Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 10/02/2013, 10 febbraio 2013
DA LEOPARDI AGLI ASTRONAUTI. I PRIMOGENITI PIU’ BRAVI (A SCUOLA)
Le eccezioni, ovviamente, non si contano, ma un’indagine quantitativa sulla fratellanza rivela che i primogeniti hanno una maggiore fortuna scolastica rispetto ai più piccoli. Sottolineato: scolastica. È la conclusione cui sono giunti i ricercatori di Trajectoires et Origines (TeO) degli istituti francesi Ined e Insee, che studiano l’impatto delle origini sulle condizioni di vita e i percorsi sociali. Il quotidiano «Le Monde» vi ha dedicato due pagine, coinvolgendo nella discussione demografi, psicologi e sociologi. I risultati della ricerca, realizzata su 4 mila soggetti? Non si tratta di scarti abissali. Nelle famiglie con due figli, i primogeniti diplomati al liceo superano dell’1,6 per cento i fratelli minori. E nelle famiglie con tre figli, il 27,9 per cento dei primi nati ottiene una maturità di secondo grado (il Bac+2 francese), mentre per gli altri due la percentuale scende al 25,8 e al 24,8. Senza dimenticare che i minori abbandonano la scuola più spesso dei maggiori. Va aggiunto che i dati non mutano granché spaziando nelle diverse classi sociali, anche se tra i discendenti degli immigrati essere nati dopo non indebolisce la riuscita negli studi.
Detto ciò, resta da chiedersi quali siano le ragioni di questo vantaggio che riguarda il successo scolastico e non necessariamente il quoziente di intelligenza (anche se qualche anno fa la rivista «Science» pubblicò una ricerca in cui si dimostrava che i primi hanno un «Qi» più alto). La ragione più banale è questa: i primogeniti sono i soli ad aver goduto dello status di fratelli unici, avvantaggiandosi della quasi totale disponibilità di tempo dei genitori (genitori peraltro più giovani di quel che saranno quando affronteranno i nuovi nati), che hanno investito su di lui superiori energie intellettuali, attenzioni e attese (magari anche ossessive). Non solo. Tra i privilegi vanno anche considerate le migliori condizioni ambientali, budget familiare e spazi compresi. Con l’arrivo del fratellino o della sorellina, le tensioni in casa crescono, i tempi si restringono, la densità abitativa cresce (e il maggiore si sentirà usurpato dal piccolo).
Ma per trovare le ragioni più profonde è utile rivolgersi a uno psicologo come Uberto Zuccardi Merli, che lavora da anni con i bambini iperattivi nel centro Giamburrasca di Milano (suo il recentissimo libro Non riesco a fermarmi, Bruno Mondadori editore). I punti in discussione sono diversi. Primo, per sgombrare il campo da equivoci generalizzanti: «Quello del primogenito non è un concetto assoluto, dipende dall’intensità con cui è stato desiderato dai genitori: non c’è un automatismo psico-biologico». Secondo: «Un bambino può essere bravissimo a scuola e avere una salute psichica pessima: la performance scolastica non coincide con una soggettività sempre felice e non significa nulla sul suo desiderio». Terzo, cercando di motivare i risultati francesi: «Il primogenito viene investito maggiormente dalle aspettative dei genitori e risponde più facilmente alla domanda familiare e istituzionale (la scuola dell’obbligo!): esegue quel che gli viene chiesto e si adatta meglio all’ingiunzione di studiare, perché strutturalmente è meno conflittuale e più sereno. Diciamo che ha più forza simbolica per rispondere alle richieste, ha una posizione superiore nella gerarchia». Quarto: «Non è detto che questo adattamento lo renda più felice e realizzato in futuro».
Parole sacrosante. Certo, non può passare inosservato che su 23 dei primi astronauti americani mandati nello spazio, 21 fossero primogeniti o figli unici, ma che ne sappiamo dei fratelli minori? Sappiamo invece che quelli di Rahm Emanuel, capo di gabinetto di Obama, non sono riusciti a superarne le gesta scolastiche. Gli esempi al contrario sono innumerevoli. Giacomo Leopardi fu il primo di dodici figli: con i fratelli più vicini per età, Carlo e Paolina, passò l’infanzia giocando allegramente e suo padre Monaldo lo definì un bambino «dolcissimo, amabilissimo». Sui successi nello studio, realizzato in ambito familiare con precettori ad hoc di formazione gesuitica, nessuno può sollevare dubbi, eppure è lecito nutrire qualche perplessità sulla sua salute non solo fisica. Per non dire del primogenito (tale dopo la morte precocissima di due fratelli maggiori) più risentito della storia della letteratura, Franz Kafka, bravissimo a scuola, che al padre Hermann dedicò una lettera amarissima. A parte ciò, la ribellione dei secondogeniti può essere altrettanto produttiva sul piano creativo, come quella di Ernest Hemingway (secondo di sei figli), che non volle seguire il desiderio della madre Grace (la quale l’avrebbe voluto violoncellista) e che piantò l’università per una banale scuola di giornalismo. È vero che morì suicida — del resto come suo padre e i fratelli Leicester e Ursula — ma tutto si può dire tranne che non sia riuscito a godersi la vita.
Paolo Di Stefano