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 2013  febbraio 09 Sabato calendario

«Il populismo se lo dividono Grillo e Berlusconi, certo quello di Grillo è più simpatico. Poi nel suo mondo indubbiamente c’è qualcosa di più vicino alla sinistra

«Il populismo se lo dividono Grillo e Berlusconi, certo quello di Grillo è più simpatico. Poi nel suo mondo indubbiamente c’è qualcosa di più vicino alla sinistra. Non possiamo demonizzare, anche se ho notato che questi giovani quando entrano nelle istituzioni, se dialogano con altri vengono cacciati». Ecco, queste frasi consegnate alla web-tv del nostro giornale da Massimo D’Alema sono un compendio dell’atteggiamento con cui il partito che ha più chance di governare si rapporterà con la forza contundente dei grillini. In buona sostanza, con i deputati del Movimento 5 Stelle le distanze sono minori rispetto alla destra: scorrendo il programma di Grillo, è vero che ci sono punti come il referendum sull’euro o l’abolizione del finanziamento pubblico che non potrebbero essere discussi col centrosinistra. Ma altri sì: leggi anticorruzione o ripristino dei fondi alla sanità e alla scuola non sono certo temi indigesti al Pd. Prima però si dovrà capire il «metodo» e cioè che margine di autonomia avranno le decine di giovani onorevoli che sbarcheranno a Roma. E le prime esperienze in sede locale hanno dimostrato che la scomunica è sempre dietro l’angolo. Tanto per avere un’idea, mentre Bersani l’altra sera sbuffava contro la demagogia del comico genovese «che quando va a Bologna cita Berlinguer e quando viene a Roma evoca Casa Pound», i suoi uomini al partito rovesciavano l’altra faccia della medaglia: e cioè che l’ascesa di Grillo preoccupa certo, ma non dispiace del tutto al Pd perché ostacola la rimonta del Cavaliere. E perché «con loro si può discutere su molte cose»: insomma meglio aver a che fare con i grillini che con decine di leghisti o berluscones incalliti. «Gli elettori di Grillo sono brave persone che vogliono una politica pulita, il problema è che Grillo non è quello che loro si aspettano», fa notare uno dei nuovi uomini forti del Pd, il responsabile organizzazione Nico Stumpo, che attacca il comico reo di aver detto «rispetto più Berlusconi di Bersani, almeno so chi è». Il problema è che si tratta di un’incognita senza alcuna certezza, tantomeno numerica: col 16% attribuitogli fino a ieri, Grillo porterebbe alla Camera 71 deputati e 36 senatori, un centinaio in tutto. Che potrebbero però lievitare, se dalle urne uscisse la sorpresa che molti si aspettano: il primo a posizionare Grillo sopra al 21% fu in ottobre un sondaggio choc di Swg. E i trend degli ultimi giorni potrebbero far rispuntare percentuali del genere, che già circolano nelle previsioni riservate che fanno tremare i leader. Al di là degli effetti dirompenti per tutto il sistema partitico che si sentirebbe commissariato, l’arrivo dei 5 Stelle come seconda o terza forza produrrebbe una serie di effetti di grande rilievo sulla vita parlamentare: anche come terzo partito, a Grillo spetterebbe indicare un vicepresidente alla Camera e uno al Senato. Ma anche un vicepresidente in ognuna delle 14 commissioni permanenti, cioè 28 vicepresidenti contando anche Palazzo Madama. E in caso di sorpasso del Pdl, al primo partito di opposizione spetta anche indicare un membro per la presidenza del Copasir, che però deve essere votato a maggioranza; per non dire della presidenza della Vigilanza Rai, delle giunte per le elezioni e per le autorizzazioni a procedere, che vanno alle opposizioni. Insomma, tutti ruoli di rilievo per la gestione dei lavori, a meno che Grillo non rinunci a qualsiasi scranno e carica istituzionale. Consapevole che in ogni caso un’opposizione forte, se vuole può bloccare molte votazioni e costringere a più miti consigli qualsiasi maggioranza. E basta farsi un giro nei corridoi dei due Palazzi per vedere che le «strutture» si interrogano già su come si comporteranno i grillini. Dalle grandi alle piccole cose: è ancora in auge il divieto di riprendere immagini in tutta la Camera, aula, buvette, Transatlantico, ristorante. E se a qualcuno venisse voglia di infrangerlo e di mandare sui siti dirette dei lavori o chiacchiere varie, non sarà facile gestire la situazione per commessi e presidenti di turno. E cosa succederà quando daranno indietro parte dei lauti stipendi? Basta sentire cosa dice al Secolo XIX lo stesso Grillo, che «bisogna mettere i politici a dieta», visto che «lo abbiamo già fatto in Sicilia dove i 15 nostri deputati si sono decurtati lo stipendio del 70%...». Anche se il Cavaliere già prevede che tutti costoro, una volta eletti, «verranno risucchiati nel gorgo dei partiti...»