Ferruccio Sansa e Davide Vecchi, il Fatto Quotidiano 9/2/2013, 9 febbraio 2013
UN GIUDICE COSTITUZIONALE NELLE CARTE SUL BANCO DESIO
[L’ex capo del Consiglio di Stato Coraggio a casa del cognato banchiere (già condannato) mentre veniva perquisita] –
Il giudice di Corte Costituzionale, Giancarlo Coraggio, è finito nelle carte dell’inchiesta romana per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro che coinvolge i vertici di Banco Desio e ha già portato alla liquidazione delle due controllate in Lussemburgo e Svizzera, Brianfid e Credito Privato Commerciale, oggi al vaglio dei rispettivi organismi finanziari territoriali, Cssf e Finma.
Desio Lazio, Brianfid e Cpc sono le tre controllate del Banco di Desio e della Brianza. La casa madre non è direttamente coinvolta nell’indagine seppure il presidente, Agostino Gavazzi, sia stato, tra l’altro, radiato dal registro finanziario elvetico mentre il numero due, Claudio Broggi, sia finito nelle intercettazioni del Gico della Guardia di Finanza: parlando con Roberto Perazzetti, il direttore generale del Cpc di Lugano, si legge negli atti, Broggi si informa sui “documenti non ufficiali dei clienti, (...) senza scrupolo alcuno, dimostrando di conoscere bene le modalità operative dei funzionari del Cpc e di anteporre alla legge il profitto aziendale”. Si evince, concludono gli inquirenti, “che l’attività di gestione dei capitali illeciti non sia volontà di un singolo direttore, ma è precisa volontà proveniente dal vertice”. Broggi, entrato al Desio nel 1993, è stato negli anni responsabile del servizio crediti, poi del settore finanza, estero e crediti speciali. All’epoca dei fatti era vice direttore generale poi, nell’ottobre 2010, sale l’ultimo gradino della carriera. Le intercettazioni che lo riguardano sono del 2009.
ALCUNI DIRIGENTI fanno carriera, altri patteggiano. Come l’ex amministratore delegato del Banco Desio Lazio, Renato Caprile: due anni e 10 mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per i reati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio con l’aggravante della transnazionalità del reato, concorso in dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi, concorso in appropriazione indebita con le aggravanti del danno patrimoniale allo Stato e dell’abuso di relazioni di ufficio.
Caprile è cognato di Giancarlo Coraggio. La mattina del 23 Aprile, l’allora presidente della Corte di giustizia federale poi nominato a capo del Consiglio di Stato da Giorgio Napolitano e oggi Giudice Costituzionale, si è presentato nell’abitazione romana del cognato dove era in atto la perquisizione da parte degli uomini della Finanza. Coraggio ha presentato come identificazione non la carta d’identità ma, è scritto a verbale, la tessera di riconoscimento n. 7620782 del Consiglio di Stato.
Contattato telefonicamente, Coraggio ha spiegato di essere intervenuto su richiesta della “sorella di mia moglie” che “abita a cento metri”. Spiega: “Mi ha chiamato perché mio cognato era fuori”. Conferma di essersi identificato con il tesserino ma nega di essere intervenuto in difesa del cognato. “Che pressioni potevo fare? Non mi sono presentato in sua difesa ma solo per offrire un sostegno morale, su sua richiesta, alla sorella di mia moglie”.
Erano le 7.55. La perquisizione si è conclusa alle 10.15 con il sequestro, tra l’altro, di una chiave di una cassetta di sicurezza del Desio Lazio. Nel frattempo è arrivato Caprile e ha accompagnato gli agenti: nella cassetta di sicurezza è stato trovato denaro contante per 155 mila euro per lo più in banconote da 50 e 100 euro. Perché erano conservati nella cassetta di sicurezza e non su un normale conto corrente? Da dove provenivano? Domande alle quali il processo avrebbe potuto fornire risposte ma Caprile , come detto, ha patteggiato la pena. Anche altri - tra quelli per cui il pm romano Giuseppe Cascini ha chiesto il rinvio a giudizio pure per appropriazione indebita di circa 3,5 milioni ed evasione fiscale - hanno chiesto il patteggiamento. E il rischio è quello di non veder celebrare il processo e non vedere mai accertato l’impianto accusatorio.
IL BANCO DESIO è stato negli ultimi anni al centro di numerosi scandali finanziari, basta citare la Geslat della Parmalat domiciliata presso il Cpc da cui passarono i 117 milioni del buco nero Llc. Gli investigatori che tentarono di seguire le tracce del “tesoro Tanzi” arrivarono nei conti del Cpc. Lo ha confermato anche il direttore della controllata Svizzera, Perazzetti, raggiunto dalla richiesta di rinvio a giudizio. Perazzetti, secondo l’accusa, gestiva gli illeciti in Svizzera, controllando anche il traffico di denaro attraverso una rete di spalloni di fiducia. Nelle circa settemila pagine dell’inchiesta sono riportate (tra l’altro) intercettazioni, verbali di sequestro di denaro al confine elvetico, perquisizioni e una rete di società e di imprenditori che hanno usufruito “dell’apertura del Cpc per esportare capitali all’estero”.
Anche Banca d’Italia ha sottolineato la medesima funzione della controllata: “I vertici avrebbero favorito i contatti tra indagati e clienti”. Palazzo Koch ha svolto un’ispezione sul Desio conclusa nell’aprile 2012 riscontrando “forti carenze nel sistema anti-riciclaggio” e una valutazione generale “parzialmente sfavorevole”. La stessa riconosciuta al Monte dei Paschi di Siena. Ma anche sul Desio Palazzo Koch non ha ritenuto dar seguito con sanzioni o commissariamento.