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 2013  febbraio 02 Sabato calendario

DOMINK PARIS IL METALLARO DELLE NEVI

Che musica suona in testa quando si vince la gara più prestigiosa della Coppa del Mondo? «Dura, veloce e ritmica. E nella musica che piace a me c’è tutto quello che trovi in discesa: salti, ripido e tecnica». Si legge l’entusiasmo negli occhi di Dominik Paris mentre parla della sua passione, l’Heavy Metal. Il velocista azzurro, 23 anni, vincitore della mitica discesa sulla Streif di Kitzbühel una settimana fa e di quella di Bormio a fine dicembre, si sente nettamente più a suo agio nel raccontare delle sue chitarre che delle imprese sugli sci. La musica metal ha travolto l’altoatesino come una valanga quando aveva 12 anni. L’ha sentita la prima volta in compagnia di alcuni amici. «Vivo per questa musica, per come certi musicisti suonano la chitarra. Non mi interessano tanto i testi, è proprio il ritmo a piacermi».

Che effetto le fa ascoltarla?
«Mi fa sentire libero di testa e mi da la carica, come se fossi al cancelletto prima della partenza. Mi aiuta anche nelle gare, mi da più energia. Sull’iPod ho oltre 3.000 brani di questo genere».

È capace di suonarla?
«Ho imparato da solo. Su internet ho trovato dei corsi con le indicazioni su dove mettere le dita sulla chitarra. Conoscendo tante canzoni, avevo già il ritmo e piano piano ci sono riuscito. Ora sono a un buon livello. Avrei voluto studiare fin da picco lo, ma i miei genitori mi dissero: "Già sei impegnato con lo sci e giochi anche a calcio, non puoi fare troppe cose". Avevano ragione. Ma appena compiuti 18 anni, con i primi soldi guadagnati in una gara, mi sono comprato una chitarra».

Quando suona?
«A casa. Appena impugno la chitarra, mi si libera la testa. Posso farlo per due ore di fila dimenticandomi tutto il resto».

Ha un idolo?
(Mostra una foto sullo screensaver del cellulare) «Dimebag Darrell. Era il chitarrista dei Pantera, un complesso americano. Lo uccise un folle durante un concerto nel 2004. Riusciva a fare dei suoni con la chitarra che non ho mai sentito da altri. Ho poi la stessa chitarra di Max Cavalera, il chitarrista brasiliano dei Sepultura, quando suonano dal vivo sembra di ascoltare un ed. Mi piacciono i Bullet for My Valentine. E adoro gli AC/DC. Prima di impazzire per il metal, seguivo il rock».

Non vorrebbe esibirsi davanti a un pubblico?
«Fino a qualche tempo fa avevo un gruppo con altri amici appassionati di Heavy Metal e qualche volta, alle feste, abbiamo suonato insieme. Dicevano che eravamo bravi. Ma non trovavamo mai molto tempo per fare le prove. E questa musica ne richiede tanto, perché è veloce. Altrimenti il suono diventa rumore, un po’ come quando lanci dei sassi contro un cestino di metallo. Però quest’estate mi sono comprato una chitarra acustica per iniziare a suonare musica più leggera, adatta al pubblico».

Le spiace se parliamo anche di sci?
«Vabbè».

Ci racconta il trionfo di Kitzbühel?
«Mi sono presentato al cancelletto di partenza molto convinto. Dopo le prove sapevo di avere un buon feeling. Sapevo di poter fare bene, ma non mi sognavo minimamente di vincere. Anche perché all’inizio non ho sciato molto bene, mentre dall’uscita dello Steilhang sì. Quando ho visto il tempo sul tabellone non ci potevo credere. Un’emozione indescrivibile».

Ha capito subito di avercela fatta?
«No, perché dovevano ancora sciare altri atleti molto forti. Speravo di finire sul podio. Ma mentre scendevano gli altri, nonostante nella parte alta avessero intermedi migliori, il mio compagno di squadra Werner Heel mi diceva "tranquillo, sotto hai sciato meglio tu". Poi mio padre, che era lì, mi ha detto: "Tu sei proprio matto, sei fuori di testa". Non riusciva a credere che avessi sciato così ».

Adesso, la prossima volta che andrà a Kitzbühel troverà un’ovovia con il suo nome sopra.
«È fantastico. Ognuno sogna fin da bambino di vincere sulla Streif per entrare nella leggenda: per un discesista significa essere il re».

Fino a che ora è durata la festa?
«Non tardissimo, fino alle tre. Con i ragazzi della squadra siamo andati al Londoner, il locale dove si festeggia sempre a Kitz. Mi ha fatto i complimenti anche Niki Lauda. Bello anche il ritorno a casa: in poche ore nella mia valle hanno organizzato una festa e c’erano proprio tutti. Sono felice, anche di indossare la divisa del Gruppo sportivo della Forestale».

Sul suo sito scrive che l’obiettivo in carriera è Coro olimpico. Intanto ora ci sono i Mondiali.
«Una medaglia ai Mondiali sarebbe bella. Ma l’Olimpiade è diversa, c’è ogni quattro anni: meno occasioni di far bene. Subito prima dell’oro olimpico, però, c’è la vittoria a Kitzbuhel. Segna una carriera».

A quanto pare il rivale più forte in vista dei Mondiali ce l’ha in casa: come si batte Innerhofer?
«Per farcela deve andarti proprio tutto giusto. Ma so come battere Inner (e lui sa come battere me): sciando più veloce!».

Intanto Christof sta già facendo tattica. Ha dichiarato che tra due bionde cioè una birra e una ragazza lei sceglierebbe senz’altro la birra.
«Certo!». Poi aggiunge ridendo: «Ma io le scelgo tutte e due: prima la birra, però».

Qual è la velocità massima che ha raggiunto sugli sci?
«Ho vinto a Carezza una gara di velocità, si andava solo giù dritti. Ho toccato i 182 km orari».

Non si ha mai paura?
«No, anzi. Spero sempre di andare molto veloce. A volte si corrono più rischi andando più lentamente».

Qual è la pista più metallara?
«Wengen. È la più lunga e completa: salti, velocità ma anche tante difficoltà. Poi la Streif, è uno spettacolo».

Lei è altoatesino e non sono molti anni che parla italiano. Conosce l’Inno nazionale? Perché se continua così rischia di doverlo cantare presto...
«Non molto. Sto sempre sugli sci ma per i Mondiali lo imparerò. Promesso».

Eppure un metallaro duro come lei si è lasciato fotografare per il sito ufficiale in abiti tirolesi, anche d’epoca. Non è che la sua vera passione in realtà è lo Jodel?
«Noooo».