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 2013  febbraio 11 Lunedì calendario

IL MALAFFARE E LE COLPE DELLA CATTIVA POLITICA

[vari pezzi e 12 boxini alla fine] [vedi appunti]

Gli antichi malanni del Belpaese ancora vi albergano indisturbati, a loro agio come trent’anni fa. Anzi, la crisi, non sembra disturbare le attività economiche illegali, in barba agli effetti distorsivi che arrecano all’economia, alle istituzioni e al senso civico.
Si è detto che con la crisi "niente sarà più come prima", ma nel caso dell’Italia, campione d’illegalità socioeconomiche, questo pensiero, ereditato da Paul Valéry, non sembra funzionare. Proprio in questi giorni, l’ironia della sorte ci riserva la notizia che Saipem sarebbe artefice dell’esportazione di una ricca tangente in Algeria, un evento che segue uno sciame di recenti cattive notizie, tra illecito e illegalità, che ha colpito una delle nostre più antiche banche (Mps) e uno dei nostri gioielli tecnologici (Finmeccanica). Per non farci mancare niente, sono ancora aperte le ferite procurate da pezzi di sistema pubblico, come nei casi della Sicilia, a rischio di default per gli sprechi clientelari in odore mafioso, del Lazio e della Lombardia, storditi da scandali politici e corruttivi.
C’è poi un’Italia che vive di rendita, esportatrice di capitali in enclaves protette e in paradisi fiscali. Per non parlare delle tradizionali pieghe storte lungo le quali s’insinua la società cinica - e, a suo dire, furba - con fenomeni d’evasione minuta e diffusa, con affitti mai registrati o con finti poveri con attività in nero.
Inevitabile il distrust endemico tra la popolazione: questo disincanto è un ottimo conduttore della rassegnazione civica che si crea nel costatare l’invincibilità del malaffare che deprimere i sentimenti di reazione e riscossa. Da un canto, parte dell’élite si disimpegna dall’essere classe dirigente e inabissa i propri comportamenti nella segretezza dell’illecito.
Dall’altro, c’è parte della società disposta alla complicità, sfruttando - in una sorta di solidarietà avversa - la lunga catena sociale protetta dal detto italico "una mano lava l’altra", lasciando emergere il vizio di un individualismo estremizzato fino al particolarismo amorale guicciardiniano.
Pezzi di élite e settori di società sono uniti in una solidarietà muta, uniti nell’autoinganno, che consiste nel ridurre tutto a un ragionamento di pancia, individualistico o familistico che sia, in astinenza d’idee coesive. Tutti attenti quando a parlare è il denaro e distratti e annoiati quando si discute di valori, di coesione e di equità.
Sembra che non ci sia rimedio a tanto malaffare. Anzi, ci sono forze politiche che in questa campagna elettorale fanno balenare promesse seducenti e sgangherate di condoni o concordati, lasciando intendere che esiste una sponda di sostegno politico.
L’illegalità socioeconomica potrebbe essere sconfitta con maggiori controlli, regole e soprattutto con una ridistribuzione di carichi e doveri, oltre che da una consistente riduzione della tassazione. Ciò probabilmente indurrebbe comportamenti maggiormente civici e un parziale ravvedimento degli "imboscati": una parte di essi forse si convincerebbe a contribuire alla guerra di trincea contro la crisi e il declino sociale in cui è impegnata gran parte del paese. Sfortunatamente, per raggiungere questi obiettivi, l’Italia degli onesti dovrebbe avere la capacità di crescere nonostante questa zavorra d’illegalità: uno sforzo improbo se la ricchezza continua a evaporare in zone grigie e vengono a mancare le risorse per migliorare.
Per spezzare l’Italia del malaffare occorrerebbe un mutamento del software culturale del paese: impresa ardua che potrebbe riuscire solo per via politica. È in questa dimensione che occorre cambiare poiché è stata uno dei motori della straordinaria persistenza dell’illegalità. Nel ponte di comando politico si dovrebbero eliminare gli ammiccamenti che incoraggiano disimpegno e cinismo sociale e bandire le promesse accattivanti dei persuasori interessati. Ma anche le ricette rigorose di Monti e le policies intelligenti di Bersani non sono sufficienti allo scopo: magari riaccendono le speranze degli onesti, ma lasciano indifferente la parte cinica della società. L’autorità politica e istituzionale deve fare qualcosa in più: metabolizzare l’autorevolezza dell’esempio, assicurando al paese una guida trasparente, sul piano economico e morale in grado di agganciare il progetto di modernizzazione europea.

Carlo Carboni


SANITÀ, BOOM DI FRODI IN CORSIA–

Interventi di chirurgia estetica fatti passare per prestazioni salvavita (Napoli); finti acquisti di derrate alimentari e finti lavori di manutenzione che si traducono in un danno erariale da 2 milioni di euro (Bari); acquisti di protesi con "chiamata diretta" dei fornitori che succhiano indebitamente alla Asl oltre 3 milioni di risorse (Foggia). La febbre da peculato, concussione e corruzione affligge più che mai le corsie di un sistema sanitario nazionale già ad alto rischio di sostenibilità. E il campionario delle truffe è inesauribile: i dati aggiornati delle Fiamme Gialle per il triennio 2010-2012 documentano 5.625 interventi effettuati, 5.817 denunciati e frodi accertate per 372,7 milioni, a fronte di danni erariali segnalati per 1 miliardo 648mila euro. A mettere a segno il colpo grosso non sono tanto (e solo) i singoli cittadini, quanto piuttosto vertici sanitari e amministrativi incaricati di gestire e far marciare al meglio i luoghi di cura: i denunciati alla Corte dei conti sono 2.397.
Tra le fattispecie ricorrenti figurano la rendicontazione di ricoveri o attività mai svolte (i pazienti convinti a trasferirsi dal Cardarelli di Napoli alla clinica privata Villa del Sole hanno pagato in nero ricoveri che un primario pubblico si è fatto rimborsare anche dal Ssn); la rendicontazione di prestazioni ospedaliere per le quali sono previsti rimborsi superiori (day hospital invece di visita ambulatoriale); la prescrizione di medicinali in quantità superiore alle effettive esigenze di cura; il frazionamento fraudolento dei periodi di lungodegenza che superano il limite massimo rimborsato dal Ssn.
Non mancano poi i finti ricoveri in regime d’emergenza in strutture prive di pronto soccorso e gli emigrati o deceduti mantenuti negli elenchi dei medici di famiglia con la complicità di funzionari pubblici.
L’assistito inesistente è del resto una vecchia tradizione del Ssn. Forse un medico può "dimenticare" o non sapere che un cliente è passato a miglior vita. Più difficile credere alla buona fede nel caso delle 53 cartelle cliniche false (ricoveri mai avvenuti) o falsificate costate 364mila euro di indebito rimborso all’azienda ospedaliera di Avellino. Difficile giustificare come distrazione le indennità di accompagnamento per un totale di 435mila euro indebitamente percepite in un triennio dall’Inps di Brindisi da circa 450 persone per parenti nello stesso periodo ricoverati in lungodegenza. Difficile anche credere che un primario di chirurgia plastica del Careggi di Firenze possa aver "dimenticato" per errore di versare al fisco e all’azienda quanto dovuto per l’attività intramoenia che abbinava anche a una intensa attività privata svolta con i suoi più stretti collaboratori nelle cliniche non convenzionate di mezza Italia.
La fantasia non manca. La faccia tosta nemmeno. Lo stesso soggetto ha fatto creare una borsa di studio aggiuntiva finanziata dalla Regione e l’ha fatta assegnare poi a una dottoressa parente di un suo collega. Cattedratico pure lui.

Sara Todaro



PIÙ PRESENZA SUL TERRITORIO SENZA L’ENFASI DEI BLITZ–

C’è una tendenza diffusa ad associare la ricchezza fiscalmente non registrata alla disonestà di imprecisati evasori, dipinti come devianti, ladri che usano i servizi di tutti e non ne pagano il prezzo, come chi va al ristorante con gli amici e poi si imbosca prima di pagare il conto.
La criminalizzazione degli evasori è un facile diversivo rispetto al cattivo funzionamento generale della macchina pubblica. Davanti alla cui complessiva disorganizzazione il pretesto più comodo per rispondere è che non ci sono risorse, per colpa degli «evasori cattivi», mettendo in secondo piano gli sprechi e le deresponsabilizzazioni. La spiegazione opposta, analogamente grossolana, è dare la colpa al «troppo Stato», trascurando che la spesa italiana al netto degli interessi non è tanto diversa da quella di altri Paesi e che il vero problema è l’incapacità di decidere secondo buonsenso e secondo opportunità della nostra azienda più grande, cioè l’insieme delle istituzioni pubbliche, con quasi 4 milioni di addetti. Una grande azienda fuori da meccanismi di mercato, cioè senza il controllo dei clienti, che fa riferimento solo alla pubblica opinione.
Si potrebbe anzi teorizzare che il funzionamento della macchina pubblica dipende dalla maturità e dalla consapevolezza della pubblica opinione su ogni specifico tema. La macchina pubblica segue la consapevolezza dell’opinione pubblica, e dove quest’ultima è confusa anche i pubblici uffici la riflettono. Come dimostra l’inchiesta pubblicata in queste pagine i limiti della macchina amministrativa si riflettono anche nella capacità di contrasto a sommerso, che richiede strategie differenziate.
Esiste un’evidente differenza tra economia illegale, da eliminare in termini di ordine pubblico, ed economia sommersa. Quest’ultima deve invece essere valutata per ordine di grandezza da una macchina pubblica che controlla il territorio, richiedendo le imposte dove non arrivano le aziende strutturate, (i sostanziali esattori di questo Paese anche se non se ne rendono conto).
I 120 miliardi di euro di imposte non pagate, basati solo sul lavoro sottoremunerato, sono probabilmente sottostimati. Bisognerebbe collegare queste stime con il recupero di evasione delle Entrate, in cui confluiscono i risultati di servizio della Guardia di Finanza, per chiedersi quanto c’è di «ricchezza non registrata» all’interno degli oltre 12 miliardi recuperati. La sensazione è che il grosso di quest’ultima cifra riguardi contestazioni interpretative su ricchezza registrata o palese e recuperi di imposte dichiarate e non versate. E che la quota di ricchezza non registrata derivi poi in buona parte da parametrazioni tipo studi di settore, e altre ragionierizzazioni di stime predeterminate per legge.
Dove non arrivano le aziende la tassazione deve riassumere la propria tradizione valutativa con un controllo del territorio da parte del fisco. Proprio questo è svanito negli ultimi decenni. Le dichiarazioni relativamente alte rispetto alla presenza concreta del fisco sono un effetto della comunicazione, della lotta all’evasione in televisione, che senz’altro ha una sua utilità. Un’inversione di tendenza si può ottenere con più presenza sul terrritorio senza l’enfasi mediatica dei blitz. Ma come? Con un tutoraggio sul campo dei funzionari dell’amministrazione finanziaria che dovrebbero guardare, monitorare e far sentire la propria presenza, cercando di misurare a "occhio" se quanto dichiarato dai lavoratori indipendenti corrisponde effettivamente alle caratteristiche dell’attività. Una sorta di "angeli custodi" fiscali più che dei veri e propri controllori. Questo potrebbe portare a una maggiore compliance in fase di autoliquidazione delle imposte. Allo stesso tempo consentirebbe di mirare gli accertamenti sulle posizioni più inverosimili. Potrebbero bastarne anche meno rispetto a ora, perché alla lotta all’evasione in televisione si affiancherebbe la presenza valutativa sul campo e il vero tutoraggio fiscale dove le aziende non arrivano.

Raffaello Lupi


SCHIERAMENTI «CAUTI» SULLA LOTTA ALL’EVASIONE–

La lotta all’evasione mal si concilia con la ricerca del consenso, e per questo gli annunci sul contrasto all’Italia "sommersa" restano spesso ai margini della campagna elettorale. Al punto che in alcuni casi, come per il programma del Pdl, la locuzione «lotta all’evasione» non trova citazioni e le dichiarazioni degli ultimi giorni di Silvio Berlusconi sembrano propendere piuttosto per i condoni sia in campo fiscale che edilizio. C’è anche il Movimento 5 stelle che non utilizza il termine «evasione», ma si sofferma – almeno nelle uscite pubbliche – sulla chiusura di Equitalia e sul contrasto alla corruzione.
Al contrario, Fare per fermare il declino di Oscar Giannino, tra le sei coalizioni in gara per il voto del 24 e 25 febbraio, è quella che dedica l’approfondimento più articolato all’evasione fiscale, fornendo un lungo elenco di azioni di contrasto da intraprendere: si parte dalla disciplina del contenuto di evasione, elusione, legittimo risparmio d’imposta e abuso del diritto, per poi arrivare alla riforma del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, concentrando le sanzioni sui fatti più gravi e le frodi. Inoltre, «mai più condoni fiscali, sotto qualsiasi forma e denominazione».
A calcare forse un po’ di più la mano contro gli evasori, quanto meno negli ultimi annunci elettorali, è «Rivoluzione Civile» di Antonio Ingroia: per una seria lotta all’evasione occorre estendere la legge antimafia ai corrotti e agli evasori. In sostanza, in presenza di una grande e spudorata evasione, sarebbe sufficiente un indizio per procedere al sequestro dei beni patrimoniali, salva la possibilità di fornire prova contraria.
Il Pdl nel suo programma sembra voler puntare a far crescere la tax compliance, cioè l’adempimento spontaneo, senza ricorrere all’uso di misure coattive. La nuova strada potrebbe essere quella del contrasto di interessi con la possibilità concessa ai contribuenti di "scaricare" dal reddito ricevute e scontrini (misura peraltro già bocciata durante l’esame della delega fiscale). A monte il Pdl propone una sorta di tutoraggio per tutti i contribuenti, in sostanza un’assistenza preventiva degli uffici finanziari. Ma sul redditometro come sull’azione di Equitalia, la coalizione di centro-destra è pronta ad apportare più di una correzione.
Il Pd spinge sulla riqualificazione del concetto di fedeltà fiscale. E nel proporre una decisa azione di contrasto del sommerso e dell’evasione fiscale a tutto campo si punta a una limitazione all’uso dei contanti e alla tracciabilità di tutti i movimenti finanziari, sempre nel rispetto della privacy ma con la possibilità di accesso da parte fisco. Un utilizzo selettivo del redditometro e un giro di vite anche ai "caroselli" Italia-estero-Italia sempre al centro delle principali frodi Iva.
«Scelta civica» di Mario Monti, invece, propone una nuova stretta sul contante e confida nei risultati per il prossimo triennio delle misure adottate dal salva-Italia ad oggi. A partire dal rafforzamento degli strumenti per l’incrocio elettronico di dati da parte delle Entrate, nonché dei metodi di pagamento elettronico.
Il principio di fondo che ricorre in tutti e sei gli schieramenti politici è che la lotta all’evasione sarà necessaria soprattutto per finanziare la riduzione delle tasse. Come dire che per il taglio dell’Irpef di lavoratori e pensionati e del prelievo sulle imprese il nuovo Governo presenterà il conto agli evasori. Ma, come sempre, tutto starà a trovarli.

L’ITALIA «SOMMERSA» NON SENTE LA CRISI–

C’era anche un uomo che incassava la pensione della madre morta da vent’anni tra le 14 persone appena denunciate dalla Guardia di Finanza di Genova. Quattordici persone che hanno continuato a riscuotere gli assegni di soggetti deceduti tra il 1990 e il 2011, sottraendo all’Inps 740mila euro. Un caso-limite, forse, ma indicativo di un Paese che – tra evasione fiscale, criminalità organizzata e truffe ai danni del settore pubblico – ha fatto del sommerso la sua prima industria. E la crisi economica non ha cambiato le cose: anzi, ha dimostrato che la capacità di resistenza del "nero" è superiore a quella dell’economia in chiaro.
Secondo le ultime rilevazioni della Banca d’Italia, nel 2012 il prodotto interno lordo "ufficiale" ha perso il 2,1 per cento. Sul sommerso non esistono stime così precise, ma tutti gli indicatori lasciano pensare che ci sia stata una crescita o, al limite, un arretramento più contenuto di quello sofferto dalle imprese in regola.
Bilancio in rosso

Due settori su tutti valgono come esempio. Nel campo della contraffazione sono gli stessi dati della Guardia di Finanza a dimostrare che la fabbrica dei falsi non si è fermata: i 105 milioni di prodotti contraffatti o pericolosi sequestrati nel 2012 non sono solo il risultato di un aumento delle operazioni delle Fiamme gialle, ma il segno che l’economia illegale si muove comunque. Né potrebbe essere diversamente, visto che operare nel sommerso significa anche evitare il peso crescente di imposte e contributi. L’altro caso emblematico è quello dell’edilizia: secondo le rilevazioni del Cresme, l’anno scorso il totale delle case di nuova costruzione si è dimezzato rispetto al 2007, mentre il numero di quelle abusive è diminuito solo dell’11 per cento. Anche in questo caso l’impressione è che chi opera ai margini della legalità abbia avuto meno difficoltà ad affrontare la crisi economica, rendendo comunque competitiva la sua offerta. Il tutto a danno di chi si sforza di giocare secondo le regole.
«Il Sole 24 Ore» ha considerato anche fenomeni come la criminalità organizzata e la corruzione, che non sono conteggiati dalle cifre ufficiali dell’Istat sul sommerso, che escludono le attività illegali. È fuor di dubbio, comunque, che la parte più grossa dell’economia irregolare sia riconducibile all’evasione fiscale in senso stretto.
Le ultime stime sono ferme a 120 miliardi di tasse evase ogni anno. In attesa di aggiornare i calcoli alla luce delle nuove rilevazioni statistiche sull’economia irregolare, qualche segnale inquietante arriva ancora dal bilancio delle operazioni della Guardia di Finanza su scontrini e ricevute: in un caso su tre gli agenti hanno scoperto qualcosa che non va, e anche in questa circostanza il dato non sembra dipendere solo dalla maggiore precisione dei controlli. Al Sud, addirittura, la situazione peggiora, con un caso su due fuori legge.
L’evasione è anche quella "di alto livello", che coinvolge il traffico di capitali da e verso l’Italia, comprese le operazioni messe in atto da multinazionali e grandi operatori per tassare utili e profitti in paradisi fiscali.
Gli effetti distorti si fanno sentire anche sul welfare. Solo nel 2012 la Finanza ha scoperto (e denunciato) 3.556 persone che avevano taroccato le attestazioni Isee per ottenere sconti, agevolazioni o contributi cui non avevano diritto: l’importo medio sottratto alle casse pubbliche è di quasi 1.800 euro a contribuente.

Strada in salita

Su tutto aleggiano due domande di fondo: come si è arrivati a questo punto? E come si può, ragionevolmente, uscirne? La prima risposta si intreccia alla storia dell’Italia e delle sue classi dirigenti. La seconda, invece, non può non partire da una considerazione di fondo: quale che sia la strategia prescelta, contrastare il sommerso in un momento di crisi non sarà un’operazione indolore, per i tanti soggetti che hanno fatto affari nell’ombra. Di fatto, si tratterebbe di un colossale spostamento di reddito e ricchezza. Non sorprende, allora, che proprio sulle mosse da adottare i programmi di quasi tutte le forze politiche siano, tutto sommato, approssimativi o reticenti.

PAGINE A CURA DI
Cristiano Dell’Oste
Marco Mobili
Giovanni Parente


twitter@c_delloste
twitter@m_mobili
twitter@par_gio




[12 boxini]

SCONTRINI–
Un caso su tre è fuori legge

01 | UN PROBLEMA «STRUTTURALE»
Tra le tante forme di irregolarità, la mancata emissione di scontrini e ricevute è la manifestazione più evidente dell’evasione fiscale in Italia. In occasione dei controlli, in un caso su tre la Guardia di Finanza ha riscontrato omissioni o irregolarità. Gli ultimi dati si riferiscono al periodo tra gennaio e novembre 2012 e segnano addirittura un incremento rispetto allo stesso intervallo temporale del 2011, quando la quota di irregolarità si era fermata al 25 per cento

02 | AL SUD IL PRIMATO
La situazione più critica è nelle aree del Mezzogiorno: la percentuale di irregolarità nelle regioni meridionali sfiora il 50% dei casi. Una conferma arriva anche dalle proposte di sospensione della licenza (sanzione applicabile in caso di quattro violazioni reiterate in cinque anni) che nelle regioni meridionali sono state 2.236, vale a dire poco più del 50% del totale nazionale

03 | MANCA UNA STIMA UFFICIALE
L’evasione non è soltanto la mancata emissione di scontrini o le irregolarità. Il paradosso, però, è che in Italia non esiste una misurazione ufficiale. L’ultimo tentativo è stato effettuato dal Sole 24 Ore che – sulla base dei dati dell’economia sommersa mappati dall’Istat – ha stimato il fenomeno in 120 miliardi di euro all’anno


CORRUZIONE–
Freno per le Pmi e gli investimenti

01 | IL PESO DEI REATI
Per Transparency international l’indice di percezione della corruzione colloca l’Italia al 69° posto. Anche per la Banca mondiale il nostro Paese è agli ultimi posti in Europa. Ogni punto in meno nell’indice di percezione della corruzione corrisponde a una riduzione del 16% di investimenti esteri. Ai costi diretti della corruzione va aggiunta la riduzione dei tassi di crescita delle imprese (dal 25 al 40%). A essere colpite dal fenomeno sono soprattutto le Pmi

02 | IL CONTRASTO
Nel 2012 Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia e Guardie forestali hanno denunciato 8.605 persone per i reati di abuso d’ufficio (5.675 denunce), corruzione (2.287) e concussione (643). La regione con il maggior numero di denunce è stata la Campania (1.329 persone finite sotto inchiesta), seguita da Puglia (998) e Lombardia (875)

03 | LA CORTE DEI CONTI
Nel 2012 le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti hanno emesso 317 citazioni (erano 243 nel 2011) in materia di reato contro la pubblica amministrazione. I danni provocati ammontano a 215,5 milioni di euro, di cui 214 per danno patrimoniale e 1,5 per danno all’immagine. Sono state inflitte 255 condanne, per un risarcimento di 2,8 miliardi di euro


AFFITTI IN NERO–
Fino a 500mila contratti irregolari

01 | LE DIMENSIONI DEL FENOMENO
In Italia le abitazioni di proprietà di privati (persone fisiche) che risultano affittate sono 2,7 milioni su 30,5 milioni: l’8,9% del totale. Incrociando il dato con il numero delle famiglie che vivono in affitto secondo l’Istat, però, si scopre che all’appello mancano circa 500mila famiglie. È questo il bacino potenziale dei contratti in nero, a cui si aggiungono le locazioni di breve durata, dove l’evasione è più difficile da individuare: case vacanze, affitti degli studenti universitari e dei lavoratori precari

02 | PREMI E SANZIONI
Il decreto sul federalismo municipale (Dlgs 23/2011) ha introdotto la cedolare secca sugli affitti nell’ottica di offrire uno sconto d’imposta a chi fa emergere affitti in nero, aumentando al tempo stesso le sanzioni per chi continua a evadere il fisco. Pochi inquilini, però, hanno sfruttato finora la possibilità di denunciare i proprietari per ottenere un affitto annuo superscontato (il triplo della rendita catastale) per quattro anno rinnovabili di altri quattro

03 | IL GETTITO DELLA CEDOLARE
La mancata emersione degli affitti in nero si vede anche dal gettito della cedolare: inizialmente previsto a 3,8 miliardi nel 2012, è stato portato a meno di un miliardo con le ultime correzioni


ABUSI EDILIZI–
Ogni anno 25mila costruzioni illecite

01 | IL CROLLO DELLE COSTRUZIONI
Secondo le ultime stime del Cresme, nel 2012 in Italia sono state ultimate 168mila abitazioni, la metà esatta rispetto al 2007. Se questa è la situazione complessiva delle nuove costruzioni, l’abusivismo edilizio ha mostrato finora una notevole "resilienza" alla crisi, per usare un termine di moda

02 | L’INDUSTRIA DELL’ABUSO
Negli ultimi trent’anni il numero di abusi edilizi si è impennato a ridosso dei condoni, in particolare nel 1985 e nel 1994: in pratica, ogni nuova sanatoria ha sempre creato l’incentivo distorto a realizzare nuove irregolarità. Per il resto, il dato sulle case costruite oltre la volumetria consentita o comunque in zone vietate – terreni agricoli, parchi, aree a rischio alluvione – è rimasto sostanzialmente stabile. Un calo si è verificato solo negli ultimi quattro o cinque anni, quando si è passati dalle 28mila unità abusive realizzate nel 2008 alle 25mila del 2012

03 | ILLECITI PER 18,3 MILIARDI
Dal 2003 (anno dell’ultimo condono) al 2011 sono state realizzate 258mila abitazioni abusive, per un giro d’affari stimato di 18,3 miliardi. Calabria, Campania, Lazio e Sicilia le regioni più colpite. Secondo il rapporto Ecomafia, negli stessi anni solo l’11% degli illeciti accertati è stato demolito


GIOCHI–
Gettito in calo per il banco

01 | IL MERCATO DEL GAMING
Anche nel 2012 il mercato dei giochi ha mosso risorse per oltre 80 miliardi di euro, migliorando il dato registrato nel 2011, quando le giocate degli italiani si erano attestate a 79,9 miliardi di euro, con un incremento, rispetto al 2010, del 30,1% (61,4 miliardi di euro)

02 | LA LOTTA AL GIOCO ILLEGALE
Monopoli e Guardia di finanza negli ultimi anni hanno intensificato la lotta al gioco illegale, che continua comunque a fare profitti. Nel 2012 la Guardia di finanza ha effettuato complessivamente 9.151 interventi, di cui 3.164 irregolari, 3.380 violazioni riscontrate e 10.117 soggetti verbalizzati. In 2.683 casi sono stati effettuati sequestri di apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento irregolari, e sono stati inoltre individuati 1.555 punti clandestini dedicati alla raccolta delle scommesse

03 | IL BANCO PERDE
Per lo Stato il consuntivo 2012 mostrerà un peggioramento per il banco. Anche se non ancora ufficializzata, la perdita di gettito per l’Erario rispetto agli incassi del 2011 sarà tra i 700 e gli 800 milioni di euro. Le entrate erariali del 2011, infatti, furono di circa 8,8 miliardi di euro, con un contenuto incremento percentuale rispetto al 2010 (8,7 miliardi di euro)


FRODI COMUNITARIE–
A rischio fondi Ue per un miliardo

01 | QUATTROMILA FRODI IN 10 ANNI
Tra il 2003 e il settembre 2012 sono stati segnalati 4.421 casi di frode o irregolarità ai danni del bilancio comunitario da parte di soggetti italiani. Con un bottino complessivo di 1,07 miliardi di euro che – se non verrà recuperato – rappresenterà una perdita finanziaria per il nostro Paese. A rivelarlo è la fotografia scattata dal Nucleo della Guardia di Finanza per la repressioni delle frodi contro la Ue istituito presso il dipartimento Politiche europee del Consiglio dei ministri. Nel solo 2011 l’Italia è al secondo posto dopo la Germania per numero di segnalazioni

02 | I DOCUMENTI FALSI
La parte più consistente riguarda la programmazione 2000-2006, ormai conclusa, con un importo di somme sottratte per 950 milioni. L’81% dei casi riguardano irregolarità, mentre le frodi sono il 19 per cento. La mappa delle violazioni vede in testa il mancato rispetto degli obblighi, documentazione irregolare e spese illegittime (45 per cento)

03 | PIÙ INFRAZIONI IN CAMPANIA
A guidare la classifica regionale è la Campania con 622 irregolarità o frodi segnalate, seguita da Calabria (611) e Puglia (539). Le Regioni più virtuose sono Trentino Alto Adige (12) e Valle d’Aosta (5)


CRIMINALITÀ ORGANIZZATA–
Le mafie fatturano 140 miliardi
01 | L’INDUSTRIA DEL CRIMINE
Le stime sono complicate, ma sulla dimensione economica della criminalità organizzata (che tecnicamente non rientra nel sommerso) non ci sono dubbi. Secondo l’ultimo rapporto Sos Impresa di Confesercenti, l’industria del crimine fattura ogni anno 140 miliardi di euro, frutto tra l’altro – ma non solo – di racket e rapine ai danni di Pmi e commercianti. Da uno studio condotto dalla Banca d’Italia con le Università di Napoli e di Torino, invece, emerge un valore medio nel quadriennio 2005-2008 pari all’11% circa del Pil. A soffrire di più a livello territoriale le province del Centro-Nord

02 | IL DANNO ALLA COMPETITIVITÀ
Al di là del giro d’affari, molti sono gli effetti economici del crimine organizzato: le estorsioni disincentivano gli investimenti, racket e riciclaggio pongono problemi di svantaggio competitivo, le infiltrazioni nella Pa condizionano la fornitura di beni e servizi, il credito diventa più caro e difficile da ottenere. Con conseguenze negative per la crescita dei territori: secondo un lavoro di Banca d’Italia, Puglia e Basilicata – due regioni oggetto di più recente infiltrazione mafiosa – si sono spostate da un trend di crescita superiore a uno inferiore, con una decurtazione della crescita del Pil pro capite stimabile in 20 punti in 30 anni


EVASIONE INTERNAZIONALE–
Oltre 17miliardi nascosti all’Erario

01 | LE CIFRE SCOPERTE
Un panorama articolato che solo lo scorso anno ha portato alla scoperta di 17,1 miliardi di euro tra ricavi non dichiarati e costi non deducibili. Sono i risultati del contrasto all’evasione internazionale da parte della Guardia di Finanza tra esterovestizione della residenza di persone fisiche e società, organizzazioni non dichiarate di imprese estere che operano in Italia e triangolazioni con Paesi off-shore e altre manovre elusive

02 | I BIG NEL MIRINO
Il fisco italiano ha puntato sempre più i fari sui big del settore informatico (da ultimo il caso eBay ma in precedenza, tra gli altri, anche Google e Facebook) e non solo (c’è stata anche la querelle con Ryanair). Tutti accusati di non pagare le tasse in Italia o di pagarne percentuali irrisorie rispetto ai fatturati, in quanto affermano di non avere una stabile organizzazione nel nostro Paese

03 | I MOVIMENTI DI CAPITALE
Resta poi il problema dei movimenti illegali di capitali. Lo scorso anno le Fiamme Gialle hanno intercettato alla frontiera valuta e titoli per un valore pari a poco più di 124 milioni di euro (+13,8% rispetto al 2011). Il 50% deriva da controlli effettuati alla frontiera di Ponte Chiasso con la Svizzera


LAVORO–
Il 12% degli addetti non è regolare

01 | SOTTO LA LENTE 244MILA AZIENDE
Trecentomila lavoratori irregolari (+6% in un anno), di cui 100mila totalmente in nero. È il bilancio 2012 degli ispettori del ministero del Lavoro, frutto dei controlli su 244mila aziende. In totale, secondo l’Istat la shadow economy cattura il 12,2% degli addetti. Il Sud registra l’incidenza del lavoro non regolare più alta del Paese, oltre il doppio rispetto a quella del Nord, con la Calabria al top (31%). Il tasso di irregolarità più basso si osserva nelle regioni del Nordest (8,5%), seguite da Nordovest (9,1%) e Centro (10,5%)

02 | EMERGENZA AL SUD
Se rispetto al 2001 il peso dell’occupazione non regolare si è ridotto a livello nazionale (-1,6%), nel Meridione la flessione del periodo 2001-2007 (-2,5 punti) è stata in gran parte neutralizzata dalla crescita successiva, con il primato negativo ancora una volta appannaggio della Calabria (+5,4%)

03 | PIÙ IRREGOLARI IN AGRICOLTURA
Nell’agricoltura quasi un quarto dell’occupazione non è regolare, mentre l’industria, all’opposto è ai minimi a livello nazionale (4,5%), anche se raggiunge il 15,8% al Sud. Stesso discorso in edilizia dove il tasso di irregolarità è inferiore alla media nazionale, ma nel Mezzogiorno raggiunge il 23,8 per cento. Nei servizi, invece, il sommerso è appena al di sopra della media e al Sud sfiora il 20 per cento


IMMIGRAZIONE–
Dagli irregolari 1,8 miliardi

01 | IL CENSIMENTO
L’Istat ha censito circa 4 milioni di stranieri residenti. L’Ismu invece ne conta, a inizio 2012, oltre 4,8 milioni. La differenza ha più spiegazioni: mancata risposta al censimento, partenza di molti rimasti senza lavoro per effetto della crisi, cambiamenti di residenza non registrati all’anagrafe, irregolarità giuridico-amministrative

02 | GLI IRREGOLARI
Sempre secondo l’Ismu, ci sono anche 326mila stranieri irregolari "puri", cioè senza permesso di soggiorno. In totale, contando anche i non residenti regolari (tra cui per esempio i comunitari e i minori) si arriva a 5,4 milioni, come nel 2011, quando però gli irregolari, 443mila, erano più numerosi

03 | L’APPORTO ECONOMICO
Due le voci imputabili agli stranieri nel computo del giro d’affari che non rientra nel Pil: il "nero" in senso stretto e le rimesse. Stimando per un irregolare – secondo l’indagine Orim-Ismu – un reddito medio mensile netto sui 452 euro si può calcolare in 1,8 miliardi di euro la cifra annua. Quanto alle rimesse (Fondazione Moressa), ogni anno 7,4 miliardi di euro guadagnati da tutti gli stranieri in Italia emigrano verso i Paesi Ue ed extra-Ue: un flusso in larga parte alimentato dai regolari, ma che assorbe anche parte dei redditi degli stranieri senza permesso


CONTRAFFAZIONE–
Il mercato del falso non si ferma mai

01 | BUSINESS DA CAPOGIRO
Nel nostro Paese il mercato della contraffazione produce un giro d’affari di circa 7 miliardi di euro, secondo le stime elaborate dal Censis. Con una diversificazione sia sotto il profilo
delle categorie merceologiche
sia sotto quello dei canali distributivi. La produzione complessiva degli stessi beni in canali ufficiali avrebbe consentito di assorbire circa 110mila lavoratori a tempo pieno

02 | BLOCCATI 105 MILIONI DI PEZZI
I controlli eseguiti l’anno scorso dalla Guardia di Finanza mostrano che il mercato del falso non conosce crisi: sono stati sequestrati oltre 105 milioni di prodotti contraffatti e pericolosi, sono stati denunciati alle Procure della Repubblica 10.572 responsabili e 248 affiliati a organizzazioni criminali

03 | GIOCATTOLI E HI-TECH
Tra le merci sequestrate nel 2012 non ci sono solo abbigliamento e moda (oltre 23 milioni di pezzi), ma beni di consumo (oltre 38 milioni) come articoli per la casa e per la scuola, cosmetici, farmaci, pezzi di ricambio, giocattoli (oltre 21,5 milioni) e prodotti hi-tech (quasi 22 milioni). Per questi due ultimi settori i quantitativi «bloccati» dalle Fiamme gialle sono più che raddoppiati rispetto ai dodici mesi precedenti


WELFARE–
Resta la piaga dei falsi invalidi

01 | L’ALTRO VOLTO DELL’EVASIONE
L’altro volto dell’evasione fiscale è la fruizione indebita delle prestazioni sociali da chi dichiara molto meno di quanto poi ha effettivamente a disposizione. Lo dimostra anche il rapporto Isee 2012 da cui risulta che il 10% dichiara un importo nullo mentre il 51,4% si attesta tra 0 e 10mila euro. Tra l’altro è ancora aperto il cantiere che dovrà portare al restyling del nuovo Isee per consentire di fotografare meglio redditi e situazioni patrimoniali, a cui giocoforza dovranno accompagnarsi nuovi livelli di accesso alle prestazioni di welfare

02 | I SOGGETTI DENUNCIATI
I controlli 2012 della Guardia di Finanza sull’accesso indebito alle prestazioni sociali agevolate hanno portato alla denuncia di oltre 3.556 soggetti che avevano richiesto o percepito (senza averne diritto) prestazioni per un controvalore di 6,4 milioni di euro

03 | LE TRUFFE INPS
Tra il 2011 e il 2012 le Fiamme gialle hanno individuato frodi all’Inps per oltre 177 milioni di euro. Nell’ultimo anno sono i controlli hanno portato alla luce quasi 13 milioni di euro (importo più che raddoppiato rispetto all’anno precedente) percepiti da falsi invalidi e quasi 12 milioni di assegni incassati per conto di soggetti deceduti