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 2013  febbraio 12 Martedì calendario

LA TESTA DEL RE “SENZA TESTA” METTE IN CROCE LA FRANCIA

Quella testa è un rompicapo. Già: che fare della testa mummificata di Enrico IV, re di Francia e di Navarra dal 1589 al 1610, concesso e non dato che sia proprio la sua? Al momento è conservata in una cassetta di sicurezza di una banca del nono arrondissement di Parigi. Bisogna riportarla con tutti gli onori nella basilica di Saint-Denis, necropoli della monarchia? I monarchici sono divisi e l’Eliseo nell’imbarazzo...
E’ una storia lunga e complicata. Intanto, il protagonista. Enrico IV, primo Borbone sul trono, resta tuttora il re francese più popolare. Ugonotto convertito al cattolicesimo per regnare, è passato alla storia per una frase che, come la maggior parte di quelle storiche, non fu mai pronunciata: «Parigi val bene una messa». Però fu un grande re. Pacificò il Paese dilaniato dalle guerre di religione, concesse la libertà di culto ai suoi ex correligionari e volle che «ogni francese avesse un pollo nella sua pentola », altra frase celebre e celebrata, come sempre in Francia, da una ricetta: la «poule au pot Henri IV». Guascone per nascita e per carattere, gran mangiatore, gran bevitore, gran donnaiolo (ebbe nove bastardi), allergico ai fanatici religiosi e al sapone, Enrico aveva e ha tutto per stare simpatico ai francesi. Una volta, passando da un paesino, chiese che gli fosse presentato il villico più spiritoso. Gli dissero che era il fornaio. Lui lo fece accomodare a tavola davanti a lui e gli chiese: che distanza c’è fra un panettiere e un puttaniere? E quello, rapidissimo: «Sire, solo quella di una tavola ». Invece di impiccarlo, il re lo premiò. Era un tipo così.
Enrico fu assassinato nel 1610, imbalsamato e sepolto, come i suoi predecessori e i suoi successori, a Saint-Denis. Purtroppo il fanatismo, stavolta quello rivoluzionario, non lo lasciò in pace. Nel 1793 i giacobini profanarono le tombe e gettarono i feretri in una fossa comune. Alla Restaurazione, Luigi XVIII li fece riseppellire. Si scoprì allora che Enrico era decapitato.Una testa imbalsamata è in circolazione da due secoli, è stata di volta in volta autenticata o rifiutata. Finché non ci ha messo sopra le mani Philippe Charlier, l’anatomopatologo più famoso di Francia, l’«Indiana Jones dei cimiteri», grande esperto di spoglie storiche e colpi mediatici. Charlier non ha dubbi: la testa è di Enrico IV e per dimostrarlo ha scritto un libro insieme al giornalista Stéphane Gabet, Henri IV - L’énigme du Roi sans tête, che uscirà il 15 e che il Figaro ha letto in anteprima. Charlier ha anche ricostruito al computer in 3D la testa di Enrico e in effetti la somiglianza con i ritratti è impressionante.
A questo punto si apre una polemica su due fronti. Primo, se la testa sia effetti quella del re; secondo, se sì, che farne. Diversi studiosi contestano Charlier. Per esempio, Olivier Pascal, genetista e perito in Corte di Cassazione, dice «non andrebbe alle Assise con un dossier del genere». L’attribuzione, insomma, resta controversa. La questione è poi complicata dal fatto che i Borbone, come tutte le dinastie senza trono, sono divisi. L’ultimo proprietario della reliquia l’ha affidata a Luigi, duca d’Angiò e capo del ramo «legittimista », dicono i maligni perché il duca è sposato a una ricchissima ereditiera venezuelana e ha potuto quindi finanziare le ricerche di Charlier. Luigi naturalmente crede che la testa sia quella del suo antenato e propone di seppellirla con tutti gli onori a Saint- Denis. Ma Henri d’Orléans, conte di Parigi e capo del ramo «orléanista », si dichiara invece scettico, liquida sprezzantemente il cugino («Accaparrandosi gli orpelli della Storia, si può sempre tentare di provare che si esiste») e dice che «la République non deve immischiarsi».
Appunto, la Repubblica. La testa di Enrico IV è anche un problema politico. Perché, dopo che la Prima Repubblica l’ha esumata, la Quinta dovrebbe reinumarla e farlo con la dovuta solennità, perché si tratta pur sempre di un capo di Stato francese. Nel 2011, il duca d’Angiò contattò l’Eliseo, il cui inquilino era all’epoca Nicolas Sarkozy. E Sarkò fu tentato di far riseppellire la testa con tutti gli onori e di partecipare pure alla cerimonia. Sarebbe stata una novità. Nel 1987, per i mille anni dei Capetingi, Mitterrand meditò di riportare in Francia il feretro di Carlo X, ultimo re «legittimo», morto in esilio e sepolto nell’abbazia di Castagnevizza (nella parte slovena di Gorizia), ma poi rinunciò. E nel 2004 l’inumazione del cuore di Luigi XVII, lo sventurato figlio di Luigi XVI e Maria Antonietta, re di nome ma non di fatto, fu una cerimonia privata cui non partecipò nessun dignitario repubblicano.
Alla fine Sarkò, dopo aver consultato il conte di Parigi, decise di non farne nulla. Troppi dubbi. Chi dei due litiganti avrebbe rappresentato i Borbone alla cerimonia? E che imbarazzo se la testa si rivelasse poi un falso. Questa è, pare, anche la posizione di François Hollande. Benché Enrico IV sia un personaggio politicamente corretto, campione della tolleranza religiosa e preoccupato del benessere del popolo, meglio non intromettersi nelle polemiche fra scienziati senza certezze e principi senza trono.
L’«affaire» è stato insabbiato al ministero della Cultura, dove un funzionario lo definisce «insolubile». Al ministero non nascondono di essere più preoccupati per lo stato delle tombe reali a Saint-Denis, che avrebbero bisogno di restauri. Ma Hollande ha tagliato perfino il sacrosanto bilancio della Cultura. Nel frattempo, la testa del re è «sepolta» in una cassetta di sicurezza. E probabilmente aspetterà lì la resurrezione dei corpi.