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 2013  gennaio 26 Sabato calendario

IN AMORE MI SPAVENTANO LE PANTOFOLE

[Lucrezia Lante della Rovere]

PER LA PRIMA VOLTA sono sola. Dopo tanti amori, tutti non-matrimoni, non ho un compagno...
Difficile immaginare Lucrezia Lante della Rovere come una donna sola. Meglio: più che difficile, impossibile.
Invece sì. Due anni fa è finita, dopo cinque anni, la mia storia col pittore Marco Tirelli. Da allora non ho più un legame fisso. Però ho una famiglia, cioè le mie due figlie gemelle di ventiquattro anni, Ludovica che sta finendo gli studi di architettura a Londra e Vittoria che lavora in uno studio fotografico a Milano. E vivo da tre anni con Francesco Zecca. Siamo amici da dieci anni. Soprattutto lui ora è il regista di Come tu mi vuoi di Pirandello, nell’adattamento di Masolino D’Amico. Debuttiamo il 29 gennaio al Sala Umberto di Roma e poi tournée fino ad aprile. Francesco dice che io sono perfetta per il ruolo dell’Ignota: a causa della mia incapacità di dire bugie.
Ma come? Non aveva detto che era una donna sola? Come può essere sola una donna se vive con un uomo?
Io e Francesco siamo amici. Facciamo famiglia. Condividiamo parte del tempo libero, il tetto e le spese di casa, spesso il lavoro, due cani, le cene con gli amici. Ma non abbiamo una storia. Anzi, la sera ci raccontiamo ciò che ci capita al di fuori di casa. Una storia tra noi? Non ci abbiamo mai pensato, veramente...
Tornando alla prima domanda: com’è possibile che una donna come lei sia sola? Non le mancheranno gli incontri...
Incontri? Vedo in giro uomini terrorizzati dall’indipendenza delle donne. Insicuri, fragili, spaventati, spesso addirittura goffi. Non sanno più come muoversi, sembrano fuori ruolo. C’è sullo sfondo un vecchio mondo in cui erano abituati a guadagnare di più delle donne, a gestire più potere, a "insegnare" qualcosa. Adesso, in un mondo completamente diverso, invece...
Adesso, invece?
Prendiamo me. Io sono libera, indipendente, trotto e navigo da sola, non ho bisogno di niente e di nessuno. Ma sono un essere umano. E l’amore resta sempre una parte importantissima delle nostre vite. Ma una come me, forse, atterrisce gli uomini. Capita a tante altre donne che conosco: tutte simpatiche, vitali, intelligenti, curiose. Ecco, adesso secondo me il mondo femminile è sicuramente più curioso e attraente di quello maschile. Ogni donna è capace di sostenere duemila ruoli. Gli uomini, be’, proprio non mi pare.
Di che cosa ha paura, in un rapporto sentimentale?
Della noia. Della quotidianità. Come vedo la pantofola e sospetto calma piatta io scappo. Fuggo. Addio.
Farse, dopo una giornata complicata può far piacere ritrovarsi insieme, magari senza pantofole...
Chi dice di no? Ma un conto è ritrovare un porto sicuro, un conto è fare la badante. No, la badante no. Non me ne frega niente. Un buon rapporto a due aiuta la crescita, non si limita a riempire un vuoto di solitudini. Lo ammetto, sono esigente. Lo sono anche nelle amicizie. E così nell’amore. Mi piace ridere.
Tutto questo prevede una passione costante. Difficile, no?
Può essere anche una passione intellettuale, un’intesa su ciò che si ama, sull’ironia e la capacità di ridere. Certo non penso al sesso a bomba sempre e continuo, quello dei primi tempi. Ma chi lo vorrebbe per così tanto tempo, per carità.
Adesso che cosa vorrebbe da un uomo?
Vorrei un uomo capace di aprirmi porte verso spazi sconosciuti. Che mi stupisca. Che adoperi la fantasia. Qualcuno dirà: ma quanti cavoli, vuoi la luna. Ma sono stufa di fare sempre la parte della trascinatrice.
Sono state tante le delusioni nella sua vita?
No, non sono delusa dalla vita. Le amarezze ci sono. Ma ho un temperamento da famiglia allargata, ho un animo affettuoso. Non riesco a perdere le persone che ho incontrato. Sarebbe come smarrire pezzi di me stessa. Tagliare di netto, eliminare, ecco, quello mi fa soffrire molto. Anche perché i rapporti si evolvono sempre e si trasformano. Perché crearsi i dolori quando puoi tu stesso scrivere un finale?
I finali che ha scritto sono bei finali?
Vedo nel complesso una sceneggiatura positiva.
Adesso c’è Pirandello. Che arriva dopo tante, diverse esperienze di lavoro. Qual è la sua identità artistica?
Ecco, qui c’è davvero Pirandello... Non mi sono mai chiusa in un’identità né in un ruolo: le fiction, il teatro ma anche Ballando con le stelle... Così come non mi sono mai identificata in un gruppo né in un modo di essere. Adesso c’è questo straordinario personaggio dell’Ignota che davvero mi somiglia, abbiamo lavorato duro con Francesco. Poi arriverà altro. Detesto fermarmi. Per me è come la morte. Finché siamo vivi, viviamo. Poi, dopo, c’è tutto il tempo per fermarsi. Non mi arrendo nemmeno di fronte alla decadenza che vedo in giro: le strade malmesse, i monumenti poco curati. Eppure siamo circondati dalla bellezza.
Un bel progetto di lavoro?
Francesco sostiene che dovremmo mettere in scena L’uomo dal fiore in bocca con me protagonista. Vedremo.
Che cosa vorrebbe dalla vita?
Stare sempre in scena o impegnata nelle prove. Perché lo ha spiegato bene Cechov: «Il teatro è come la vita ma senza i momenti di noia». E io e la noia, l’ho già detto, siamo nemiche mortali.