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 2013  febbraio 10 Domenica calendario

TUTTE LE BUGIE DI TRUMAN CAPOTE “A SANGUE FREDDO” NON È PIÙ UN MITO

NEW YORK
A sangue freddo resterà per sempre un capolavoro della letteratura. Purché gli si tolga quella definizione che Truman Capote inventò: “non-fiction novel”, ovvero romanzo-realtà. Un’etichetta con cui lo scrittore americano si arrogava il merito di aver fondato un genere nuovo, fece scuola ed ebbe prestigiosi imitatori. Con i fatti, Capote si prese alcune libertà. Bugie clamorose, confezionate ad arte per ingraziarsi testimonichiave. Favori ai limiti della corruzione, verso la sua “gola profonda” più importante, il detective che guidò le indagini sul crimine del 15 novembre 1959: quando a Holcomb nel Kansas i due ex detenuti Perry Smith e Richard Hickcok uccisero l’agricoltore Herbert Clutter, sua moglie e i figli. La preparazione del romanzo, la sua genesi e il suo stile, hanno appassionato gli americani molto più del fatto di cronaca che lo ispirò. L’invenzione della “non-fiction” ebbe un’influenza profonda su due mondi: la letteratura e il giornalismo.
Alcuni emuli di Capote, come Tom Wolfe, divennero a loro volta delle star a cavallo tra i due generi, reportage e romanzo. Insieme a Wolfe, Norman Mailer, Hunter Thompson, Gay Talese, Joan Didion divennero gli esponenti del New Journalism che s’ispirava a Capote: tecniche letterarie, aderenza ai fatti. Ma il loro maestro era un impostore. Lo dimostra oggi uno scoop del Wall Street Journal, che ha ritrovato i verbali originali dell’inchiesta presso il Kansas Bureau of Investigation (Kbi). Da quei documenti della polizia emergono differenze sconcertanti rispetto alla versione di Capote. E quando lo scrittore si discosta dai fatti, lo fa per uno scopo preciso: mettere in bella luce i suoi informatori. Più di tutti il capo detective Alvin Dewey a cui Capote fu debitore di un accesso privilegiato alle informazioni.
L’idea di scrivere A sangue freddo venne da un articolo di giornale: Capote aveva letto sul New York Times una breve cronaca del fatto di sangue che lo incuriosì. Ci avrebbe lavorato per sei anni, con l’aiuto prezioso della sua amica Harper Lee (l’autrice de Il buio oltre la siepe).
L’enorme impatto di A sangue freddo sul pubblico e nel mondo letterario americano, proiettò Capote nella celebrità. Gli attirò anche invidie e risentimenti. Da mezzo secolo la critica passa ai raggi X quel romanzo, a caccia di errori. Ben due film recenti – Truman Capote. A sangue freddo con Philip Seymour Hoffman nel 2005, Infamous con Sandra Bullock nel 2006 – hanno ripreso alcune delle critiche: dalla complicità eccessiva con uno dei due assassini, allo scarso riconoscimento per il ruolo di Harper Lee.
Qualche dubbio sull’esattezza della ricostruzione era già stato avanzato. Ma ora la scoperta del Wall Street Journal infligge un colpo serio alla reputazione di Capote. Il suo rapporto con il poliziotto Dewey calpesta qualsiasi regola deontologica. Per compensare i servizi del detective, Capote arrivò ai limiti della corruzione. Nel 1965, un anno prima della pubblicazione del libro, Capote procurò alla moglie di Dewey un contratto lautamente remunerato (10.000 dollari, un fortuna a quell’epoca) con la Columbia Pictures, come “consulente” per la successiva versione cinematografica del romanzo. Dewey a sua volta aiutò Capote con una serie di favoritismi, alcuni dei quali del tutto illeciti. Il poliziotto consegnò all’autore il diario intimo di Nancy Clutter, la figlia 16enne morta nella strage: le ultime testimonianze della ragazza risalivano a poche ore prima che i due assassini penetrassero in casa.
Il detective del Kbi fece ottenere al romanziere una patente di guida del Kansas, illegale visto che Capote aveva la residenza a New York. L’investigatore usò la sua autorità per far pressione su diversi abitanti di Holcomb e parenti delle vittime perché fossero loquaci con lo scrittore. Idem per l’accesso privilegiato ai due assassini in carcere. In questo caso la complicità del capo della squadra investigativa, diede a Capote un vantaggio enorme rispetto a tutti i giornalisti che seguivano la vicenda. Dopo aver detto alla stampa – locale e nazionale – che le interviste con i detenuti erano proibite, Dewey le organizzò unicamente per Capote. Gli consegnò perfino gran parte dei rapporti d’inchiesta della polizia, «la più grave scorrettezza che si potesse commettere», secondo la testimonianza di un altro poliziotto del Kbi, Harold Nye.
Quel che è peggio, Capote cambiò alcuni dettagli della vicenda proprio per ricompensare il suo principale informatore. In una scena chiave del romanzo, appena un carcerato dà una dritta alla polizia (ex compagno di cella degli assassini, li aveva sentiti parlare dei loro piani), Dewey si precipita a casa di Hickock e ottiene le prove del crimine. I documenti del Kbi dimostrano che non andò così. Il detective ignorò la pista calda, lasciò passare cinque giorni prima di capire il valore della segnalazione. Romanzoverità? Capote fece qualche eccezione, quando gli faceva comodo per trasformare in eroe il suo protettore e informatore.