Roberta Zunini, il Fatto Quotidiano 12/2/2013, 12 febbraio 2013
DAL CAIRO A GERUSALEMME PIÙ STUPORE CHE RAMMARICO
A Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteiste, la notizia della rinuncia del Papa ha lasciato esterrefatti. Il più dispiaciuto sembra essere il rabbino capo di Israele, Yona Metzger che ha lodato Ratzinger per l’impronta data al dialogo interreligioso, sostenendo che le relazioni tra Israele e il Vaticano non sono mai state migliori: “Nel corso del suo pontificato abbiamo registrato le migliori relazioni da sempre tra la chiesa e il rabbinato capo e auspichiamo che questa tendenza continui”. Metzger ha speso parole di apprezzamento per i progressi fatti nel dialogo interreligioso tra giudaismo, cristianesimo e islamismo, grazie all’operato del Papa nei suoi 8 anni di pontificato. “Gli auguriamo buona salute e lunga vita”. In realtà sul campo i rapporti tra ebrei e cristiani non sono così idilliaci e non aveva certo fatto piacere ad alcuni rabbini israeliani la solidarietà mostrata dal Vaticano al presidente palestinese Abu Mazen a proposito del riconoscimento della Palestina all’Onu. Se rimaniamo alle dichiarazioni ufficiali, il mondo islamico è riluttante nel commentare pubblicamente la scelta del pontefice. La reazione del grande imam Al Tayeb di Al-Azhar, l’istituzione più influente del mondo islamico sunnita, con sede al Cairo, è stata riportata da un esponente dell’accademia e non è entrata nel merito del pontificato: “Sua eminenza Al Tayeb è rimasto scosso dalla notizia perchè per l’Islam quando qualcuno lascia un incarico per motivi di salute non è buona notizia”.
IL GRANDE IMAM non ha la stessa valenza del Papa perché la religione islamica non prevede un rappresentante ufficiale e infallibile di Allah in terra, quindi nessuna autorità religiosa dell’Islam può parlare a nome di tutti. Non ci sono commenti ufficiali da parte degli ayatollah iraniani che guidano i musulmani sciiti né da parte degli imam wahabiti – una delle correnti religiose più radicali dell’Islam - dei paesi del Golfo, anche se sui siti dei quotidiani e delle tv iraniane e degli Emirati, come Al Jazeera, la notizia delle dimissioni di Ratzinger compariva in apertura. In Libano dove la popolazione è divisa praticamente a metà tra cristiani e musulmani, sia il clero sunnita sia quello sciita si è detto dispiaciuto per la notizia. Ahmed Abbas, un imam di Beirut, dove il Papa lo scorso settembre era stato accolto con rispetto e applaudito da tutti per il suo discorso sulla tolleranza e apertura al dialogo con le altre confessioni, ha espresso al Fatto la sua stima nei confronti del pontefice: “Ha pensato prima ai fedeli che a se stesso. Non si è ritenuto proprietario del soglio pontificio ma un tramite e quindi ha lasciato perché non si sentiva più in grado di svolgere la sua missione come avrebbe voluto. Lo trovo un atto di grande generosità”. Anche Fuad Aodi, presidente della comunità del mondo arabo in Italia (Comai) che conta membri prevalentemente musulmani, è rattristato: “ Siamo addolorati e molto sorpresi per le dimissioni. Ringraziamo Ratzinger per i suoi numerosi appelli costruttivi a favore della pace, dei diritti umani e degli immigrati, per gli aiuti umanitari ai civili in difficoltà, per il dialogo inter-culturale ed interreligioso”.
Sul fronte cristiano ortodosso Il Patriarcato di Mosca ha espresso il desiderio che col nuovo pontefice il dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e ortodossa vada avanti. Il segretario del Dipartimento per le relazioni inter-cristiane, Dmitry Sizonenko, ha dichiarato che “non vi sono ragioni per pensare che ci saranno cambiamenti drastici nella politica del Vaticano”. Il Patriarcato di Mosca ebbe relazioni tese con Giovanni Paolo II mentre aveva trovato in Benedetto XVI un alleato nella lotta contro il “secolarismo aggressivo sempre più diffuso”. Il neo arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha commenato: ”La Chiesa anglicana comprende con cuore dolente il gesto di Benedetto XVI”.