Giuliano Ferrara, il Giornale 10/2/2013, 10 febbraio 2013
CANI, BANCHE E SIGARETTE: URNE DA BURLA
Non sbaglia il Cav quando dice che alle politiche di febbraio «ci giochiamo il nostro futuro ». Ma quanto pesa il nostro futuro? La campagna elettorale, non solo quella di Berlusconi, è ormai lo spettacolo più pazzo e sconcertante del mondo, tra cani adottati da Monti, Berlusconi, Brambilla, 150 sigarette fumate dal gigante mangiafuoco Crosetto, gli abiti high punk del liberista da battaglia Giannino, i comizi di Grillo in pelliccia sintetica con folle oceaniche plaudenti nel freddo, i motti proverbiali dello smacchiatore Bersani rintuzzato da Crozza («ma che cazzo dici?»), le caricature mirabolanti appunto di Crozza, la performance grottesca di un giornalismo televisivo mai così cordialmente (e magistralmente) asservito alle leggi del politics show , un’orda di magistrati che passa dalle manette alle urne senza preavvertire nessuno, né qui né in Guatemala, e poi una tassa restituita cash , un condono tombale sia per l’evasione sia per l’abusivismo, 50 miliardi subito alle imprese promessi dal Pd, Irpef ritoccato dal premier, il candidato carino di sinistra Renzi che annuncia ogni giorno la partenza di un fuoco tonante di solidarietà con il suo partito ma si vede lontano un miglio che si augura la vittoria di Berlusconi perché il prossimo giro è il suo, infine lo spostamento non si sa dove di Sanremo, la lotta per lo share of voice con le canzonette sentimentali che pretendono la par condicio , e la guerra imminente al ritmo delle battutine finto sconce della Littizzetto, e il valterino e la passerina e chissà cos’altro per ravvivare e intrattenere la madrina di tutte le battaglie, la valletta di tutte le Waterloo, la disputa finale del sondaggione con premio. Chi come me cerca in apparenza di mantenere un aplomb e prova a capire che cosa mai sia stata questa stagione della competenza al potere, delle élite alla guida del vascello, si guarda allo specchio e muore di noia. Ho passato due decenni a cercare di spiegare, a me stesso e ai miei lettori e spettatori in tv, i segreti della nuova politica maggioritaria, impresariale, personale, e il mistero di Berlusconi e delle sue vittorie e dei suoi fuochi d’artificio, ma anche delle sue invincibili sconfitte. Nel febbraio scorso avrei voluto votare sotto la neve, questa era la parola d’ordine che avevo coniato, perché giudicavo impresentabile la sola idea di sottrarre un popolo bue al giudizio della volontà sovrana popolare, mentre tutti votavano, gli spagnoli e i greci, ma gli italiani no, non erano maturi abbastanza. E un anno fa fu chiesto a un commissario risanatore di curare con efficacia in Europa il fallimento della ditta. Ora votiamo, un anno dopo, votiamo sotto la neve, con un freddo becco, votiamo in un generale impazzimento della politica come spettacolo, tutti quelli che l’avevano chiamato al governo muoiono dalla voglia di dare un calcio nel culo al commissario, il che non guasta per la scena e formalmente non mi disturba affatto sebbene sia un tantino bizzarro, e al nord sta nevicando di brutto o sta per nevicare. Il fuoco di questa campagna è: fino a che punto dobbiamo prenderci sul serio? Bill Emmott ci prende sul serio e pensa che siamo finiti in coma, addirittura, e ora il settimanale militante di Carlo De Benedetti presenterà al pubblico il suo filmino di propaganda puritana. Abbiamo passato mesi a leggere il cifraggio del nostro fallimento.
Ora portiamo a casa un aumento della dotazione nel bilancio europeo per l’Italia, in un clima di rispettabilità in Europa e nel mondo che spetta solo a certe puttane redente quando si presentano di nuovo in società, insomma la politica sembra un po’ una cosa seria un po’ una giostra per bambini viziati. Tutti hanno capito che Mps fa rima con Gps, che non ci si può orientare nello scandalo del Montepaschi, come spesso succede è solo una malversazione minore senza trippa per i gatti famelici del casino politico-mediatico, e non fosse per i deliranti giornali che abbiamo la faccenda sarebbe durata tre giorni; e tutti si domandano quale funzionario preposto dell’Eni, l’ultima nostra multinazionale, quella fondata da Enrico Mattei, il Dio degli spregiudicati, avrebbe mai potuto negare una mancia a chi procurava all’industria energetica italiana una commessa da 11 miliardi di euro.
Quanto ci avremmo messo a licenziarlo, il cretino? Chi ci deve riscaldare quando si vota sotto la neve, Bill Emmott, Umberto Eco, Vladimiro Zagrebelsky, Roberto Benigni o altro costituzionalista?
Insomma, la situazione è grave e anche seria, ma noi siamo capaci come sempre di metterla un po’ in burla, con la nostra faccia tosta, e di giocarci ogni volta il nostro leggero futuro sapendo che quello che conta è il voluminoso presente.
Giuliano Ferrara