VARI 9/2/2013, 9 febbraio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL FESTIVAL DI SANREMO E LA POLITICA
ANSA.IT DI VENERDI’ (Dagospia)
da Ansa.it
Tre leader contro Sanremo: è la singolare sfida che si prepara in tv. A quanto si apprende, in base al sorteggio effettuato dalla commissione di Vigilanza Rai, a Berlusconi, Bersani e Monti sono toccate le conferenze stampa dei capi lista in prima serata su Rai2 tra martedì 12 e giovedì 14 febbraio, mentre su Rai1 sarà in onda il festival.
"Il Festival di Sanremo si aggiunge alla par condicio e complica la possibilità di comunicare. La par condicio è la legge più assurda che si poteva immaginare e che vige solo nel nostro sistema. Anche il più piccolo partito ha lo stesso spazio in tv del grande. Sanremo andava assolutamente spostato ed è incomprensibile la decisione della Rai, tanto più che ci stiamo giocando il nostro futuro con le prossime elezioni". Lo afferma Silvio Berlusconi, in un’intervista alla web tv del quotidiano Il Messaggero.
"Berlusconi ha detto che Sanremo andava spostato: ma dove? Aspettiamo proposte!": così Fabio Fazio con un tweet replica a Silvio Berlusconi. A quanto si apprende, in base al sorteggio effettuato dalla commissione di Vigilanza Rai, a Berlusconi, Bersani e Monti sono toccate le conferenze stampa riservate ai capi lista e previste in prima serata su Rai2 - come da regolamento sulla par condicio - tra martedì 12 e giovedì 14 febbraio, mentre su Rai1 sarà in onda il festival.
Nel dicembre scorso si era affacciata l’ipotesi di uno slittamento della manifestazione. A spingere per l’ipotesi di un rinvio erano state anche le preoccupazioni legate al possibile ’ingorgo’ tra il festival e la programmazione pre-elettorale imposta alla Rai dalla legge sulla par condicio. Poi il 20 dicembre dalla Rai è arrivata la conferma della collocazione già prevista.
LA POLEMICA SU CARLA BRUNI
E’ polemica sulla presenza di Carla Bruni a Sanremo. Dopo la presa di posizione della pidiellina Daniela Santanche’ contro la partecipazione della ex premiere dame di Francia alla Kermesse dell’Ariston, oggi a scendere in campo e’ anche il consigliere di amministrazione della Rai, Antonio Verro. ’Una presenza assolutamente inopportuna, e’ una marchetta commerciale, non ci sono motivazioni artistiche internazionali’, scandisce dai microfoni di Radio 24. Auspicando, quindi, un ripensamento da parte del conduttore Fabio Fazio. In tal caso, dice, ’ne sarei felice’. Promozione, invece, per la Littizzetto (’mi e’ simpaticissima’), ma non nasconde le sue preoccupazioni: ’Spero non entri a gamba tesa sulla politica’.
’La Bruni viene solamente per promuovere il suo disco - afferma Verro - non mi sembra ci siano motivazioni cosi’ signficative, il panorama artistico internazionale non ne soffrirebbe. Il ruolo che sembra avere avuto nella vicenda Battisti e’ veramente molto ambiguo e discutibile. Spero che Fazio la incalzi costringendola a farle prendere le distanze ’senza se e senza ma’ rispetto a questi atti di terrorismo. Trovo sia sbagliato invitare la Bruni - insiste - non nutro alcuna simpatia nei suoi confronti: una persona che orgogliosamente, in piu’ di un’occasione, ha rivendicato di non essere un’italiana’.
A chiedere un intervento della presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, è stata la Santanche’. ’’Mi chiedo a che titolo la Rai ospiti sul prestigioso palco di Sanremo Carla Bruni Sarkozy, la signora che ha dato aiuto e protezione al terrorista Cesare Battisti e agevolato la sua latitanza in Brasile. E’ vergognoso che la tv di Stato dia spazio a una signora che ha preso in giro e umiliato tutti gli italiani, oltre che offeso i familiari delle vittime di Battisti. Fazio e la Littizzetto i loro amici li invitino a casa loro. Mi aspetto un intervento della presidente Rai per evitare che alla signora Bruni sia concesso di salire su quel palcoscenico a spese nostre’’
RENATO FRANCO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA — Nella settimana in cui il palinsesto televisivo si azzera per lasciare spazio a Sanremo la sfida diventa impari. Da una parte il Festival, dall’altra Berlusconi, Bersani e Monti. Su Rai1 le battute di Crozza, su Rai2 il leader del Pdl che spiega come restituirà l’Imu. Succederà anche questo perché nelle due settimane che precedono le elezioni, Rai2 dedica le serate dal lunedì al venerdì alle conferenze stampa di tutti i capi delle liste (tre per sera, 40 minuti a disposizione per ognuno). Berlusconi (ma pure Bersani e Monti) sono stati sorteggiati dalla Commissione di vigilanza nella prima settimana, quindi andranno in onda contro Sanremo e inevitabilmente avranno un pubblico più ristretto — a partire da Maroni («Il Festival lo guardo tutti gli anni») — a differenza di Grillo, Ingroia e Vendola che sono stati sorteggiati nella seconda settimana, quella tra l’altro più appetita perché proprio a ridosso della domenica e del lunedì elettorali.
Berlusconi non ha gradito: «Il Festival di Sanremo si aggiunge alla par condicio e complica la possibilità di comunicare. La par condicio è la legge più assurda che si poteva immaginare e che vige solo nel nostro sistema. Anche il più piccolo partito ha lo stesso spazio in tv del grande. Sanremo andava assolutamente spostato ed è incomprensibile la decisione della Rai». Non si è fatta attendere la risposta di Fazio via Twitter: «Berlusconi ha detto che Sanremo andava spostato: ma dove? Aspettiamo proposte». Comunque il Cavaliere si può consolare perché il 22 febbraio toccherà a lui aprire l’appuntamento con le conferenze stampa finali dei tre capi coalizione.
Ma non c’è solo questo. Festival fazioso. Non come Fabio Fazio. Ma come di parte. Almeno questa è l’accusa. In vista delle elezioni c’è chi vede Sanremo come una vetrina elettorale che espone troppi manifesti di sinistra. Il Festival del Pd. Il Festival dell’Unità. Il Festival rosso. Manca solo il Festival che mangia i bambini.
Sempre Berlusconi da Lucia Annunziata: «Sanremo di sinistra? Le voci che corrono sono in questa direzione, ovvero che essendoci una signora come la Littizzetto stanno preparando qualcosa solo contro il centrodestra e soprattutto contro di me, ma non ne ho paura: in questi casi la reazione ci premia». Il punto, piuttosto, è che «il Festival attira tutto lo share e gli interventi dei politici avranno pochissimo ascolto». Preoccupato pure il consigliere di amministrazione Rai, Antonio Verro (area Pdl): «Fazio mi tranquillizza, la Littizzetto un po’ meno».
Per non parlare del Giornale. Ma qui poco stupore. Il quotidiano si sa da che parte sta e ieri titolava a caratteri cubitali: «Trappola a Sanremo. Berlusconi è a due punti nei sondaggi e la Rai di sinistra occupa il palco con ospiti faziosi». Nel mirino Fazio-Littizzetto («il veltronismo fatto tv»), e alcuni ospiti: Marcorè, Bisio, Crozza, Carla Bruni (c’è chi si interroga su che ruolo abbia avuto nella mancata estradizione di Cesare Battisti). Pure Piovani e Dandini. Che fanno parte della giuria di qualità e non è previsto facciano comizi elettorali. Soprattutto un processo alle intenzioni. Visto che non si sa ancora cosa faranno Bisio e Marcorè, e visto che Crozza va in onda tutte le settimane e le sue parodie più famose sono quelle di Bersani e Ingroia, i due avversari del Cavaliere.
Fazio lo aveva già spiegato qualche giorno fa: «Una battuta non può spostare voti. È la percezione che un politico offre di sé in televisione che può spostare il consenso elettorale, ma scherzare non potrà mai avere questo effetto». Il direttore di Ra1 Giancarlo Leone usa l’ironia: «Sarà certamente un Festival Fazioso. Ma anche Littizzoso. Fuori dalle battute, il Festival non avrà nessuna implicazione politica e non ci sarà nessun tentativo di entrare a gamba tesa nelle elezioni. Sarà un Festival dell’allegria, del divertimento, della musica, che se anche nei momenti di satira toccherà la politica, non penderà da nessuna parte. Non sarà un Festival partigiano. Sono certo della professionalità di Fabio e Luciana. Sanno su che rete stanno, sanno che responsabilità hanno».
Renato Franco
@ErreEffe7
PAOLO CONTI SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA — «Perché la politica si è sempre intrecciata con il Festival di Sanremo? Ma perché la politica è intessuta nel nostro stesso "modo" di essere italiani così come lo è la canzone. L’Italia figlia della gloriosa storia dei Comuni e delle Signorie ha nella musica un istintivo mezzo di espressione. È inevitabile che queste due modalità si incontrino e si mescolino...». A parlare non è un sociologo della politica ma Mario Maffucci, un pezzo di storia della Rai e di Sanremo, dal 1989 al 2000 partner nell’organizzazione del Festival con Pippo Baudo, Adriano Aragozzini, Carlo Bixio e Gianni Ravera e poi responsabile in prima persona dal 1997 al 2000. Politica e canzoni, Sanremo e il Palazzo, un continuo gioco di rinvii. Ancora Maffucci: «Ricordo bene che, appena finito il Festival, avevo un appuntamento fisso. Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia e personaggio chiave della politica lombarda, mi invitava a pranzo e mi chiedeva quale Italia avessi visto dal Festival. I cambiamenti sociali, le tendenze, le novità di rilievo».
La storia del Festival è strapiena di eventi politico-sociali. L’archetipo storico è la marcia dei metalmeccanici dell’Italsider sul Sanremo 1984. Ci volle Pippo Baudo per governare l’ingovernabile, persino le forze dell’ordine erano incerte sul da farsi. Baudo oggi ha deciso di non parlare durante questo Sanremo 2013 («ho scelto il silenzio per rispetto di chi sta organizzando il Festival») ma basta riguardare gli archivi per ammirare un capolavoro assoluto del baudismo militante: trattativa lampo con i manifestanti, delegazione di sei operai che espone le proprie ragioni sindacali sul palcoscenico del teatro Ariston. In quanto al resto, c’è solo l’imbarazzo della scelta. L’indimenticata partecipazione di Beppe Grillo nel 1985, con attacchi trasversali alla Fiat, a Berlusconi, ad Albano. O Sabina Guzzanti che, nel 1995, porta sul palcoscenico con David Riondino la «Riserva indiana» per cantare «Troppo sole» con un gruppo composto da Sandro Curzi, Mario Capanna, Ermete Realacci, Milo Manara. Fino ad arrivare al Festival 2002 con Roberto Benigni, con Giuliano Ferrara che promette di tirargli uova marce se avesse fatto satira antigovernativa. Minaccia inutile: Benigni porta a casa apprezzamenti bipartisan.
Insomma, da sempre Sanremo è in contatto con la politica. Dice Angelo Guglielmi, ex direttore di Rai3 ma anche esponente del Gruppo 63, punta dell’avanguardia letteraria storica: «Se dovessi scegliere un esempio "politico" a Sanremo, non avrei esitazioni: il Grillo del 1985. Lì già dette un ampio saggio delle sue capacità dialettiche. Guardando il Grillo di oggi si ritrova quello... La politica al Festival? Io, a differenza del mio amico Umberto Eco, seguo poco Sanremo. Ma quest’anno mi piacciono due aspetti. Il primo. Fazio mi sembra abbia volutamente scelto la strada di cantanti professionisti in grado di ricollegarsi all’attualità. Scelta, se vogliamo, "politica". Secondo. Sono felice che la "piccola politica" non abbia costretto il Festival a cambiare data. Ha trionfato il buonsenso, ha perso la follia del Palazzo...».
Infine il sospiro di Ettore Bernabei, direttore generale padrone della Rai dal 1960 al 1974: «La politica a Sanremo? È diventata un elemento del Festival quando è finita la stagione delle grandi canzoni italiane che tutti cantavano il giorno successivo. Trovate un altro Domenico Modugno e vedrete che il Festival non avrà mai più bisogno della politica per riempire le serate».
Paolo Conti
CECCARELLI SU REPUBBLICA
IL REGIME degli spettacoli politici, di cui proprio in questa campagna elettorale si ha l’espressione più diffusa e compiuta, riserva sorprese e lezioni non sai bene se più crudeli o istruttive. Per cui il Festival di Sanremo, e quindi il Grande Spettacolo per antonomasia, finisce per oscurare e annichilire i continui spettacoli piccolini e furbetti che i leader vanno mettendo in scena ormai da più di un mese – ma in fondo da anni. Si ha qualche scrupolo di fare di tutt’erba un fascio.
PERCHÉ diverse sono le responsabilità nella spettacolarizzazione e quindi nell’imbuffonimento del potere. Il fatto, però, è che oggi Berlusconi, Bersani e Monti siano stati condannati a ripetere i loro numeri in un normale studio davanti a pochi telespettatori mentre su un’altra rete, la principale, vanno in onda le luminarie del teatro Ariston, e gli artisti, le canzoni, gli attori, i presentatori, i comici, gli imprevisti e compagnia bella, beh, è uno di quegli eventi che di colpo ha il potere di sollevare e forse anche di strappare
il velo su una autentica nemesi.
Che sarà pure un’entità abusata, nel giornalismo di questi tempi sciaguratelli. Ma stavolta è come se il vero Circo nazional popolare avesse di fatto rivolto ai protagonisti della politica, circensi della domenica, l’impronunciabile invocazione: fuori i pagliacci! Che per qualche giorno bastiamo noi; sottinteso: noi professionisti.
E la questione non è tanto che i leader politici siano dei dilettanti dell’intrattenimento. Berlusconi per esempio non lo è affatto. A parte lo sketch della sedia e quello della lavagnetta, quell’altro
del matrimonio gay con Fiorello e quell’altro ancora della cagnolina da sbaciucchiare, il Cavaliere s’è inventato “il Trio Sciagura”, che davvero sembra il nome di un gruppo di clown; e ieri ha perfino imitato Bersani. Ma non ha un po’ stufato?
Anche Bersani, bisogna ammettere, ci sta dando dentro. I suoi oltretutto trovano carino pubblicizzarlo secondo moduli intensamente spettacolari: dai Simson ai Fantastici 5 passando per i Blues Brothers. Con la scusa dell’ironia — mai così abusata e fraintesa — al termine del comizio fiorentino con Renzi una pietosa mano ha fornito il segretario del Pd di un paio di occhiali da sole Ray-ban vintage mentre la macchina musical-emotiva intonava la colonna sonora del film di John Landis (1980), «Everybody needs somebody to love». E Bersani, lo sventurato, se
li è messi.
Monti, d’altra parte, ci ha preso un gusto spropositato. Prima polemizza con Crozza, poi risponde a Geppi Cucciari se la signora Elsa abbia o no letto “Cinquanta sfumature di grigio”. Nell’autunno del 2012 s’era capito
che l’Italia versava in condizioni drammatiche, stava per fare default, la ministra del Welfare scoppiava a piangere pensando ai sacrifici imposti ai pensionati, ma l’altra sera, fatta salva l’ulteriore adozione canina, siamo
arrivati al tele-brindisi con la birra. E vabbè, tutto cambia molto in fretta.
Eppure, la faccenda non è nemmeno che per tre giorni gli italiani saranno privati di queste più o meno ragguardevoli rappresentazioni — il che potrebbe perfino giovare ai politici. Il vero insegnamento e terribile è che solo levandosi di mezzo per le tre serate di Sanremo si capisce come il vero nemico di Berlusconi, Bersani o Monti non sono i loro rispettivi avversari politici, ma il mondo degli spettacoli e dei consumi che essi stessi hanno vampirizzato per conquistare attenzione; e che adesso gli presenta il conto. Non potendolo pagare, delle due l’una: o vanno anche loro a fare i comici al teatro Ariston, oppure finiranno mestamente a chiedere il voto sulle loro poltroncine nell’indifferenza generale. E siccome per la prima soluzione è ormai troppo
tardi, le trasmissioni solo ed esclusivamente politiche, e perciò gelide, che attendono Berlusconi, Bersani e Monti sembrano destinate a diventare una sorta di pietra miliare nel cortocircuito tra potere e spettacolo.
In altri termini: chi di circo fruisce, dal circo, quello vero, è trafitto. A questo esito, a tale degradazione nell’interesse collettivo porta infatti entrare in concorrenza con le icone dell’industria culturale. Non impunemente, in questi anni, la politica si è svestita delle proprie identità gettando alle ortiche ideologie, programmi, imperativi e linee di emancipazione per farsi merce fra le merci e assumere le vesti del seduttore e/o del pagliaccio.
Se la posta in gioco si alza, il pubblico, o meglio l’emozione pubblica si difende cambiando canale. Compri Balotelli per solleticare le tifoserie e al momento opportuno quelle si guardano la partita e non gli importa un fico secco delle elezioni.
In precario equilibrio fra il disastro e l’entertainment, il potere tira la corda senza nemmeno accorgersi di essere macinato nell’ingordo e nevrotico ciclo della produzione-consumo. E anche così Sanremo resta sempre Sanremo — e la sua longeva storia politica conosce un altro capitolo.
TOMMASO CIRIACO SU REPUBBLICA
ROMA
— Crede nella rimonta e non lascia nulla d’intentato, anche se questo significa mettere in discussione un pilastro della cultura pop come il festival di Sanremo. Ecco perché Silvio Berlusconi attacca la kermesse canora, colpevole di sovrapporsi alle conferenze stampa dei principali partiti previste su Rai2, reclamando uno slittamento impossibile: «Il festival andava assolutamente spostato ed è incomprensibile la decisione della Rai».
L’affondo del Cavaliere arriva nel giorno in cui la Vigilanza Rai sorteggia gli spazi tv di prima serata destinati a Pd, Pdl e Scelta civica di Monti. Il calendario fissato per il 12, 13 e 14 febbraio, in effetti, corre parallelo alla sfida canora, provocando insolite sfide tra i leader di partito e le canzoni di Sanremo. Berlusconi non gradisce e non manca di sottolinearlo: «Il Festival si aggiunge alla
par condicio - una legge assurda - e complica la possibilità di comunicare perché attira a sé tutto lo share. Tanto più che ci stiamo giocando il nostro futuro con le prossime elezioni». Di più, secondo il Cavaliere la gara canora è di sinistra: «Le voci che corrono sono in questa direzione, essendoci la signora Littizzetto. Ma non ho paura perché quando la satira esagera c’è una reazione a mio favore».
In realtà, l’ex premier non ha ancora deciso se sfidare davvero Sanremo o delegare a un altro dirigente i quaranta minuti assegnati
dalla legge al suo partito. Pier Luigi Bersani, invece, ha già scelto di inviare Dario Franceschini. E anche Mario Monti dovrebbe declinare l’offerta a favore di un altro centrista. Anche perché i leader avranno comunque a disposizione la conferenza stampa conclusiva della campagna elettorale, in agenda il prossimo 22 febbraio.
Chi certo non perde il sonno di fronte alle contestazioni del Cavaliere è il direttore di Rai1 Giancarlo Leone: «Non ho commenti da fare, il Festival va fatto esattamente come previsto». Né si
scompone per l’insolita concorrenza tra musica e politica: «Poco male, c’è pubblico per tutti visto che il Festival viene seguito in
media dal 40% della platea televisiva. Sono comunque contento di avere problemi di concorrenza in casa piuttosto che fuori, questo potrà soltanto giovare all’ascolto complessivo della Rai». Sceglie invece l’arma dell’ironia il conduttore del Festival, Fabio Fazio. «Berlusconi ha detto che Sanremo andava spostato: ma dove? Aspettiamo proposte!’, scrive su Twitter.
Più ancora della conferenza stampa “oscurata” dal palco dell’Ariston, a Berlusconi non va giù l’intero pacchetto sanremese. Animato dagli ultimi sondaggi, il
leader del Pdl vive la kermesse come un ostacolo sulla strada della rimonta. Teme, insomma, che l’appuntamento possa monopolizzare l’attenzione dei media e ridurre l’audience delle trasmissioni di prima serata. Non a caso ha fissato la maggior parte dei comizi nei giorni del Festival e, consigliato da Paolo Bonaiuti, ha scelto di puntare in quei giorni sui programma della mattina, cercando di dribblare la concorrenza musicale. Molte radio e, soprattutto, una lunga intervista a Unomattina.
REPUBBLICA.IT
ROMA - "Il Festival di Sanremo si aggiunge alla par condicio e complica la possibilità di comunicare. La par condicio è la legge più assurda che si poteva immaginare e che vige solo nel nostro sistema. Anche il più piccolo partito ha lo stesso spazio in tv del grande. Sanremo andava assolutamente spostato ed è incomprensibile la decisione della Rai, tanto più che ci stiamo giocando il nostro futuro con le prossime elezioni". Così Silvio Berlusconi durante una videochat con il sito del Messaggero.
Gli risponde subito con ironia Fabio Fazio "Berlusconi ha detto che Sanremo andava spostato: ma dove? Aspettiamo proposte!".
Poi il Cavaliere torna ad attaccare il festival nello studio di Lucia Annunziata, durante il programma Leader. "Io non ho paura. Ci sono voci che sarà di sinistra, essendoci la signora Littizzetto.. Ma quando la satira esagera contro di me, c’è una reazione a mio favore". Peraltro il Cavaliere, a differenza dei suoi competitor, si presenta al dibattito da solo. Perché è senza squadra? "Perché il Milan - risponde - è già in ritiro perché deve incontrare il Cagliari". Poi aggiunge più serio: "Tutti quelli che avrebbero potuto essere qui sono impegnati nella campagna elettorale". Non è che vuole prendersi tutto il tempo per sé?. "Magari anche sì".
Per quanto riguarda la sovrapposizione tra Sanremo e la campagna elettorale, di sicuro - in qualità di capilista - a Berlusconi, Bersani e Monti sono toccate le conferenze stampa su Rai2 tra martedì 12 e giovedì 14 febbraio, cioè tra la prima e la terza serata del festival (anche se poi, loro stessi in qualità di capi coalizione chiuderanno la campagna elettorale il 22 febbraio, sempre in prime time su Rai2 in tre diversi spazi consecutivi).
Intanto anche la presenza di Carla Bruni diventa un caso. Dopo la presa di posizione di Daniela Santanchè, contro la partecipazione al festival dell’ex première dame di Francia scende in campo anche il consigliere Rai del Pdl Antonio Verro: "Viene solo per promuovere il suo disco, il panorama artistico internazionale non ne soffrirebbe. Il ruolo che sembra avere avuto nella vicenda Battisti è molto ambiguo e discutibile".
SANTANCHE SU CARLA BRUNI
"Mi chiedo a che titolo la Rai ospiti sul prestigioso palco di Sanremo Carla Bruni Sarkozy" ha dichiarato la Santanchè "la signora che ha dato aiuto e protezione al terrorista Cesare Battisti e agevolato la sua latitanza in Brasile. E’ vergognoso che la tv di Stato dia spazio a una signora che ha preso in giro e umiliato tutti gli italiani, oltre che offeso i familiari delle vittime di Battisti. Mi aspetto un intervento della presidente Rai per evitare che alla signora Bruni sia concesso di salire su quel palcoscenico".
L’appello a fare un passo indietro è arrivato direttamente in CDA RAI, ma per ora non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale in proposito.