Alain Elkann, La Stampa 10/2/2013, 10 febbraio 2013
Marta Ferri, lei è figlia d’arte: padre fotografo, madre arredatrice. Lei ha scelto la moda, perché? «Ho vissuto per un periodo a New York con mio padre e ho fatto tanti mestieri diversi, sempre nel campo della fotografia, per quattro anni e mezzo
Marta Ferri, lei è figlia d’arte: padre fotografo, madre arredatrice. Lei ha scelto la moda, perché? «Ho vissuto per un periodo a New York con mio padre e ho fatto tanti mestieri diversi, sempre nel campo della fotografia, per quattro anni e mezzo. Poi ho deciso di tornare in Italia dove ho avuto la fortuna di lavorare da Prada per un anno e mezzo e infine ho aperto il mio showroom di abiti su misura, lavorando soprattutto sui tessuti. Li ho sempre avuti sotto gli occhi per via di mia madre che è arredatrice e poi perché mia suocera mi ha presentato ai fornitori di alta moda». Come stanno andando le cose? «Sono soddisfatta perché riesco a vivere del mio lavoro, cosa non facile di questi tempi, ma ce la faccio. L’anno scorso ho vinto una menzione speciale per l’alta moda nel concorso “Who Is On Next?”. E da lì ho cominciato il prêt-à-porter». Che cosa ha imparato da Prada? «A lavorare in gruppo e a lavorare sodo. Viaggiavo continuamente perché il mio compito era di allestire le vetrine in Europa. Non è stato per me facile lasciare quel lavoro, ma volevo trovare la mia strada. Ho scelto di restare a Milano perché sono cresciuta e sono stata educata in Italia». Tra qualche giorno ci sono le sfilate a Milano, dal 20 al 26 febbraio, lei cosa sta preparando? «Un’installazione di manichini che sarà aperta dalle 9,30 di mattina alle 10 di sera in una sala da ballo che si trova dentro a una vecchia fabbrica riconvertita, la Galvanotecnica Bugatti. La mia collezione per il prossimo inverno sarà sempre un po’ teatrale, un misto tra i tessuti di arredamento e i tessuti classici, gli abiti da sera soprattutto in tessuto da arredamento stampati e poi cappotti oversize di cachemire». Le donne le vede in gonna o in pantaloni? «In entrambi. Pantaloni di giorno e gonne la sera, un po’ lunghe. Ho fatto anche abiti da sposa, è un mondo a parte. Ne ho fatto uno a una ragazza che si sposava il giorno stesso in cui mi sposavo io. Anche il mio me lo sono fatto da sola. Ma gli ho dedicato meno tempo che a quello della ragazza». Come giovane stilista si sente incoraggiata da chi per esempio ha già avuto successo o vi sono ostacoli? «Ho ricevuto molti consigli preziosi, il momento è difficile per tutti ma se ce la facciamo adesso penso che avremo la strada spianata. Per ora vendo solo in Italia ma sto lavorando per poterlo fare anche negli Stati Uniti già dalla prossima collezione. Siamo tutti online, il che vuol dire che anche in Usa come dovunque si può comperare». Viaggiare è una fonte di ispirazione? «Sono una spugna e quello che vedo mi aiuta a ispirarmi. Ho fatto da poco un bellissimo viaggio di nozze in Antartide e sento che mi ha dato una grandissima ispirazione». La sua donna ideale com’è? «Una donna che si diverte, non si prende troppo sul serio e che usa la moda per sentirsi più bella e sentirsi meglio con se stessa. Non ho termini precisi, facendo molto “su misura” ho sperimentato molti tipi di donna che hanno in comune il desiderio di uscire dal convenzionale». Prima di una sfilata ha paura? «Ho paura del mio giudizio quando vedo tutta la collezione insieme. Se sono contenta la presentazione è un momento che invece vivo bene». E suo padre? Grande fotografo, artista che ha scelto di vivere a New York: cosa dice del suo lavoro? «Lui è un’esplosione di creatività, è contento che io viva di un lavoro di cui sono appassionata e che sia riuscita a concretizzare un sogno. Io lavoro sodo perché sono soltanto io e ho imparato a fare un po’ tutti i mestieri, ho un unico numero di telefono per tutto, dai fornitori alla contabilità, alla comunicazione. Il mio sogno è avere uno studio ben strutturato e a poter delegare qualcosa». E le sue modelle chi sono? «Delle ragazze normali, eleganti, che non fanno questo per mestiere». Secondo lei la moda è cara? «Sì, noi giovani non riusciamo a vestirci con la moda di alto livello e così ci arrangiamo mescolando il vintage con varie altre cose. Io penso di essere proporzionata nei prezzi per quello che faccio. Ma avendo cominciato a fare soprattutto il su misura, le donne vedono il valore aggiunto, l’artigianato e quindi sono anche disposte a spendere i denari necessari». Le italiane si vestono bene? «Sì, abbiamo l’occhio abituato». E la città dove passeggiando per strada si sente più ispirata? «New York senz’altro, un immenso teatro. Forse potrei dire anche Londra, ma la conosco meno bene, non ci vado molto spesso».