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 2013  febbraio 09 Sabato calendario

LE PROMESSE DEI PARTITI COSTANO 135 MILIARDI

Impazza il Carnevale, ma impazzano anche le promesse fiscali dei partiti. Se potessero sommarsi i piani di riduzione delle tasse delle tre maggiori compagini impegnate nella campagna elettorale, sovrapposizioni comprese, si arriverebbe alla iperbolica cifra di 134,9 miliardi, il 28 per cento del gettito fiscale complessivo che ammonta a 481 miliardi. Ma anche seguendo un criterio più rigoroso e analizzando le proposte, partito per partito, il dubbio che possano essere effettivamente realizzate, una volta chiuse le urne, sono molti. Se tuttavia i partiti sono uniti dalla voglia di promettere, uno spartiacque divide Berlusconi dalla coppia Monti-Bersani: su Irpef e Imu le proposte del Pdl sono decisamente orientate a favorire i più ricchi, mentre Pd e Scelta civica si preoccupano della tutela dei redditi medio bassi.
CAVALIERE TAGLIATUTTO
Naturalmente la palma di chi la spara più grossa resta al Cavaliere: il Pdl propone il piano più ambizioso, e difficilmente realizzabile, di taglio delle tasse: in totale 72,8 miliardi, circa 4,5 punti di Pil. Le promesse, viste anche le coperture, sono da cinematografo: restituzione e abolizione dell’Imu (circa 7,5 miliardi), abolizione dell’Irap in cinque anni (ben 32,5 mi-liardi), rilancio delle due aliquote dal 2014 (23 per cento sotto i 40 mila euro e 33 per cento sopra) con un ulteriore costo di 22 miliardi, operazione che naturalmente favorirebbe i redditi più alti. Inoltre Berlusconi non intende solo sterilizzare l’aumento dell’Iva previsto per luglio (come del resto vogliono lista Monti e Pd) ma anche dimezzare per alcuni prodotti l’imposta sul valore aggiunto oggi al 21 per cento (il costo potrebbe arrivare a 7,4 miliardi). Le coperture, dal difficile concordato con la Svizzera all’aumento di tasse su giochi e tabacchi, sembrano piuttosto incerte.
MONTI PUNTA SUL PIL
Nel vortice della campagna elettorale anche il tiro della lista Monti sul fisco si è alzato: meno Irpef (partendo però dai redditi medio bassi), sobria riduzione dell’Imu con innalzamento delle detrazioni
per figli e pensionati ed eliminazione del costo del lavoro dall’imponibile Irap. In tutto, comunque, fanno 32,5 miliardi. Che non è poco. La riduzione dell’Irpef, sebbene marcata, è quantificata in un punto di Pil: costerebbe ben 15 miliardi, ma le coperture poggiano sul taglio della spesa primaria (non facile da realizzare) e il contrasto all’evasione. Inoltre si conta sulla crescita del Pil stimolata dalla diminuzione delle tasse.
Proprio al rapporto tra tagli fiscali e reazione del Pil è dedicato l’ultimo rapporto di Prometeia che ha fatto una sorta di classifica dei possibili effetti: un punto di Irpef darebbe fin dal primo anno una crescita dello 0,4 per cento del Pil, il taglio degli oneri sociali darebbe altrettanto mentre la riduzione dell’Irap si limiterebbe ad elevare il reddito dello 0,2 per cento.
Al di là delle proiezioni dei centri studi tuttavia le compatibilità restano difficili da realizzare. E anche gli effetti sull’economia e sul reddito delle persone vanno valutati. Ad esempio la berlusconiana restituzione dell’Imu, secondo un studio del Pd Antonio Misiani, favorirebbe il 20 per cento dei più ricchi sui quale ha gravato l’onere del 44,65 per cento dell’imposta. Effetti redistributivi dunque nulli.
IL PD SU CASA E POVERI
A questo punto meglio la prudenza. I 29,6 miliardi proposti dal Pd stanno appena sotto la proposta di Monti ma la loro modulazione e qualificazione è diversa. Per l’Irpef si prevedono 12 miliardi, ma tutti concentrati sulla prima aliquota, dove si addensano i redditi più bassi, che dovrebbe scendere dal 23 al 20 per cento. Circa 3,5 miliardi ci vorranno su base annua per congelare l’aumento dell’Iva che potrebbe scattare questa estate. Mentre la proposta dell’Imu prevede di introdurre una esenzione fino a 400-500 euro per il costo di 2,6 miliardi. Le coperture: contrasto all’evasione e aumento delle aliquote sulla case di lusso.
La parola agli elettori-contribuenti.