Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 12/2/2013, 12 febbraio 2013
LA DIPLOMAZIA CON L’ISLAM E LO STRAPPO SU MAOMETTO
Le relazioni tra il Papa e l’Islam sono state controverse: ottime con l’Islam sciita e l’Iran, grazie anche al lavoro del cardinale Tauran, presidente del consiglio pontificio per il dialogo inter-religioso, meno buone con il mondo sunnita. Le ha condotte facendo qualche concessione ma anche con determinazione sorprendente, persino negli ultimi mesi.
Benedetto XVI ha compiuto tre viaggi in Medio Oriente – in Turchia nel 2006, in Terrasanta nel 2009 e in Libano nel 2012 – e per due volte è entrato a piedi scalzi in moschea in segno di rispetto per i precetti musulmani pregando in direzione della Mecca. La prima di queste occasioni, alla Moschea Blu di Istanbul accompagnato dal Gran Muftì, è stata la più significativa: veniva dopo un discorso all’Università di Ratisbona del 12 settembre 2006 che aveva fatto infuriare gli islamici.
Le reazioni erano state dure. La massima istanza dell’Islam turco, Alì Baradakoglu, gli aveva chiesto di scusarsi «per avere insultato l’Islam» e si dichiarava contrario alla sua visita in Turchia che invece si svolse poco tempo dopo, in novembre, con successo: sollevando al vento una bandiera turca il Papa riuscì a catturare la simpatia di una popolazione notoriamente nazionalista.
Che cosa aveva detto il Papa in Baviera? La “lectio magistralis” “Fede ragione, università”, aveva irritato i musulmani con una citazione da un dialogo del 1400 tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo e un dotto persiano ricevuto ad Ankara – allora parte del regno di Bisanzio – molto critico nei confronti di Maometto e della Jihad, la guerra santa. In questo documento l’imperatore dice al suo interlocutore: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere la fede con la spada». «Imporre la religione con la violenza è irragionevole», concludeva l’Imperatore.
Le reazioni al discorso di Papa Ratzinger non si limitarono agli esponenti di punta del mondo musulmano: oltre a numerose proteste di piazza vennero assaltati e incendiati diversi luoghi di culto cristiani.
Con questa citazione, conosciuta solo agli specialisti, il Papa in realtà intendeva prendere posizione contro ogni violenza e “guerra santa”, affermando «che è necessario interrogarsi su Dio per mezzo della ragione». Il secondo obiettivo era pronunciarsi contro le conversioni forzate. «Chi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non della violenza e della minaccia».
Il discorso aveva un carattere generale: spingere, con l’esaltazione della ragione, al dialogo tra religioni e culture. Gli esiti si rivelarono opposti. Il Papa fu spinto a dichiarare che non aveva intenzione di offendere l’Islam e prendeva le distanze da una citazione «in cui non si riconosceva». Ci fu chi difese il Papa, anche fuori dal mondo cristiano. Salman Rushdie, autore de “I versi satanici” disse: «Sono rimasto scioccato da un editoriale del New York Times che chiedeva al Papa di scusarsi. Perché pretendere scuse per un testo bizantino? Non ricordo l’ultima volta che è accaduto un fatto simile nella storia. La Chiesa ci ha messo 400 anni per scusarsi con Galileo, ma il mondo ha preteso che si scusasse con l’Islam in 8 minuti».
Nonostante la visita alla Moschea Blu, seguita poi da quella alla Cupola della Roccia a Gerusalemme, l’eco delle polemiche è rimasto.
A Beirut, nel settembre scorso, il Papa ha ribadito gli stessi concetti soffermandosi sull’incontro, nell’epoca d’oro degli arabi, tra la filosofia greca e l’Islam, sottolineando il contributo della ragione e auspicando una sorta di re-ellenizzazione del pensiero musulmano. Riferimenti passati quasi inosservati dai media che hanno sottolineato gli appelli alla pace e alla convivenza tra i musulmani e i cristiani del Medio Oriente, una presenza che si sta assottigliando dopo la guerra in Iraq del 2003 e quella attuale in Siria. Ma questi appelli del Papa dimissionario sembrano destinati a restare ancora inascoltati in un mondo percorso dalle spinte radicali e militanti di un fondamentalismo intollerante anche nei confronti dell’Islam più moderato.