Thomas Mackinson, il Fatto Quotidiano 11/2/2013, 11 febbraio 2013
LA LOBBY DEI LIBRI
[Paghiamo 800 milioni all’impero di 5 editori] –
C’è una lobby della carta che ogni anno spoglia le famiglie italiane di 800 milioni di euro. Mondadori, Rcs, Pearson-Paravia, Zanichelli e DeAgostini sono le case editrici che si dividono il 70% dell’editoria scolastica tradizionale, con fatturati da 150 milioni di euro l’anno. Attraverso legami fortissimi in Parlamento, cinque imprese private dettano legge sulla scuola pubblica e condizionano tempi e modi della conoscenza degli italiani. È successo di nuovo due mesi fa, in gran silenzio. Un’onorevole manina è riuscita a far slittare di cinque anni la messa a regime di un sistema misto cartaceo-digitale che per legge doveva partire già quest’anno.
È IN SENATO che il cartello degli editori trova la sponda per tenere in piedi l’anacronistica prassi dell’adozione dei libri di testo nelle scuole e contenere al massimo la diffusione dei formati elettronici. Come è accaduto? La rivoluzione digitale nel 2008 sembrava alla portata dei grandi gruppi. Aveva anche il sigillo del premier Silvio Berlusconi (Mondadori) e dell’associazione confindustriale (Aie). Agli editori, al tempo, era sembrato verosimile riposizionare rapidamente i piani industriali sul digitale e farsi trovare pronti al nuovo business. Ma i tempi sono stati più lunghi del previsto, così è cominciato il tiro al piccione per impallinare la legge e rimandare la partita, con buona pace delle famiglie italiane. Per loro, un altro giro di walzer nelle librerie a caccia di libri.
L’anno dello switch-off doveva essere il 2012, così non è stato. Tutta la materia è rimasta a decantare nelle aulette parlamentari, gli zaini si sono riempiti ancora una volta di libri. La riprende in mano il governo di Mario Monti con il ministro Profumo, aperto sostenitore della digitalizzazione. A ottobre finalmente la prima versione del decreto Sviluppo introduceva le versioni miste dal 2013/2014 in tutte le superiori, dall’anno successivo nella primaria e secondaria di primo grado.
Il colpo di grazia arriva il 6 dicembre scorso, senza troppa pubblicità. Un emendamento al dl Sviluppo, attraverso la commissione Industria al Senato, ha posticipato tutto di un anno. E, tra l’altro, solo nelle prime classi o in quelle che devono iniziare delle materie nuove. Per avere un’introduzione completa delle versioni digitali bisognerà aspettare l’anno scolastico 2016/17. Il testo passa alla Camera, accompagnato da un ulteriore (e doppio) regalo agli editori di sempre: la cancellazione del divieto per le scuole di adottare nuovi testi prima di 6 anni e per le case editrici di variare il contenuto dei libri anche prima di 5 anni. Così, come sempre, l’acquisto dei testi è imposto ai genitori e basterà modificare qualche esercizio o immagine per vendere le “nuove edizioni” di vecchi testi. Con consueto rincaro: nel 2012 circa100 euro a famiglia.
GLI EDITORI di sempre brindano allo scampato pericolo, i pochi sviluppatori di prodotti digitali no. Ed escono in polemica dall’Aie, bollandola come un “cartello di carta”. Tra i più critici Agostino Quadrino di Garamond, tra le prime realtà editoriali per la scuola in ambiente digitale. “Non è solo un problema di bottega”, accusa. “Perseguendo gli interessi di pochi la corporazione danneggia tutti: la scuola, dove abbiamo 50mila lavagne elettroniche ma non il prodotto didattico per usarle, gli addetti perché il digitale crea lavoro qualificato, i ragazzi costretti a studiare su vecchi testi e le famiglie, gravate dall’acquisto di diritti d’autore su antichi teoremi matematici e conoscenze che Internet ha reso un “bene comune” a costo zero”.
Come finirà? “Il Paese evolverà meno velocemente degli altri. La liberalizzazione arriverà presto o tardi, ma non avremo sviluppato noi il settore. Alla fine temo che qualche grosso operatore straniero si presentarà alla porta e ne farà un boccone, lasciando a bocca asciutta tutte quelle piccole realtà che da sole si sono messe sulla strada della scuola digitale e nell’incertezza normativa sono rimaste piccole.
Così l’Italia, paese che esporta cultura e conoscenza, sarà terra di conquista per i nuovi alfabetizzatori digitali che arrivano dall’estero".