitare magistero e potere nel modo migliore, preferisce rinunciarci: avendo probabilmente già organizzato la successione, possiamo sospettare senza essere maligni. È una decisione rispettabile quanto lo fu quella di Celestino V, e forse più razionale. Celestino infatti, vecchio monaco totalmente estraneo alla gestione del potere, era stato scelto dal conclave per evitare candidati più pericolosi. Sperimentata la propria inadeguatezza (e sollecitato da ogni parte), si dimise. Il vero protagonista di quella decisione fu il successore di Celestino, che prese il nome di Bonifacio VIII, Benedetto Caetani, della nobile famiglia di Gaeta che aveva già prodotto, quasi due secoli prima, Gelasio II.
Tutti già ci chiediamo chi verrà dopo Benedetto XVI, ma c’è da giurare che sarà migliore di Bonifacio VIII. Secondo una leggenda credibile, se non vera, Celestino di notte, nella cella ascetica che aveva voluto anche come papa, sentiva un angelo portargli l’ordine di Dio: abbandonare il trono. La voce dell’«angelo»era quella del Caetani che – alle dimissioni di Celestino - venne subito eletto.
Celestino poi divenne santo, Bonifacio no, anche perché- oltre al denaro e alla vanità di farsi immortalare in innumerevoli statue - gli piacevano molto sia le donne sia i bei ragazzi. Fu, tra l’altro, il papa che inventò il giubileo, da una antica tradizione ebraica di cui non esisteva traccia in quella cristiana. Chiunque andasse in pellegrinaggio a Roma, in quell’anno, avrebbe avuto la remissione dei peccati. Era un buon affare per i pellegrini, ma lo fu anche per la Santa Sede e per la città: «Molto tesoro ne venne alla Chiesa, e i romani per le loro derrate furono tutti ricchi», scrisse un cronista. «Giorno e notte», racconta un altro, «due chierici stavano presso l’altare di San Paolo, tenendo in mano un rastrello per raccogliere monete sanza numero». Da uno a due milioni di pellegrini, cifra immensa per l’epoca, invasero la città portandovi oro e (mondati dei peccati) gozzoviglia. Il giubileo, che nelle intenzioni iniziali doveva tenersi ogni secolo, fu ripetuto 50 anni dopo, e dal 1400 si tiene ogni 25 o meno.
Notiamo, solo per inciso, che a Roma i commercianti e gli albergatori già festeggiano l’idea di un nuovo conclave e di un nuovo papa, con conseguente incremento al turismo. Giovanni Villani, uno dei cronisti, tramanda che i commercianti romani mostrarono grandi capacità di frode: il macellaio, «mescolava e vendeva con sottili inganni la mala carne con la buona », mentre gli albergatori «facevano jacere » sei o sette persone in un letto che ognuno degli sciagurati aveva affittato per sé o, al massimo, per condividerlo con un altro pellegrino. Anche grazie al giubileo, la famiglia Caetani diventò ricchissima.
Bonifacio fu anche l’ultimo papa che cercò davvero di imporre il dominio universale della Chiesa. Non capì, come non lo capirono molti suoi successori, che i tempi erano cambiati, che si stavano formando i grandi stati nazionali, e che i re avevano meno bisogno della benedizione papale. Bonifacio si urtò con Filippo il Bello, re di Francia: per Bonifacio i laici non avevano diritto di imporre tasse agli ecclesiastici, ma Filippo la pensava in tutt’altro modo.Dopo una serie di reciproche contumelie e sgarbi, il re- scomunicato- tentò di far rapire il papa a Anagni. Liberato dai suoi soldati, Bonifacio poté tornare a Roma ma morì poco dopo, urlando orribili bestemmie, un po’ per il dolore dei calcoli renali, un po’ per il carattere. Nel frattempo il popolo romano, secondo un’antica tradizione, gli aveva saccheggiato la casa: il popolo, alla morte di ogni papa,si riprendeva un po’ di quel che era stato tolto. Questa prassi, durata per secoli, spiega abbastanza bene i rapporti tra romani e potere papale.
Naturalmente niente di simile accadrà, nel prossimo mese di marzo. E di nuovo c’è anche che Benedetto XVI potrà assistere – in televisione, seduto in salotto – alla comparsa del suo successore dalla finestra degli appartamenti papali.


ANCHE PIO XII E WOJTYLA ERANO PRONTI A LASCIARE [Papa Pacelli temeva di essere rapito da Hitler. Giovanni Paolo II e Paolo VI di perdere le forze] –
Roma
Tre lettere per dimissioni che non ci sono mai state. Nella storia della Chiesa moderna ci sono Papi arrivati proprio ad un passo dal lasciare il Soglio di Pietro, per minacce esterne o per motivi di salute.
Pio XII era pronto a dimettersi nel 1943, quando Adolf Hitler voleva eliminarlo perché non aveva sostenuto il Duce. Gravemente ammalato, nel ’78 Paolo VI delegò ai cardinali la decisione di sostituirlo se non avesse più avuto la forza fisica di continuare il pontificato. Lo stesso fece Karol Wojtyla prima della morte nel 2005, che chiuse lunghi anni di sofferenza e malattia. «L’idea che un Papa non si dimette è un’idea sbagliata -spiega l’ex portavoce vaticano Joaquim Navarro-Valls - . Perché non solo è un tema previsto in modo specifico dal diritto canonico, ma è un tema affrontato in un passato relativamente recente anche da due predecessori di Papa Ratzinger: Paolo VI e Giovanni Paolo II».
Non bisogna dunque risalire troppo indietro nei secoli per trovare dei pontefici che pensarono di lasciare il vertice della Chiesa. In questi tre casi, dettati tutti da forza maggiore storica o medica che sia, non si arrivò mai alle dimissioni che ora Joseph Ratzinger annuncia direttamente e clamorosamente.
Per Pacelli, il timore era quello di cadere nelle mani dei nazisti. La vicenda è stata ricostruita negli ultimi decenni dagli storici: a fine luglio ’43, dopo i l voto contro Mussolini del Gran consiglio, il Führer ordinò il blitz contro Pio XII. Il Papa lo seppe e preparò la lettera di dimissioni, come rivelò poi il segretario di Stato Domenico Tardini. C’erano le disposizioni per il futuro conclave a Lisbona e l’ordine di bruciare dei delicati documenti. «Se mi rapiscono - disse - porteranno via il cardinale Pacelli, non il Papa». Poi il piano saltò e lui regnò fino alla morte nel 1958. Le dimissioni preparate da Papa Montini, invece, non furono necessarie per l’improvviso aggravarsi del male. Anche per Giovanni Paolo II i cardinali ritennero che potesse ricoprire il suo ruolo fino alla fine.