Enrico Sisti, la Repubblica 11/2/2013, 11 febbraio 2013
SALTO NEL FUTURO
[Alessia Trost]
Alessia: «crescendo dell’1% in tutte le componenti si può arrivare a ottenere un risultato impensabile ». Con la regola dell’1%, pazienza e motivazioni, accade che misure inaccessibili si trasformino d’incanto in realistici traguardi. Salti che improvvisamente ricordano una levitazione. Rincorsa, forza esplosiva, forza elastica, scioltezza nei gesti, velocità, tecnica di stacco, qualità dell’arco dorsale sopra l’asticella: quante cose da tenere sotto controllo per un “banale” salto in alto. Però l’atletica è proprio così: maledettamente complessa. Un’amica affettuosa e subdola. Capita che ti sorrida, ma il più delle volte è spietata. Chiede, chiede, chiede. E regala pochissimo.
Alessia lo sa. Dopo i due metri saltati a Trinec, in Repubblica Ceca, che l’hanno scaraventata al 1° posto del ranking mondiale 2013, ha deciso di «azzerare tutto». Come se non fosse successo niente. «Non si riparte con un fardello». Con un peso non salti, perdi leggerezza. Nell’atletica la perfezione sta nel cercarla, perché raramente la si trova. L’atletica è un’inspiegabile voglia di soffrire sperando di non farsi male (per Alessia uno stiramento al flessore della coscia sinistra nel 2010). L’atletica è talento, lavoro, genetica e passione.
I due metri di Alessia sono figli di un corpo ancora in formazione. Hanno preso energia dal Friuli, luogo speciale, patria di “altisti” eccellenti (Del Forno, Di Giorgio, Bruni, Toso, Talotti). L’atletica di Alessia è cominciata arrivando al campo in Vespa con papà Rudi. Aveva 14 anni e ancora non sapeva se le sarebbe piaciuto fare l’alto, il triplo, gli ostacoli: «Non ho scelto: si è solo aperta la mia strada». Ma attenti: da allieva nel 2008 ha stabilito il record italiano di pentathlon.
Alessia possiede una sua forza tranquilla, lo si vede dagli occhi buoni, con gli angoli
esterni più bassi, lo si capisce da come parla di Simeoni e Di Martino: «Di fronte a loro mi sento una stupida...». È il suo bello. È la benzina del suo talento. In pochi giorni s’è migliorata di otto centimetri: dal 1,92 a 2,00. Un canyon. E non è ancora finita. Ama stare in gara, le piace sfidare il suo “panico”, se arriva, oppure godersi la calma nei giorni in cui i nervi l’aiutano a
trovare la giusta tensione. Con un papà che faceva l’elettricista
e con una mamma che lavora in una fabbrica di lampade (Susanna), si può immaginare che la prima luce sia stata accesa, unendo
due fili, in famiglia. Alessia mangia quello che cucina
sua
madre:
quello che c’è in tavola è la sua dieta. Ha un allenatore, Gianfranco Chessa, che la segue da quando ha 14 anni: un uomo dai modi dolci partito dalla Liguria 29 anni fa e approdato in Friuli (Chessa vive a Cordenons, alla periferia di Pordenone, dove parlano un dialetto che a Pordenone non capiscono...) per insegnare lo sport. Chessa, 66 anni, professore di educazione fisica in pensione, sta costruendo una campionessa. Il loro allenamento è
un rito. Sono due persone
che non fanno lo stesso mestiere ma condividono tutto: a cominciare dagli obiettivi da raggiungere. Occhiate d’intesa. Quando la mano di lui indica un punto della rincorsa Alessia capisce di non aver staccato esattamente all’altezza del ritto che sostiene l’asticella (come dovrebbe). Un sodalizio perfetto nato cinque anni fa allo stadio Mario Agosti di Pordenone: «Peccato che la pedana all’aperto sia ormai troppo dura (dovrebbero rifare la pista in estate,
ndr)
», precisa Chessa che guarda con orgoglio il capannone sopraelevato, inaugurato meno di un anno fa, dove Alessia finalmente può esercitarsi ogni giorno senza rischiare i piedi sul tartan inacidito dal tempo. Mentre Alessia si allena, Gianfranco ragiona («può arrivare a 2,05») e pianifica la stagione. Intanto il team si è allargato. Ci sono le scarpe della Nike e le macchine della Unibell per la “tecarterapia” per prevenire e curare gli infortuni (usate dal fisioterapista Alessandro Fantin). C’è un allenatore di ginnastica che segue Alessia per la sua fase acrobatica (Luca Zanforlini): «L’arco dorsale sopra l’asticella lo devo migliorare ancora, molto, ma per farlo devo migliorare quello che succede prima dello stacco (dove Alessia imprime a terra una forza pari a 10 volte il suo peso, quindi circa 700 kg,
ndr)
». I due metri di Alessia sono il primo esaltante risultato di un mix di buona volontà, sport a conduzione semi-familiare, (la palestra dell’Agosti è piccolissima, arrangiata, c’è l’essenziale ma non una brucola di più), classe cristallina, strumenti più moderni (l’acceleratore tridimensionale per i test di forza), e studi: «Quest’anno», dice Chessa, «abbiamo introdotto un esercizio integrativo di forza lenta di cui avevo anche parlato con l’allenate di Donato, Roberto Pericoli, ai tradizionali lavori di squat e di “girate”: grandi benefici». Si tratta di un esercizio in cui Alessia deve sollevare un peso medio- basso andando su e giù per un minuto senza fermarsi mai (pare poco...): «Le prime volte ero distrutta, mi sentivo le gambe pesantissime e il pomeriggio non riuscivo ad allenarmi». Poi la svolta: «Improvvisamente abbiamo capito che questo nuovo lavoro aveva effetti straordinari sulla forza in sé e sulla stabilità delle parti fondamentali del corpo di Alessia».
A 15 anni Alessia era già alta 1,88: «Ma potrebbe ancora crescere...». Nel prossimo weekend Ale con le ali è attesa agli Assoluti Indoor di Ancona, poi gli Euroindoor di Goteborg ai primi di marzo: «Stiamo pensando di allungare la rincorsa, da sette a nove passi: ma dobbiamo lavorarci con calma, non è una cosa che si può fare in poche settimane ». Probabilmente la sperimenteranno per i Mondiali di Mosca: «Ma bisogna lavorare sulla velocità della rincorsa». Studia lingue Alessia: «Inglese e tedesco». E dice: «My time is on!». Siamo appena all’inizio.
Come darle torto.