Gianni Mura, la Repubblica 10/2/2013, 10 febbraio 2013
CICLISMO, BUFERA DOPING CADE IL MITO DI CIPOLLINI
ECOSÌ il dottor Fuentes (nomen omen) irrigava di forze anche Mario Cipollini, nell’anno di relativa grazia 2002. Sorpresa? No, perché già sei anni fa Repubblica scrisse che dietro al nome in codice Pavarotti poteva darsi che si nascondesse Cipollini. Erano voci, insistenti ma pur sempre voci.
I DOCUMENTI pubblicati ieri dalla Gazzetta sono pura e dura realtà. Fanno parte delle oltre settemila pagine del dossier Fuentes, l’operazione Puerto, una montagna che polizia e giustizia di Spagna non hanno finora ritenuto di dover illuminare. Così aumentando il sospetto che fra i tanti assistiti dal ginecologo- bombatore Eufemiano Fuentes e dal suo fidato ematologo Merino Batres, detto Obelix non ci fossero solo ciclisti (sai che novità) ma anche pezzi, molto grossi, di altri sport: tennis, calcio, atletica.
Una squadra di calcio, la Real Sociedad (che dal 2002 al 2007 ha versato a Fuentes 2 milioni di euro) è stata scoperta, così come Basso, Scarponi, Ullrich e Valverde (quest’ultimo solo perché si mise di traverso l’ufficio inchieste del Coni). In attesa del prossimo, incassiamo ricevuta per Cipollini, in codice Maria e Cp. In quel 2002 vinse la Sanremo, la sua terza Gand-Wevelgem e il mondiale a Zolder, in Olanda.
Correva con la maglia zebrata dell’Acqua & Sapone, una formazione non di prima fila. Trasfusioni, epo, testosterone, ormone della crescita, Cipollini non s’è negato nulla. Finora, nessun commento da parte sua. Se ne farà, è prevedibile che sarà la solita musica: così facevan tutti, e forse molti ancora fanno.
Ormai fa testo Armstrong: gli hanno tolto tutti i Tour vinti, anche quelli caduti in prescrizione, a tredici anni dal primo successo. Quindi, nessuno è più al sicuro. Non Cipollini, il Re Leone che incantava le ragazze coi suoi riccioli d’oro e gli occhi azzurri, ma piaceva anche ai ragazzi, per quell’aria da tombeur de femmes, la Ferrari, la residenza a Montecarlo e la foto di Pamela Anderson attaccata al manubrio, altro che Bartali, un toscano molto diverso, con l’immaginetta di santa Teresa del Bambin Gesù cucita alla maglia.
Sempre più righe bianche negli albi d’oro del ciclismo. E un futuro sempre più incerto. Cipollini è per ora l’ultimo atto dello sgombero. Com’è accaduto con le statue di Stalin, di Ceausescu, di Gheddafi si abbattono miti e leggende dello sport che più tenacemente le ha alimentate e più tenacemente ha alimentato la fede nella pozione del druido, nel borraccino, nella farmacia del diavolo un tempo gestita da massaggiatori maneggioni e poi, col progresso del doping come industria, da preparatori atletici e medici che sapevano il fatto loro: ossia, in parole povere, come dopare un atleta e non essere scoperti ai controlli.
La storia, anche quella del ciclismo, richiede grandezza da una parte e fiducia dall’altra.
Grandezza di chi soffre sui pedali e di cui aulicamente si scrive che getta il cuore oltre l’ostacolo, che va oltre le sue possibilità. Fiducia dell’appassionato, dello spettatore. Se la grandezza risulta addizionata di doping, l’eroe diventa piccolo piccolo. E l’appassionato è sempre più incline al disamore, al non credere più alle favole che pure erano tanto belle, gratificanti, ma ora risultano bugiarde e sporche. È come veder abbattere i set dei vecchi film: via Fort Alamo, via l’OK Corral, via la diligenza diretta a Lordsburg da cui spara John Wayne, via il treno per Yuma, via il ponte sul fiume Kwai, via le statue dei Cesari. Piazza pulita, per modo di dire.
Da una piazza finalmente ripulita può muoversi un ciclismo nuovo, nella mentalità prima di tutto. Appare sempre più attuale la proposta della Wada per una commissione di verità e riconciliazione. E noi aspettiamo, intanto, col sacro fuoco che è diventato una fiammella, quasi una lucciola. Se questi Superman negli ultimi vent’anni potenziati in laboratorio sono il nuovo ciclismo, rimessi i sandali del penitente noi aspettiamo Bartali. Spunterà uno così, da una curva, deve spuntare, e forse ci sarà ancora il ciclismo.