Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 9/2/2013, 9 febbraio 2013
LA BATTAGLIA DI UN EDITORE PER I DIRITTI DEL FIGLIO DOWN
Si alza dal tavolo e, davanti agli invitati, l’editore Stefano Mauri ricorda: «Nel 1996 feci causa al Comune perché non veniva garantito a mio figlio disabile l’accesso all’asilo. Questi sono i leghisti». Poche parole, scivolate via troppo in fretta, la sera di domenica 3 febbraio, alla cena in casa del finanziere Francesco Micheli per Umberto Ambrosoli, candidato del centrosinistra alla guida della Regione Lombardia e vero competitor dell’ex ministro leghista, Roberto Maroni. «Non avevo mai raccontato questo episodio, l’ho fatto per spronare Ambrosoli. Le nostre famiglie sono amiche dai tempi di suo padre Giorgio (l’eroe borghese del caso Sindona ucciso dalla mafia, ndr). In generale non mi schiero, non faccio politica ma, di fronte a un partito come la Lega certe posizioni anticostituzionali, certa xenofobia e, più in generale, una visione molto limitata dell’uomo - credo che ogni cittadino abbia il dovere di difendere una idea di società più inclusiva, giusta e solidale. L’intolleranza è intollerabile», spiega Mauri, 51 anni, presidente di GeMS, gruppo editoriale Mauri Spagnol, 145 dipendenti, 18 tra case editrici e marchi editoriali.
A Mauri degno discendente di famiglie - i Mauri e i Bompiani - dell’alta borghesia illuminata che hanno scritto la storia dell’editoria italiana, oggi riconosciuto protagonista di scommesse vincenti, dal rilancio di blasonate case editrici come Bollati Boringhieri al successo della testata «il Fatto Quotidiano», chiedo di raccontarmi meglio quell’episodio. «Parliamo della diversità come bellezza», premette. «Della ricchezza che mio figlio down è per tutti noi. E, di come per noi è stato importante seguire le tecniche del grande scienziato israeliano Reuven Feurestein rispetto a quelle dell’ultracattolico Jerome Lejeune». 1996, Milano del Carroccio.
Sull’onda di Tangentopoli, al grido di «Roma ladrona», a Palazzo Marino regnano i lumbard, giunta Formentini. «Andrea aveva 3 anni. Secondo la neuropsichiatra dell’Asl era troppo chiuso, aveva bisogno di socializzare con altri bambini. Con sua mamma, la mia prima moglie, decidiamo d’iscriverlo in quello vicino a casa, allora abitavamo in piazza della Repubblica. Dal 1992 una legge - la 104 - garantisce i diritti all’integrazione fin dall’asilo dei disabili ma, 4 anni dopo i leghisti danno un’interpretazione aberrante di quella legge: ci escludono dalla graduatoria per il mio reddito troppo alto. Non solo. Non viene preso neanche il figlio di una signora disoccupata che aveva bisogno di mettere il piccolo al nido per trovare un lavoro! Assurdo. Contestiamo al Comune che questi bambini avrebbero dovuto essere i primi in graduatoria. Perché ghettizzare i disabili, i più deboli? La scuola non può essere solo il luogo dell’apprendimento, come se tutti dovessero diventare Einstein! Insegnare ad accettare con naturalezza la diversità è un’occasione d’oro per tutti, genitori e ragazzi».
Di fronte a porte e cuori sbarrati («A un consiglio di zona un tale, non conoscendo mia moglie, le disse che una mamma con un figlio disabile dovrebbe tenerselo a casa!») Mauri si rivolge ai giudici. «Non lo feci solo per mio figlio. Un bambino ogni mille nasce Down: volevo creare un precedente». Un suo amico, l’avvocato Matteo Gariboldi, fa ricorso al Tar: sentenza favorevole ai Mauri. Non è finita. «In Comune mi dicono: “Lei ha vinto ma suo figlio lo prendiamo in un asilo a San Siro”. Ovvero, dall’altra parte di Milano!». Andrea trovò una «insegnante fantastica» all’asilo parrocchiale; oggi è all’ultimo anno del liceo artistico delle Orsoline («Noisiamofortunati,possiamopermetterci una buona scuola privata e un’insegnante di sostegno») ed è appassionato di musica.
Sorride orgoglioso suo padre: «E’ capace di cantare da solo per 3 ore felice». Restano profonde ferite; altro che Imu&tasse! Sostiene Mauri: «Una politica che cattura la pancia della gente forse alle urne funziona, ma è davvero pessima cosa immaginare un modello di uomo chiuso nel piccolo recinto di mediocri interessi ed egoismi».